Anello tra Orobie e Val Gerola (21 km – 1450 m D+)
Da Pescegallo (1.450 m) all’omonimo lago (1.865 m) – Passo di Verrobbio (2.026 m) – Sentiero 101 o delle Orobie occidentali – Rifugio Benigni (2.222 m) – Bocchetta di Trona (2.224 m) – discesa verso il lago di Trona e ritorno a Pescegallo.
Periodo: Luglio 2019
Partenza: Pescegallo (1.450 m)
Distanza: 21 km
Dislivello: 1450 m
Acqua: qualche ruscello nella prima parte e fontana non potabile al Benigni, meglio portare una scorta abbondante e/o soldi.
GPX (clic dx, salva link con nome)
Un giro relativamente breve, immediato e semplice da seguire, anche senza la traccia gpx. Il percorso, svolgendosi intorno ai 2000 m di quota, è adatto alla stagione estiva.
Partiamo da Pescegallo (Gerola Alta). La strada a tornanti che arriva da Morbegno termina in un ampio parcheggio, davanti alla seggiovia e a un invitante bar con terrazza. Parcheggiamo il più vicino possibile al bar e torniamo indietro nella direzione da cui siamo arrivati, lasciandoci sulla destra la strada di servizio delle piste da sci e l’albergo Mezzaluna. Subito dopo l’albergo prendiamo la strada asfaltata in salita verso destra. All’angolo troveremo una bella fontana con acqua fresca, perfetta per riempire le borracce prima e dopo il giro.
Seguiamo la strada per circa 300 metri, poi imbocchiamo il sentiero in salita verso destra. Percorriamo senza possibilità d’errore questo sentiero, che dopo un chilometro abbondante, in cui guadagniamo circa 300 m di dislivello, ci deposita sulla strada di servizio già incontrata al parcheggio. La imbocchiamo verso sinistra e la percorriamo fino alla diga del lago di Pescegallo (1.865 m).
Attraversiamo la diga e prendiamo il sentiero verso destra, seguendo le indicazioni per il passo di Verrobbio. Il sentiero, in leggera salita, costeggia dapprima il lago, per poi inerpicarsi su per la montagna.
Attraversiamo una prima bocchetta, più o meno alla stessa altezza del nostro passo, e scolliniamo nella valle accanto. Dopo un tratto di sentiero in discesa, riprendiamo a salire tra roccette e sfasciumi, passando per il laghetto di Verrobbio, fino ad arrivare al passo di Verrobbio (2.026 m).
Da qui ci aspettano 2 km di facile discesa verso Passo San Marco, fino a incrociare il sentiero 101, o sentiero delle Orobie occidentali, che imbocchiamo con una curva a gomito verso destra in direzione del Rifugio Benigni.
Seguiamo questo bellissimo, panoramico sentiero per circa 8 km, con un tratto ancora in discesa e poi ricominciando gradualmente a guadagnare quota con brevi salite alternate a tratti di saliscendi divertenti e veloci.
Il sentiero, sempre chiaramente indicato, prosegue semplice e evidente fino all’ultimo strappo verso il Benigni. Qui si inerpica all’improvviso, trasformandosi in un ripido canalone roccioso – peraltro sempre molto affollato nelle domeniche di bel tempo, in quanto ultimo tratto del percorso che da Ornica porta al rifugio.
Arrivati al Benigni (2.222 m), se vogliamo fare rifornimento d’acqua possiamo utilizzare la fontana del rifugio. Un cartello avverte che si tratta di acqua non potabile ma, quando ci si ritrova – come a me spesso capita – con molta sete e il portafogli 1000 metri più in basso, può comunque tornare utile. Io ne ho approfittato un paio di volte e non ho avuto problemi.
Riprendiamo il sentiero 101 in direzione del rifugio Grassi e proseguiamo per un breve tratto in discesa, poi di nuovo in salita, verso la bocca di Trona (2.024 m). Da qui la vista si apre sulla Val Gerola in tutto il suo splendore, tra laghi, ghiaioni e vette aguzze.
Alla bocchetta abbandoniamo il 101 e prendiamo il sentiero che scende in Val Gerola verso il lago di Trona. Perdiamo rapidamente quota, facendo attenzione a mantenerci sul sentiero che rimane a destra del torrente e in alto sopra il lago – un altro sentiero, ben segnalato e bollato, attraversa il torrente e scende al lago, ma non è quello giusto!
