Era da un po’ che volevo esplorare la Val Tartano: una visita di Stefano e una domenica dal meteo perfetto sono state la scusa per lanciarmi! Valle laterale sul versante orobico della bassa Valtellina, parallela e simile alla Val Gerola, la Val Tartano offre percorsi ideali per la corsa in montagna in estate e per lo scialpinismo in inverno, che permettono di arrivare facilmente sopra i duemila metri con una vista spaziale sulle più belle cime valtellinesi e orobiche.
Il percorso che vi propongo è davvero poco battuto nella prima parte, da Tartano fino ai piani di Lemme passando per la bellissima Val Budria; la cima di Lemma, facilmente raggiungibile anche dalla bergamasca, è invece più frequentata e anche i laghetti del Porcile richiamano diverse persone nelle calde giornate estive. Lungo l’alta via GVO (Gran Via delle Orobie), in ogni caso, non ci sono rifugi che attraggano folle di escursionisti, per cui il giro risulta nel complesso tranquillo e piacevolmente corribile. Vi segnalo che nel mese di giugno si svolge qui una gara di corsa in montagna, il Rally estivo della Val Tartano.
Dopo avere parcheggiato a Tartano, poco prima della chiesa, proseguiamo a piedi fino al bar del paese, dove troveremo una quantità mostruosa di indicazioni. Non è necessario leggerle tutte, basta seguire quelle per la Val Corta in discesa verso destra: dovremo seguire la stradina lungo il fiume che si individua chiaramente dall’alto.
Dopo un paio di chilometri ci troviamo a un bivio, all’altezza di Ponte di Barbera: a sinistra si prosegue per la Val di Lemma, lungo il corso dell’omonimo torrente, mentre noi continuiamo dritto seguendo le chiare indicazioni per la Val Budria. Anche qui, seguiremo per un po’ il corso del fiume.
La stradina sterrata che si inoltra in Val Budria è quasi pianeggiante, con alcuni tratti in leggera salita. In generale, si può correre tutta. Prestate solo attenzione al primo bivio, circa mezzo chilometro dopo Ponte di Barbera: i bolli mandano a sinistra, di nuovo in Val di Lemma, mentre noi dobbiamo proseguire dritto lungo la nostra stradina, evidente nonostante l’assenza di segnavia.
Dopo un altro chilometro si vedrà un ponticello che attraversa il torrente. Lo utilizziamo per passare sull’altra sponda e proseguire nella stessa direzione. Superiamo una baita, dove troveremo una fontana, e continuiamo lungo un sentiero poco battuto, ma decisamente pulito dalla rigogliosa vegetazione del fondovalle – probabilmente grazie alla gara appena svoltasi. Finalmente raggiungiamo la fine della valle – che, per essere indicata come “Val Corta”, ci è sembrata piuttosto lunga! – e cominciamo a salire di quota. Siamo soli e circondati da una natura meravigliosa: marmotte, fiori di tutti i colori, cascate e un ultimo nevaio in scioglimento.
Il sentiero sale ora con decisione, facendoci guadagnare velocemente i circa 500 metri di altezza che ci separano dal panoramico pianoro chiaramente visibile anche dal basso, punto di arrivo della teleferica che passa alta sopra le nostre teste.
Passiamo da una graziosa casera e qui incrociamo la GVO (Gran Via delle Orobie), l’alta via che seguiremo da qui in avanti fino ai laghi di Porcile.
Non facciamo in tempo a rallegrarci delle indicazioni appena trovate, che subito perdiamo di vista i bolli in un enorme prato costellato di tane di marmotte. Poco male, non ci sono punti pericolosi e proseguiamo un po’ a caso nella direzione in cui ci hanno orientato i cartelli, verso la pietraia che si vede poco lontano. Prima della pietraia, scorgiamo un bollo e torniamo sul sentiero, ora ben visibile e segnato.
Un ultimo strappetto ci porta a una bocchetta non meglio identificata, da cui la vista si apre su quella che dovrebbe essere la Val di Lemma. Non essendo pratici della zona, facciamo fatica a identificare le cime e a orientarci, tanto più che non abbiamo ancora trovato nessuno a cui chiedere informazioni.
Ci lanciamo ora in una divertente discesa, sempre facendo attenzione a non perdere di vista i bolli che, nel prato, tendono di nuovo a sparire.
