Su e giù per boschi, borghi pittoreschi e trincee della Grande Guerra, con scorci meravigliosi sul lago Maggiore.
Casalzuigno – Aga – Pozzopiano (981 m) – Vararo – Pizzoni di Laveno (1015 m) – rifugio Adamoli – San Michele – forte di Vallalta – Arcumeggia – Marianne – Casalzuigno.
Finalmente di ritorno sui sentieri, decido di esplorare le montagne tra la Valcuvia e il lago Maggiore: mi aspetto di trovarvi un ambiente silenzioso e selvatico, meno frequentato rispetto alle più popolari cimette del Campo dei Fiori, e disegno un giro con qualche chilometro su asfalto per recuperare il tempo che inevitabilmente perderò a scavalcare gli alberi caduti sui sentieri.
Se volete provare a ripeterlo, ecco i miei consigli:
Usate la traccia gpx, che ho ripulito dagli errori di percorso. Molti sentieri sono ben segnati, ma in alcuni punti ci si perde e non c’è anima viva a cui chiedere indicazioni.
La discesona su asfalto si può tagliare con sentierini di cui non ho verificato le condizioni. Non essendoci passaggio, non sono sicura che vengano puliti, ma volendo esistono.
Il sentiero Arcumeggia-Duno, che pensavo invece di trovare in buone condizioni, è franato e in questo momento non lo consiglio. Dovrebbe essercene un altro per scendere da Arcumeggia verso Casalzuigno, oppure si può optare di nuovo per la strada asfaltata.
Altri sentieri che qualche mese fa erano impraticabili sono stati ripuliti: nonostante il poco passaggio, c’è qualcuno che si prende cura di questi boschi! Lascio quindi nella traccia il sentiero franato, sperando che in futuro venga ripristinato.
Il parcheggio più comodo da cui partire è quello, gratuito, della Villa della Porta Bozzolo, un’impressionante villa cinquecentesca gestita dal FAI. E non sarà l’unico pezzo di storia che incontrerò in questo giro. Guardando la villa, si prende la stradina a sinistra che attraversa il piccolo centro di Casalzuigno. Trovo delle indicazioni per sentiero 3V (Via Verde Varesina) e altre per Aga, prima tappa del percorso.
Prendo dapprima una mulattiera in salita a sinistra del torrentello, che poi attraverso per proseguire verso Aga. Un sentiero taglia un paio di curve, per il resto seguo la strada e arrivo ben presto a questo minuscolo e grazioso borgo, a 500 m di altezza.
Raggiunto il piccolo abitato, svolto a sinistra e supero le poche case, trovandomi ben presto sul sentiero per Pozzopiano. Oltre ai soliti bolli bianco-rossi, ce ne sono altri giallo-verdi, che penso appartengano al sentiero 3V. La salita nel bosco è facile e piacevole, ma dal numero di alberi sradicati capisco che dietro a questo bel sentiero c’è un lavoro immenso di ripristino dopo le tempeste dell’inverno.
Arrivo senza problemi a Pozzopiano (981 m), seconda tappa del mio giro, dove i cartelli danno Vararo, la tappa successiva, a 3 ore di cammino. Dopo avere attraversato il prato, occhio a prendere il sentiero che sale ripido nel bosco e non la stradina pianeggiante poco più in basso. Senza salire in cima al monte Nudo – di dislivello in questo giro ce n’è già abbastanza per le mie gambe poco allenate! – proseguo in piano nel bosco, che nel punto più alto è un vero campo di battaglia.
Dopo avere scavalcato qualche tronco e una ruspa parcheggiata, non trovo altri ostacoli e scendo lungo una stradina sterrata a tornanti in direzione passo Cuvignone. Con il senno di poi, sarebbe stato più bello passare dal vicino monte Crocetta, indicato al bivio, e di lì scendere a Vararo: peccato non averci pensato prima. Arrivo alla strada asfaltata e, senza raggiungere il passo Cuvignone, prendo il facile sentiero in discesa per Vararo.
Finalmente la vista si apre e le montagnette della Val Cuvia si mostrano in tutto il loro splendore.