Costeggiando il lago, che vedremo per tutto il tempo in basso a sinistra, e superando il Pizzo di Tronella e il Pizzo del Mezzodì sulla destra, arriviamo finalmente a incrociare il sentiero che collega Pescegallo con la diga del lago di Trona.
Imbocchiamo questo sentiero verso destra e lo percorriamo fino al parcheggio di Pescegallo. Impossibile sbagliare: all’unico bivio, quello per il lago di Pescegallo, manteniamo la sinistra e proseguiamo in discesa nel bosco fino a tornare al punto di partenza.
Val Grande – into the wild! (32,7 km – 2075 m D+)
21 Agosto 2019 by marta • Altro Tags: alta via, caprezzo, corsa in montagna, intragna, miazzina, monte marona, monte zeda, pian cavallone, piemonte, riserva naturale, sentiero bove, stresa, trail running, val grande, valle intrasca, VCO • 0 Comments
Da Caprezzo al Pian Cavallone passando per la valle Intrasca, sentiero Bove lungo la cresta tra il monte Marona (2.051 m) e il monte Zeda (2.156 m), discesa dal Pian Vadà (1.711 m) e ritorno via Piaggia, Scareno e Aurano.
Periodo: Agosto 2019
Partenza: Caprezzo (530 m)
Distanza: 32,7 km
Dislivello: 2.075 m
Acqua: si incontra qualche fontana sia prima sia dopo l’alta via.
GPX (clic dx, salva link con nome)
Il parco nazionale della Val Grande, interamente compreso nella provincia del Verbano Cusio Ossola, è definito come “l’area wilderness più estesa d’Italia”. Pensate che dal 1971 a oggi nessuno è mai più entrato nel cuore del parco, la riserva naturale Val Grande. Nell’isolamento più totale, al riparo da qualunque intervento umano, flora e fauna si sono potute sviluppare indisturbate, creando al centro del parco una zona incontaminata in cui madre natura regna sovrana. Il territorio circostante la riserva è accessibile, ma estremamente selvaggio: richiede pertanto attenzione, conoscenza della sentieristica e soprattutto il massimo rispetto per il prezioso ecosistema della zona.
Per chi, come me, ama i lunghi percorsi ad anello, l’attrattiva principale della Val Grande è senza dubbio il sentiero Bove, un’alta via dalla storia antica e purtroppo dimenticata: a chi fosse incuriosito, consiglio il libro “La via incantata” di Marco Albino Ferrari, che ne ricostruisce in modo molto interessante l’origine e le vicissitudini. Il sentiero comincia e finisce a Cicogna, antico borgo a lungo abbandonato e recentemente riportato in vita, che già di per sé meriterebbe una visita. Si svolge tutto a quote relativamente basse, superando di poco i 2000 m, ed è ben segnalato. Tuttavia l’ambiente selvaggio e impervio, il totale isolamento e la mancanza d’acqua lungo il percorso lo rendono ostico e potenzialmente pericoloso. Non di rado gli escursionisti si perdono da queste parti, per cui è d’obbligo prestare attenzione e pianificare bene l’itinerario.
Il giro qui descritto, provato in una piovosa giornata di agosto con visibilità zero (da cui l’infima qualità delle foto… purtroppo questa volta è andata così!) non parte da Cicogna ma dalla Valle Intrasca – dove nel mese di giugno si svolge, tra l’altro, una bella e storica gara a coppie – e percorre l’alta via solo nel tratto dal rifugio Pian Cavallone al monte Marone e di qui lungo la cresta fino al monte Zeda; abbandona poi il sentiero Bove e ridiscende passando per il rifugio Pian Vadà, Piaggia, Scareno e Aurano.
Si parcheggia a Caprezzo, minuscolo e pittoresco borgo in cui il numero delle madonne supera probabilmente quello degli abitanti. Lungo via Umberto I troveremo un piccolo parcheggio sulla destra, e subito dopo una fontanella che può tornare utile alla fine del giro. Lasciamo qui l’auto e proseguiamo di corsa per un centinaio di metri, fino a incontrare sulla destra il sentiero per Intragna/Aurano. Percorriamolo in discesa – il dislivello che perdiamo qui, ahimé, andrà riguadagnato alla fine del giro – e ben presto arriveremo a incrociare la strada asfaltata in corrispondenza di un ponte – che dobbiamo attraversare – e di un bivio – dove svolteremo a sinistra (alla fine del giro arriveremo invece da destra).