Un breve tratto in salita ci porta a un’altra bocchetta e a una nuova discesa fino ai Piani di Lemme, crocevia di sentieri, dove finalmente qualche cartello ci aiuta a orientarci: vediamo che il sentiero 116 prosegue verso il passo di Lemma e San Simone, nella bergamasca, mentre il nostro percorso verso la Cima di Lemma e il passo Tartano, sempre parte della GVO, è ora indicato come sentiero 101. Si tratta dunque del sentiero delle Orobie occidentali, che finora avevo percorso “solo” da Cassiglio a Passo San Marco! Buono a sapersi, prenderò ispirazione per un nuovo giro.
Attraversiamo un altro prato, con qualche bollo sparso qua e là, e ci dirigiamo verso le creste che vediamo ormai sempre più vicine. A questo punto basta seguire il filo di cresta fino alla cima di Lemma, che con i suoi 2348 m rappresenta il punto più alto del giro.
Si scende ora verso il passo di Tartano, circa 250 m più in basso e già visibile dalla cima, passando per le antiche trincee della linea Cadorna.
Dal passo di Tartano si prosegue dritto e in piano, seguendo le indicazioni per i laghi di Porcile, curiosamente dati a 20 e a 30 minuti di distanza da due cartelli a pochi centimetri l’uno dall’altro.
I tre laghetti compaiono ben presto alla nostra sinistra. Al bivio, seguiamo il sentiero che scende a sinistra in direzione del secondo lago – da quello più in alto non passeremo.
Dal lago, si seguono le indicazioni per Tartano. Non preoccupatevi delle due ore e mezza date dai cartelli: da qui alla macchina mancano solo 8 km, tutti in discesa su facile sentiero, sterrato e asfalto, per cui di corsa ci vuole meno di un’ora.
Alla fine del sentiero, prendiamo la strada sterrata verso destra che in un attimo ci porta al rifugio Il Pirata. Qui, se volete fermarvi, sarete serviti da un simpatico e gentilissimo pirata. Altrimenti potete semplicemente riempire le borracce alla fontana e proseguire lungo la carrozzabile in discesa che porta a Tartano.
La strada sterrata diventa infine asfaltata e finalmente spunta il campanile di Tartano. Gli ultimi chilometri sono piuttosto faticosi, sotto il sole e con tutte le auto che salgono al rifugio, ma ben presto siamo alla macchina pronti per cambiarci e premiarci con una birretta!
Vi siete mai messi alla prova su un kilometro verticale? Questo percorso, omologato Fidal e perfettamente segnato, è ideale sia come allenamento, sia per la vista fantastica che si gode da Lagunc.
Periodo: Giugno 2021
Partenza: Chiavenna – Loreto
Distanza: 6,6 km a/r (3,3 km sviluppo del vertical)
Dislivello: 1000 m
Acqua: conviene portare solo quella che serve per la salita, all’arrivo si può fare rifornimento
Ho provato questo percorso e mi sento di consigliarlo, come allenamento o anche come gara: per gli amanti della specialità, il Kilometro Verticale Chiavenna-Lagunc è un’occasione imperdibile per confrontarsi con alcuni tra gli atleti più forti sulla scena nazionale e internazionale.
Si parte da Loreto a Chiavenna (352 m), con la possibilità di lasciare l’auto nel comodo parcheggio all’angolo tra via Quadrio e via Rezio. Dall’altra parte della strada rispetto al parcheggio si trovano subito le indicazioni per Lagunc ed è da qui che si fa partire il cronometro. Il sentiero è bollato in modo molto chiaro, tranne a Pianazzola, dove ci si può confondere: arrivando nel piccolo borgo andate a sinistra e poi a destra, sempre in salita fino alla strada; da lì in avanti i bolli ricominciano e non si può davvero sbagliare.
Da metà percorso (500 m D+) si trovano ogni 100 m di dislivello le indicazioni della quota raggiunta e del dislivello rimanente. La parte più ripida è quella centrale, mentre all’inizio e alla fine la salita dà ogni tanto un po’ di tregua con brevi tratti in piano. Il sentiero è per lo più una scalinata in pietra, dove i bastoncini sono poco utili: io non li ho portati.
Una volta a Lagunc, il sentiero prosegue in salita e bisogna aguzzare un po’ la vista per trovare il punto di arrivo, a 1352 m di altezza. In gara naturalmente vi aspetterà l’arco gonfiabile, ma se venite qui per conto vostro ricordate di non salire fino alla chiesetta: il cartello in legno che segna la fine delle vostre fatiche si trova nella parte bassa del paesino!
Solo dopo avere stoppato il cronometro si può proseguire con calma la salita per ammirare le baite e il laghetto di Lagunc dall’alto. Dal belvedere la vista si apre quasi a trecentosessanta gradi sulle cime più belle della Valtellina e della Valchiavenna, con cartelli esplicativi che vi aiuteranno a riconoscerle.