Arrivo infine in paese, sperando di trovarvi dell’acqua: mi imbatto subito in un lavatoio, dove in realtà di acqua non ce n’è, ma trovo in compenso l’inquietante pupazzo di una lavandaia.
Perplessa e assetata, supero le ultime case perdendo via via le speranze, ma alla fine c’è per fortuna una fontanella funzionante davanti al piccolo cimitero poco fuori dal paese. Riempio le borracce e proseguo in leggera discesa in direzione Casere. Lungo la strada, tra tante ordinate villette dai giardini impeccabili, trovo una casa che pare quella del Cappellaio Matto – forse l’autore della lavandaia di prima?
Da Casere prendo il sentiero che sale ai Pizzoni di Laveno, quarta tappa del mio giro e vera attrazione della zona, dove incontro parecchi escursionisti. La cresta dei Pizzoni è l’unica parte un po’ tecnica del percorso, ma anche quella più panoramica.
La maggior parte degli escursionisti si ferma alla croce dei Pizzoni, ma trovo qualcuno anche sul sentiero che da qui porta al passo di Cuvignone. Girando sempre intorno al passo, che non raggiungo mai, scendo verso il rifugio Adamoli. Da qui, accendo la musica e mi armo di pazienza: mi aspettano diversi chilometri di strada a tornanti in discesa fino a un primo bivio, dove svolto a destra per Arcumeggia, e poi in piano fino al bivio per San Michele.
Qui mi aspettavo, a dire il vero, uno sterrato: invece la salita è ancora su asfalto, regno di ciclisti e di rumorosi motociclisti. Pazienza, un po’ correndo e un po’ camminando la percorro tutta e, dopo avere scollinato, prendo finalmente un sentiero segnato con il numero 9, non pulitissimo ma corribile, che scende verso San Michele, dove incrocio prima un bar-ristoro e poi una bellissima chiesa romanica.
Sono alla quinta tappa e ben oltre la metà del mio giro, con 20 km e buona parte del dislivello già fatti. Approfitto di una fontanella per riempire di nuovo le flask e riparto tranquilla in direzione Vallalta e Arcumeggia. Attraverso il minuscolo abitato e trovo un bel sentiero con qualche saliscendi, facile e corribile.
Scopro dai cartelli che da queste parti, durante la prima guerra mondiale, correva la linea Cadorna e, dopo un bivio dove proseguo lungo lo sterrato in salita, incontro alcune delle postazioni del forte di Vallalta.
Dai cartelli mi sembra di capire che il forte vero e proprio di trovi poco oltre queste grotte e che si possa raggiungere tramite un sentiero, il 260, che ne percorre tutte le postazioni. Io proseguo invece in salita lungo il 206/3V e alla prima occasione abbandono la stradina sterrata per quella che mi pare una scorciatoia. Qui occorre seguire la traccia gpx, perché ci sono diversi sentieri e le indicazioni sono poche. Quello giusto sale dapprima molto ripido, poi sempre più morbido nella pineta, fino a incontrare una strada asfaltata che non capisco a che serva; qui proseguo ancora in salita nel bosco, su traccia sempre più fievole ma pur sempre visibile. Alla fine una discesa mi deposita su un altro sterrato, la vista si apre e la salita pare terminata.
Ricompaiono le indicazioni del sentiero 206 per Arcumeggia, ultima tappa del mio giro: le seguo trotterellando in discesa prima su un noioso sterrato, poi lungo un sentierino che mi conduce direttamente in paese. Arcumeggia, più che un semplice borgo, è una galleria d’arte a cielo aperto che meriterebbe una visita a parte: se vi interessa saperne di più, potete trovare qui qualche informazione.
Riempio un’ultima volta le flask e mi avvio lungo la mulattiera in leggera salita che porta verso Duno. Anche qui si incrociano diversi sentieri, ma una volta imboccato quello giusto mi rilasso: sembra in ottime condizioni e già mi immagino di raggiungere l’auto in una mezz’oretta. Dopo averne già percorso una buona parte, trovo però il sentiero interrotto da una frana. Decido che attraversarla è troppo pericoloso e riesco ad aggirarla dall’alto, ma sconsiglio di ripetere l’operazione. Anche perché, superato il punto critico e raggiunta la mulattiera in discesa che mi deve riportare a Casalzuigno, scopro che si tratta di un’orribile striscia di cemento accidentata e con pendenza 25%, una gioia per i miei quadricipiti! Meglio trovare un’alternativa, se volete il mio parere.