Seguiamo le indicazioni per Intragna, dapprima lungo la strada asfaltata e poi imboccando il sentiero – che poi è un km verticale – grazie al quale tagliamo i tornanti guadagnando rapidamente quota. Attraversiamo paesini d’altri tempi, dall’aspetto un po’ malinconico e trasandato, ma tutto sommato ancora in vita. Dopo Intragna incontriamo Gabbio e poi il carinissimo alpeggio di Sunfai, tutti ben indicati dai cartelli e con diverse fontane per il rifornimento d’acqua.
Seguiamo le indicazioni per il rifugio Pian Cavallone, che raggiungiamo dopo un bel tratto di sentiero con vista sul lago Maggiore – l’ultima vista di cui ho potuto godere prima di immergermi nelle nubi, ma dicono che il panorama dall’alto sia ancora più bello! Dal Pian Cavallone raggiungiamo la vicina cappelletta dedicata a un misterioso martire della Val Grande e seguiamo poi le indicazioni – piuttosto allarmiste circa la difficoltà – per il monte Marona e il monte Zeda.
Dovremmo già trovarci, a questo punto, sul sentiero Bove, che pure non viene mai nominato dai cartelli. I bolli bianco-rossi riverniciati di recente, i tratti attrezzati con catene nuove di zecca, le indicazioni precise dei cartelli non lasciano spazio a dubbi circa la via da seguire, anche nella nebbia: ciò che ha reso ostico il tratto dalla cappelletta alla cima del monte Marona, in realtà, è stata la vegetazione fittissima che impediva di vedere dove si mettevano i piedi. Probabilmente in inverno l’erba è più bassa e il sentiero più semplice da percorrere. Circa i tratti attrezzati posso invece rassicurare: la difficoltà viene esagerata dai cartelli – certo, non è un percorso escursionistico, ma nemmeno un sentiero Roma, per intenderci.
In vetta al monte Marona (2.051 m) si trova una cappella adibita a bivacco per chi decide di percorrere il sentiero Bove in più tappe. Da qui in poi il percorso diventa più tecnico, ma finalmente fuori dalla vegetazione ci si muove più rapidamente. Percorriamo la cresta fino al monte Zeda (2.156 m), punto più alto del percorso, e cominciamo poi la discesa verso Pian Vadà.
A un primo tratto di sentiero piuttosto ripido segue una comoda e corribilissima stradina, che in breve permette di recuperare il tempo perso a ravanare tra l’erba alta e gli arbusti sul sentiero Bove. Superato il rifugio, seguiamo le indicazioni per il passo Folungo – possiamo scegliere tra un sentiero, più breve, e una lunga ma comoda strada sterrata, che per via delle condizioni meteo particolarmente avverse è stata la mia scelta. Lungo la strada si trovano tra l’altro un paio di fontane, utili a questo punto del giro.
Dal passo Folungo (1.369 m) si svolta tutto a destra seguendo le indicazioni per i paesini Piaggia e Scareno. Questo sentiero, a differenza dell’alta via, era completamente pulito al mio passaggio (agosto 2019). Si prosegue in discesa sempre seguendo i cartelli, e arrivati a Scareno si svolta a sinistra sulla strada asfaltata, in leggera salita, per poi incontrare a destra il sentiero di nuovo in discesa per Aurano.
L’ultimo tratto del giro si svolge in un bel bosco di castagni, lungo un sentiero facile e gradevole; incontreremo ancora qualche tratto in salita e attraverseremo graziosi alpeggi fino a raggiungere la strada asfaltata all’altezza di Aurano. Si prosegue sempre in discesa, tagliando i tornanti dove possibile, fino ad arrivare al bivio Intragna-Aurano da cui siamo passati all’andata.
Svoltiamo qui a sinistra, riattraversando il ponte, e andiamo a riprendere il sentierino in salita che in poco più di mezzo chilometro ci condurrà a Caprezzo.