A questo punto, non vi aspetta altro che una ripida ma divertente discesa!
Sentiero del Viandante da Lecco a Rongio – Zucco di Manavello (1112 m) – Zucco di Portorella (1465 m) – rifugio Rosalba (1730 m) – sentiero delle Foppe – Piani Resinelli (1200 m) – Val Calolden – Laorca – Malavedo – Lecco.
Non è fantastico avere gambe forti da trail runner e raggiungere la Grignetta direttamente da Lecco, contribuendo così a ridurre il traffico ai frequentatissimi Piani Resinelli? Con il nuovo tratto di sentiero del Viandante, poi, ne esce proprio un anello perfetto! (Chi volesse optare per una versione più breve del giro può seguire questo percorso da Abbadia Lariana).
In un’umida mattina di fine maggio, con le ore contate per un’irrinunciabile festa pomeridiana, parto di buon’ora con l’inseparabile coach Meme da via Alcide de Gasperi, dove si parcheggia comodamente ai piedi del Medale e vicino all’imbocco del Viandante. L’idea è di seguire fino al Rosalba il percorso della UTLAC, per poi decidere se salire in Grignetta dal sentiero Cecilia o più semplicemente scendere ai Piani Resinelli dal sentiero delle Foppe. Alla fine i tempi stretti e qualche nuvolone minaccioso ci convinceranno a evitare la vetta e optare per il giro più breve.
Per andare a prendere il sentiero del Viandante seguiamo via Santo Stefano, che subito diventa via Stelvio, per poche centinaia di metri; superiamo, senza attraversarla, la sbarra dove comincia il sentiero per i Pizzetti e successivamente imbocchiamo il sentiero non indicato che si stacca a destra della strada, rimanendole parallelo. Occhio alle radici, ce n’è una particolarmente subdola! Le indicazioni per Abbadia Lariana cominceranno più avanti, ma in ogni caso il percorso da seguire è piuttosto evidente.
Stretto tra le ripide pareti del San Martino e il lago di Como, il sentiero in questo punto è un capolavoro di ingegneria e sembra reclamare a gran voce un sia pur piccolo spazio per il viandante che, evitando la trafficata SS36, decide di muoversi a piedi da Lecco verso la Valtellina. Dopo circa 6 km di saliscendi si arriva ad Abbadia Lariana e si prosegue lungo il “vecchio” sentiero del Viandante, seguendo i cartelli arancione e (ve lo consiglio, perché non c’è una volta che io riesca a non cadere in errore lungo questo percorso) anche la traccia gpx.
Superato il ponte sulla SS36, abbiamo abbandonato il Viandante per salire a Crebbio, con l’intenzione di raggiungere da lì lo Zucco di Manavello come da percorso della UTLAC. Tratti in inganno da un anziano signore – che lo Zucco di Manavello lo conosceva benissimo, ma con ogni probabilità non c’era mai salito – ci siamo però ritrovati a Maggiana. Di nuovo sul sentiero del Viandante, lo abbiamo a questo punto seguito fino a Rongio e siamo saliti da lì allo Zucco di Manavello dal più noto sentiero n. 13.
Si trovano in questo tratto due fontane: la prima nel paese di Rongio, prima di prendere la mulattiera in salita verso destra; la seconda nella parte iniziale del sentiero. Consiglio di fare un bel rifornimento d’acqua, soprattutto se vi avventurate da queste parti in settimana e il rifugio Rosalba è chiuso, perché la fontana successiva sarà ai Piani Resinelli. Con le borracce piene, si affronta dunque la faticosa salita che in breve ci fa guadagnare oltre 600 m di quota e raggiungere il grazioso Baitello di Manavello (al momento chiuso causa pandemia).
Da qui si apre una vista meravigliosa sul lago, mentre proseguendo verso le Grigne l’ambiente diventa sempre più selvaggio. Superato il Baitello, difficilmente si trovano escursionisti in giro: la traversata da qui al Rosalba è infatti lunga, faticosa e anche un po’ accidentata, con qualche tratto di sentiero classificabile come EE.
Proseguiamo dunque in direzione Grignetta. A un breve tratto pianeggiante segue subito un’altra salita, ancora più faticosa della prima, e chi ha portato i bastoncini può a questo punto metterli via: il sentiero si inerpica e diventa poco più che una serie di bolli tra una roccetta e l’altra.
Un breve tratto attrezzato con catene ci porta alla bocchetta e allo Zucco di Portorella (1465 m).
Fate attenzione ora a non abbandonare il sentiero degli umani per seguire le tracce dei camosci. I bolli sono un po’ sbiaditi ma ci sono, non perdeteli di vista!