Esplorando la Valcuvia (35 km – 1950 m D+)
12 Maggio 2024 by marta • Altro Tags: arcumeggia, cuvignone, lago maggiore, laveno, pizzoni, val cuvia, vararo, varesotto • 0 Comments
Su e giù per boschi, borghi pittoreschi e trincee della Grande Guerra, con scorci meravigliosi sul lago Maggiore.
Casalzuigno – Aga – Pozzopiano (981 m) – Vararo – Pizzoni di Laveno (1015 m) – rifugio Adamoli – San Michele – forte di Vallalta – Arcumeggia – Marianne – Casalzuigno.
Periodo: Maggio 2024
Partenza: Casalzuigno (VA)
Distanza: circa 35 km
Dislivello: circa 1950 m
Acqua: fontane a Vararo, San Michele, Arcumeggia.
GPX (clic dx, salva con nome)
Finalmente di ritorno sui sentieri, decido di esplorare le montagne tra la Valcuvia e il lago Maggiore: mi aspetto di trovarvi un ambiente silenzioso e selvatico, meno frequentato rispetto alle più popolari cimette del Campo dei Fiori, e disegno un giro con qualche chilometro su asfalto per recuperare il tempo che inevitabilmente perderò a scavalcare gli alberi caduti sui sentieri.
Se volete provare a ripeterlo, ecco i miei consigli:
Il parcheggio più comodo da cui partire è quello, gratuito, della Villa della Porta Bozzolo, un’impressionante villa cinquecentesca gestita dal FAI. E non sarà l’unico pezzo di storia che incontrerò in questo giro. Guardando la villa, si prende la stradina a sinistra che attraversa il piccolo centro di Casalzuigno. Trovo delle indicazioni per sentiero 3V (Via Verde Varesina) e altre per Aga, prima tappa del percorso.
Prendo dapprima una mulattiera in salita a sinistra del torrentello, che poi attraverso per proseguire verso Aga. Un sentiero taglia un paio di curve, per il resto seguo la strada e arrivo ben presto a questo minuscolo e grazioso borgo, a 500 m di altezza.
Raggiunto il piccolo abitato, svolto a sinistra e supero le poche case, trovandomi ben presto sul sentiero per Pozzopiano. Oltre ai soliti bolli bianco-rossi, ce ne sono altri giallo-verdi, che penso appartengano al sentiero 3V. La salita nel bosco è facile e piacevole, ma dal numero di alberi sradicati capisco che dietro a questo bel sentiero c’è un lavoro immenso di ripristino dopo le tempeste dell’inverno.
Arrivo senza problemi a Pozzopiano (981 m), seconda tappa del mio giro, dove i cartelli danno Vararo, la tappa successiva, a 3 ore di cammino. Dopo avere attraversato il prato, occhio a prendere il sentiero che sale ripido nel bosco e non la stradina pianeggiante poco più in basso. Senza salire in cima al monte Nudo – di dislivello in questo giro ce n’è già abbastanza per le mie gambe poco allenate! – proseguo in piano nel bosco, che nel punto più alto è un vero campo di battaglia.
Dopo avere scavalcato qualche tronco e una ruspa parcheggiata, non trovo altri ostacoli e scendo lungo una stradina sterrata a tornanti in direzione passo Cuvignone. Con il senno di poi, sarebbe stato più bello passare dal vicino monte Crocetta, indicato al bivio, e di lì scendere a Vararo: peccato non averci pensato prima. Arrivo alla strada asfaltata e, senza raggiungere il passo Cuvignone, prendo il facile sentiero in discesa per Vararo.
Finalmente la vista si apre e le montagnette della Val Cuvia si mostrano in tutto il loro splendore.
Arrivo infine in paese, sperando di trovarvi dell’acqua: mi imbatto subito in un lavatoio, dove in realtà di acqua non ce n’è, ma trovo in compenso l’inquietante pupazzo di una lavandaia.