Superate le ultime roccette, sbuchiamo finalmente sul lato delle Grigne, le cui cime purtroppo risultano coperte dalle nubi. La vista sulle caratteristiche guglie di calcare è comunque sempre uno spettacolo. Si vede già il rifugio in lontananza, ma non bisogna farsi ingannare – come ha osservato giustamente Meme, il Rosalba qui somiglia alla Giannetti lungo il Kima: si vede sempre ma non ci si arriva mai!
La pendenza si è ridotta notevolmente, ma il sentiero adesso risulta un po’ antipatico: in leggera salita, ricoperto da un’erbetta scivolosa, stretto tra lo Zucco Pertusio e un ripidissimo prato in discesa, richiede molta concentrazione e non permette di procedere troppo spediti. Superato lo Zucco Pertusio, ci inoltriamo nel bosco e finalmente un’ultima salita ci porta al sospirato rifugio Rosalba (1730 m).
Dopo una breve sosta al rifugio, affollatissimo come sempre, decidiamo di evitare sentiero Cecilia e vetta, che porterebbero via troppo tempo: sono già le 11 e devo essere alla macchina non oltre le 13. Scendiamo dunque il più in fretta possibile dal sentiero delle Foppe, zigzagando tra gruppi di escursionisti più o meno collaborativi, e arriviamo alla strada che porta ai Piani Resinelli. Qui ci aspetta un chilometro di salita, e posso garantire che anche sapendolo in anticipo ha fatto male! Segue un altro chilometro di strada in piano e finalmente, superato il rifugio SEL, svoltiamo tutto a sinistra seguendo le indicazioni per la Val Calolden.
Da qui è praticamente tutta discesa. Attenzione solo a un bivio, poco dopo l’inizio del sentiero, in cui bisogna svoltare a destra seguendo la traccia gpx, anche se non ci sono bolli né indicazioni. Poi si prosegue per questo lungo ma facile sentiero fino ad arrivare, dopo circa 4 km, a Laorca; da qui a Lecco sono “solo” altri 3 km su strada. Per un pelo siamo stati nel tempo limite: per le 12,55 eravamo alla macchina!
Sopra Ardenno, sconosciuto ai più, si apre uno spettacolare balcone sulle cime della Valmasino. Dalla Cima di Granda e dall’omonima alpe, facilmente raggiungibili ma davvero poco frequentate, la vista è così bella che non vorrete più andarvene!
Questo giro, ci scommetto, non lo conoscete! Anche io ci ho messo un po’ a scoprirlo, facendomi incuriosire dai cartelli ma rimandando l’esplorazione ora per la neve, ora per gli alberi caduti nei boschi, ora perché alcuni sentieri sembravano non esistere sulla mappa di Strava.
Finalmente ho preso l’iniziativa e ho scoperto che si tratta di un percorso escursionistico, molto semplice in realtà, ma super panoramico! Ed è venuto fuori che questi sentieri, per quanto Strava ne ignori l’esistenza, sono tenuti molto bene. Il problema degli alberi caduti rimane al di sopra del rifugio Alpe Granda, verso il monte Scermendone, ma fino all’alpeggio si arriva senza difficoltà.
Ho deciso di partire da Piazzalunga, un grazioso borgo dove faccio sempre tappa acqua nei miei giri. Con il senno di poi, sarebbe forse stato meglio partire da Gaggio per risparmiarmi un’antipatica salita alla fine del giro! Per chi invece volesse ridurre un po’ distanza e dislivello, si può anche lasciare l’auto a Pioda: in questo caso si parte direttamente dal sentiero, eliminando il primo tratto di strada, e in discesa da Prati di Erbolo si prende il primo sentiero per Lotto, ricongiungendosi così con il percorso dell’andata. L’alternativa più ecologica, infine, è cominciare il giro dalla stazione di Ardenno, cosa che sicuramente farò la prossima volta con più tempo a disposizione!
Da Piazzalunga si segue la strada asfaltata in leggera salita per Pioda e Lotto. A Pioda si arriva in meno di un chilometro e, senza scendere in paese, si prende il sentiero che prosegue in piano, parallelo alla strada che è invece in discesa. Si troveranno poi le indicazioni per Lotto, che non lasciano possibilità d’errore. Il sentiero si inoltra nel bosco e comincia a salire, sempre più ripido, fino a incontrare di nuovo la strada per Lotto; si segue la strada solo per un tornante, poi si riprende il sentiero sulla sinistra e si continua in salita nel bosco fino a Lotto. Prima del laghetto artificiale, completamente recintato e nascosto alla vista, si svolta a sinistra: si trova qui il primo cartello che indica la direzione da seguire, Granda.
Di indicazioni se ne troveranno anche più avanti e il sentiero, oltre che segnato, sembra anche relativamente battuto. Nei pochi punti in cui la traccia risulta poco visibile per cumuli di foglie ci sono comunque diversi ometti che rendono letteralmente impossibile perdere l’orientamento. E pensare che avevo paura che questo sentiero non esistesse nemmeno!
Dopo un primo tratto di ripida salita, la pendenza diminuisce e si può tirare il fiato. Il bosco è stupendo, verde e lussureggiante, ma continuo a sbirciare tra le fronde per trovare qualche scorcio sulle vicine montagne innevate: mi trovo infatti sul crinale che separa la Valtellina dalla Val Masino, che per me è una delle valli più belle del mondo!
Il sentiero continua a salire e si arriva a un bivio: a sinistra si scende a Prato Tabiate, mentre io proseguo verso destra in direzione Granda. Ancora qualche saliscendi nel bosco, poi finalmente si sbuca sull’ampia cima di Granda (1708 m), che non sembra una cima ma è comunque un posto fantastico. Al bivacco Baita degli Alpini fa da sfondo una corona di montagne innevate, tra cui, se non erro, il monte Disgrazia.
Dopo il bivacco c’è ancora un breve tratto di salita, poi si comincia a scendere per i pascoli di questo enorme alpeggio fino a raggiungere un gruppetto di baite.
Supero le baite e proseguo più o meno in piano lungo la pista sterrata, senza prendere il sentiero in discesa verso destra ma continuando dritto fino al rifugio Alpe Granda (1680 m), che però al momento è chiuso per ristrutturazione e, secondo il gestore, non riaprirà prima della fine di giugno.
Dal rifugio si diparte un sentiero in salita che porta verso il monte Scermendone, purtroppo interrotto da diversi alberi caduti e a oggi (23 maggio 2021) non ancora ripristinato. Ho quindi seguito la noiosa pista in leggera salita in direzione Merla / Verdel fino all’alpe Merla (1736 m).
A dirla tutta, questo tratto di pista si può saltare se riuscite a scovare il sentierino non segnato che dal rifugio Alpe Granda scende dritto per dritto nel bosco fino alla pista sottostante – l’ho percorso di recente trovandolo in condizioni relativamente buone, con qualche albero caduto ma aggirabile. In questo caso ho preso la strada più lunga e in salita perché, con il sentiero per il monte Scermendone impraticabile, avevo già tagliato fin troppo dislivello dal mio giro!
Dall’alpe si prende il sentiero non indicato che scende ripido nel bosco – quello a fondovalle, non quello che rimane più alto sulla destra e che penso riporti all’alpe di Granda. Questo sentiero probabilmente non è molto battuto e non l’ho trovato in ottime condizioni, ma mi ha comunque permesso di arrivare alla pista sottostante scavalcando giusto qualche tronco (attenzione!).
Alla fine del sentiero si svolta a destra: sì, ancora salita! Bisogna seguire la pista fino al casotto che vedete in foto, dietro al quale sbuca anche l’altro sentierino, quello che scende diretto dall’alpe di Granda. Alla stessa altezza ma sulla sinistra si trova invece il sentiero in discesa per Erbolo che ho in programma di seguire: anche questo su Strava non c’è, ma vi assicuro che esiste ed è in buone condizioni!
Si segue questo sentiero fino a tornare sulla strada carrozzabile che in breve porta a Prati di Erbolo, dove ho trovato anche una fontana funzionante.
Superate le prime baite, proseguo in discesa lungo la strada fino a trovare sulla destra il sentiero in discesa per Gaggio. Lo seguo fino alla località Piasc e qui svolto a destra, di nuovo su strada carrozzabile, continuando a seguire le indicazioni per Gaggio. Si trova poi, a un tornante, il sentiero per Piazzalunga che si inoltra nel bosco sulla destra.
Bisogna seguire questo sentiero, non molto battuto, in discesa verso sinistra, fino a sbucare sull’ennesima strada carrozzabile (o forse è sempre la stessa?!) che va imboccata verso destra. Mi trovo ora poco sopra il paesino di Gaggio, da cui mi è già capitato di passare diverse volte, e riconoscendo il posto realizzo anche che mi aspetta un’ultima salita prima di arrivare a Piazzalunga! Per circa un chilometro la strada continua a salire senza pietà, a tratti ripida, ma mai abbastanza da permettermi di smettere di correre senza sensi di colpa. Al bivio si prosegue dritto, ora per fortuna in leggera discesa, sempre seguendo le indicazioni fino a Piazzalunga. In tutto il giro ha richiesto meno di tre ore, comprese abbondanti pause foto. Ora che conosco i sentieri, lo inserirò appena possibile in percorsi più lunghi!