Perplessa e assetata, supero le ultime case perdendo via via le speranze, ma alla fine c’è per fortuna una fontanella funzionante davanti al piccolo cimitero poco fuori dal paese. Riempio le borracce e proseguo in leggera discesa in direzione Casere. Lungo la strada, tra tante ordinate villette dai giardini impeccabili, trovo una casa che pare quella del Cappellaio Matto – forse l’autore della lavandaia di prima?
Da Casere prendo il sentiero che sale ai Pizzoni di Laveno, quarta tappa del mio giro e vera attrazione della zona, dove incontro parecchi escursionisti. La cresta dei Pizzoni è l’unica parte un po’ tecnica del percorso, ma anche quella più panoramica.
La maggior parte degli escursionisti si ferma alla croce dei Pizzoni, ma trovo qualcuno anche sul sentiero che da qui porta al passo di Cuvignone. Girando sempre intorno al passo, che non raggiungo mai, scendo verso il rifugio Adamoli. Da qui, accendo la musica e mi armo di pazienza: mi aspettano diversi chilometri di strada a tornanti in discesa fino a un primo bivio, dove svolto a destra per Arcumeggia, e poi in piano fino al bivio per San Michele.
Qui mi aspettavo, a dire il vero, uno sterrato: invece la salita è ancora su asfalto, regno di ciclisti e di rumorosi motociclisti. Pazienza, un po’ correndo e un po’ camminando la percorro tutta e, dopo avere scollinato, prendo finalmente un sentiero segnato con il numero 9, non pulitissimo ma corribile, che scende verso San Michele, dove incrocio prima un bar-ristoro e poi una bellissima chiesa romanica.
Sono alla quinta tappa e ben oltre la metà del mio giro, con 20 km e buona parte del dislivello già fatti. Approfitto di una fontanella per riempire di nuovo le flask e riparto tranquilla in direzione Vallalta e Arcumeggia. Attraverso il minuscolo abitato e trovo un bel sentiero con qualche saliscendi, facile e corribile.
Scopro dai cartelli che da queste parti, durante la prima guerra mondiale, correva la linea Cadorna e, dopo un bivio dove proseguo lungo lo sterrato in salita, incontro alcune delle postazioni del forte di Vallalta.
Dai cartelli mi sembra di capire che il forte vero e proprio di trovi poco oltre queste grotte e che si possa raggiungere tramite un sentiero, il 260, che ne percorre tutte le postazioni. Io proseguo invece in salita lungo il 206/3V e alla prima occasione abbandono la stradina sterrata per quella che mi pare una scorciatoia. Qui occorre seguire la traccia gpx, perché ci sono diversi sentieri e le indicazioni sono poche. Quello giusto sale dapprima molto ripido, poi sempre più morbido nella pineta, fino a incontrare una strada asfaltata che non capisco a che serva; qui proseguo ancora in salita nel bosco, su traccia sempre più fievole ma pur sempre visibile. Alla fine una discesa mi deposita su un altro sterrato, la vista si apre e la salita pare terminata.
Ricompaiono le indicazioni del sentiero 206 per Arcumeggia, ultima tappa del mio giro: le seguo trotterellando in discesa prima su un noioso sterrato, poi lungo un sentierino che mi conduce direttamente in paese. Arcumeggia, più che un semplice borgo, è una galleria d’arte a cielo aperto che meriterebbe una visita a parte: se vi interessa saperne di più, potete trovare qui qualche informazione.
Riempio un’ultima volta le flask e mi avvio lungo la mulattiera in leggera salita che porta verso Duno. Anche qui si incrociano diversi sentieri, ma una volta imboccato quello giusto mi rilasso: sembra in ottime condizioni e già mi immagino di raggiungere l’auto in una mezz’oretta. Dopo averne già percorso una buona parte, trovo però il sentiero interrotto da una frana. Decido che attraversarla è troppo pericoloso e riesco ad aggirarla dall’alto, ma sconsiglio di ripetere l’operazione. Anche perché, superato il punto critico e raggiunta la mulattiera in discesa che mi deve riportare a Casalzuigno, scopro che si tratta di un’orribile striscia di cemento accidentata e con pendenza 25%, una gioia per i miei quadricipiti! Meglio trovare un’alternativa, se volete il mio parere.