La Val Bregaglia, che ho scoperto qualche anno fa in occasione di una delle mie prime gare, il Val Bregaglia Trail appunto, è un posto fantastico, che si presta naturalmente al trail running: al confine tra Italia e Svizzera, circondata da cime maestose, questa valle è percorsa da una pista ciclabile che segue il corso del fiume Mera e offre, su entrambi i versanti, una rete di sentieri, mulattiere e strade carrozzabili che collegano alpeggi, crotti e paesini caratteristici, con boschi freschi anche a bassa quota e fontane praticamente ogni chilometro.
La partenza è da Chiavenna. Arrivando in auto, ho parcheggiato nel quartiere San Mamete, prima di entrare in città e subito prima del ponte sul fiume Liro; dato che si attraversa il centro di Chiavenna, però, si può fare lo stesso giro arrivando in treno e partendo dalla stazione. Ho percorso un paio di chilometri seguendo via Alessandro Volta prima di arrivare in centro e, seguendo le indicazioni per la stazione, svoltare a destra per attraversare il fiume Mera.
Dopo il ponte, si svolta a sinistra e si segue il corso del fiume lungo la ciclovia della Val Bregaglia, passando ai piedi del parco Marmitte dei Giganti, dove si può ammirare il fenomeno geologico di enormi rocce scavate dall’azione millenaria dei ghiacciai, e per invitanti crotti che al mio passaggio stavano giusto aprendo per pranzo! Di crotti se ne incontreranno a dozzine lungo tutto il percorso, per cui conviene spiegare che cosa siano: tipici di Chiavenna, che sorge su una enorme e antichissima frana, i crotti sono cavità naturali formatesi tra i massi rotolati giù dalla montagna, dove spira un venticello a temperatura costante per tutto l’anno, ideale per la conservazione di prodotti tipici quali vino, salumi e formaggi. Intorno ai crotti sono poi nati punti di ritrovo, ristorantini e così via.
Superati gli invitanti crotti di Chiavenna, si prosegue sempre seguendo la pista ciclabile, tendenzialmente bene indicata, ora su una sponda, ora sull’altra, ma sempre lungo il corso del fiume. Si noteranno le indicazioni del Val Bregaglia Trail in senso opposto al nostro: la ciclabile è infatti il tratto finale della gara, che porta a Chiavenna. Sulla sinistra, di là dal fiume, si cominceranno a vedere anche le cascate dell’Acquafraggia. Il campanile che svetta sopra le cascate è quello di Savogno, da cui si passerà sulla via del ritorno.
Anche se è mezzogiorno e sono a fondovalle, il torrente e il bosco rendono la corsa fresca e piacevole. I punti acqua, inoltre, non mancano, tanto che mi viene da pensare che questo giro si possa fare anche senza borracce. Uscendo dal bosco ci troveremo a una fontana e vedremo le indicazioni per la Traversata dei Monti (altro giro in programma!). Qui bisogna ignorare i cartelli e proseguire dritto sul fondovalle, lungo la ciclovia che comincia ora a presentare qualche salitella – in tutto sono circa 300 metri di dislivello sui primi 10 km.
Si supera Piuro e si continua a correre in leggera salita lungo questa bellissima ciclovia, con le cime innevate della Svizzera sullo sfondo. Si arriva infine in prossimità di Villa di Chiavenna: chi volesse accorciare il giro può semplicemente seguire le indicazioni fino in paese. Io invece, svoltando tutto a destra, ho preso la scalinata in salita per Canete.
Finalmente la pendenza aumenta e mi permette di camminare senza sensi di colpa! Supero il piccolo alpeggio di Canete (726 m) e continuo a salire in direzione Laghetti, prima su strada e poi prendendo il ripido sentiero a scalini che taglia i tornanti. Si tiene la sinistra dove il sentiero spiana, sempre continuando a seguire le indicazioni per Laghetti fino a un nuovo bivio: abbandono qui la direzione Laghetti e seguo per Bondeia.
Ci aspetta adesso un bel tratto più o meno pianeggiante, che porta a un’ampia radura con poche baite e una splendida vista sulle montagne innevate.
Superato questo punto, si segue la strada carrozzabile verso sinistra e comincia una lunga discesa, piuttosto veloce, che in breve riporta a fondovalle. Si attraversa il fiume Mera e si prosegue in leggera discesa lungo la ciclabile, fino alla diga di Villa di Chiavenna.
Si costeggia tutto il lago e, una volta in paese, si abbandona la strada principale per prendere verso destra via Badarello, la stradina che si inoltra tra le case in leggera salita.
Seguo ora, senza possibilità d’errore, le indicazioni per Savogno lungo il percorso del Val Bregaglia Trail. Superati i Crotti Motta, continuo in salita lungo la strada che diventa ora sterrata e in leggera salita. Trovo chiuso il sentiero per Savogno, ma la via alternativa è indicata con encomiabile precisione e con tanto di mappa!
Proseguo dunque in discesa lungo la strada, sempre seguendo le indicazioni per Savogno, che mi portano a prendere una carrozzabile a tornanti lungo la quale riprendo a salire. Questa strada è davvero noiosa e antipatica, unico punto di tutto il giro in cui ho sofferto il caldo. In compenso, la vista sulle montagne – che non riconosco – è impagabile!
Si torna infine a ricongiungersi con il percorso originale per Savogno, che è anche il percorso del Val Bregaglia Trail. Proseguo lungo la strada fino a trovare (finalmente!) un sentiero che scende verso sinistra in direzione Savogno.
Dopo tre chilometri di carrozzabile tutta uguale, non mi sembra vero di correre su un bel sentierino nel bosco! Ben presto arrivo a Savogno (932 m), paesino pittoresco e piuttosto frequentato per l’omonimo rifugio, facilmente raggiungibile da Chiavenna.
Si attraversa tutto il paese e, superato il rifugio, si prende la mulattiera in discesa verso sinistra in direzione Borgonuovo, Crana, Chiavenna. Questo è l’unico punto che ho trovato affollato, ma niente paura: dopo un mezzo chilometro di discesa a zigzag tra ingorghi di escursionisti con evidenti problemi di udito, che fanno un po’ rimpiangere la zona rossa, ho preso il più tranquillo sentiero a destra seguendo le indicazioni della gara.
Sempre in discesa si arriva a un ponticello: attraverso il torrente e proseguo in leggera salita fino a Crana, un altro borgo grazioso e curatissimo.
Superato il paese, si continua in discesa sempre seguendo la segnaletica permanente del Val Bregaglia Trail fino a Località Sasso (485 m). Qui abbandono il percorso di gara e seguo le indicazioni per Sentiero Panoramico, San Carlo – Loreto, Chiavenna. Comincia l’ultima salita del giro, circa 200 m di dislivello tra Sasso e Pianazzola.
Compaiono infine le indicazioni per Pianazzola, molto chiare e semplici da seguire. Scendo a dare un’occhiata anche a questo paesino, poi risalgo sulla strada che passa appena sopra.
Si prosegue ora in discesa su asfalto fino al primo tornante, in corrispondenza di un masso, dove si abbandona la strada per continuare dritto e andare a prendere il sentiero in discesa in direzione Crotti di Bette.
Sempre in discesa arrivo a Bette e, da qui, seguo in leggera discesa la strada che riporta a Chiavenna. Prendo via della Violina verso destra e la seguo fino a incrociare via Volta, la via dell’andata. A questo punto mi basta tornare sui miei passi per poche centinaia di metri e mi ritrovo al parcheggio.
Se volete esplorare le Grigne senza il bagno di folla che si trova di solito in Valsassina, la soluzione è semplice: basta partire dal lago! Un ambiente selvaggio e una vista spettacolare vi accompagneranno costantemente. Il giro che vi propongo oggi parte da Mandello, raggiungibile anche in treno per chi volesse rendere più ecologica la gita. La traccia comincia proprio dalla stazione, dietro la quale si trova anche un comodo parcheggio.
Con Samuel e Tony siamo partiti neanche troppo presto dal parcheggio completamente deserto, attraversando il centro di Mandello e prendendo via Dante Alighieri, che si risale fino a una svolta a sinistra che ci fa attraversare il torrente Meria. In leggera salita si prosegue verso Sonvico e Somana. Se avete bisogno di riempire le borracce fatelo qui, perché poi per parecchio tempo non si troverà più acqua. A Somana vedremo le prime indicazioni per il sentiero 17 e lo Zucco Sileggio, da seguire da qui in poi.
Quando il sentiero 17 si sdoppia, proseguiamo verso sinistra seguendo il 17A. La salita da Somana allo Zucco Sileggio è piuttosto dura: in due chilometri e mezzo si guadagnano mille metri di altezza. In compenso, via via che ci alziamo di quota, il paesaggio diventa sempre più bello e la vista sui due rami del lago di Como e su Bellagio ci ripaga di tutta la fatica.
Superiamo pochi escursionisti lungo la salita, ma l’incontro più buffo e inaspettato è con un lucertolone colorato identificato poi dal Tony come un ramarro maschio.
La salita si fa sempre più ripida man mano che ci avviciniamo alla cima. Per l’ultimo tratto abbiamo svoltato a destra e seguito poi la dorsale verso sinistra fino alla croce di vetta.
Dallo Zucco Sileggio la vista è spaziale: da una parte il lago, dall’altra le Grigne ancora innevate, tutto intorno a noi il bosco verde e rigoglioso di inizio maggio.
Si prosegue ora in piano e poi in discesa lungo il sentiero 17. Se fino adesso abbiamo incontrato pochi escursionisti, da qui in avanti ci troveremo completamente soli in un ambiente davvero selvaggio, inoltrandoci sempre di più verso le Grigne.
Si segue la dorsale, con qualche saliscendi, in direzione Alpe di Lierna e Calivazzo, e si prosegue poi lungo un sentierino stretto e a tratti un po’ esposto – il livello è sempre escursionistico, ma correndo bisogna fare attenzione. Se vi chiedete che cosa siano i piccoli cartelli blu con scritto TGS che si incontrano qua e là, si tratta del percorso permanente di una gara fantastica, il Trail delle Grigne Sud. Solo per veri intenditori e per camosci! Si arriva infine a un bivio, dove prendiamo il sentiero 17A in discesa verso destra seguendo le indicazioni per Calivazzo, Somana e Mandello. Comincia ora una lunga e divertente discesa nel bosco.
Dopo qualche chilometro sbuchiamo in un’ampia radura e attraversiamo il prato per andare a prendere il sentiero che ricomincia dall’altra parte, verso destra, sempre in direzione Somana e Mandello.
Seguiamo questo sentiero, più o meno pianeggiante, fino a trovare sulla sinistra un cartello di legno con indicazioni per Era. Scendiamo ora nel bosco, lungo un sentiero poco battuto ma evidente, fino ad arrivare a fondovalle dove appunto si trova l’alpeggio Era bassa. Passare di qui è fondamentale perché è l’unico punto acqua del giro. Si supera il torrentello e, proseguendo per un breve tratto lungo il sentiero, si trova una fontana.
Si continua in direzione Somana e Mandello, ma il sentiero adesso è il numero 15. Vedremo le indicazioni per il 15B, Sentiero del Fiume, che passa a fondovalle, mentre noi ci manteniamo alti su questo canyon scavato dal torrente Meria, lo stesso che arriva fino a Mandello.
Al bivio abbiamo seguito le indicazioni in discesa per Rongio (ma si sarebbe anche potuto proseguire per Somana) e abbiamo perso quota fino a fondovalle. Qui si trova un altro bivio non segnalato dove bisogna svoltare a destra, tirando dritto per questo sentiero in direzione Somana e svoltando infine a sinistra verso Rongio. Ci sono molti modi di tornare a Mandello e le indicazioni non sono il massimo, per cui conviene seguire la traccia. Alla fine incrociamo il percorso dell’andata e, in leggera discesa, percorriamo le poche centinaia di metri che ancora ci separano dalla macchina.
Vi propongo un altro bel giretto, adatto a tutte le stagioni, in bassa Valtellina e più in particolare sulla Costiera dei Cèch – una splendida terrazza naturale baciata dal sole e affacciata su Morbegno. Il percorso si svolge su strade, strade bianche e sentieri facili, passando per caratteristici borghi, vigneti, chiesette. Si incontrano fontane con acqua freschissima in ogni paesino e lungo i sentieri, per cui, pur rimanendo sempre a bassa quota, questo giro si può fare anche in piena estate.
La partenza è da Morbegno: si può parcheggiare a qualunque altezza di via Merizzi, seguendo le indicazioni per sosta camper, fino al ponte romano che attraverseremo a piedi. Di là dall’Adda, si segue la strada in salita e subito si prende la ripida mulattiera, indicata dal segnavia bianco-rosso, che taglia i tornanti. La partenza è durissima: si guadagnano subito 200 m di dislivello e si arriva a Santa Croce.
Si svolta a sinistra e si può finalmente tirare il fiato seguendo la strada in leggera salita, poi si prende verso sinistra in discesa.
Seguiamo brevemente questa mulattiera, poi, subito prima di una chiesetta, prendiamo il sentiero che scende nel bosco e che ci riporta a fondovalle. Proseguiamo lungo la strada principale e arriviamo a Traona: alla rotonda si svolta a destra e ricomincia la salita. Seguiamo inizialmente le indicazioni per Sant’Alessandro, una bella chiesa seicentesca che si affaccia sulla valle.
Dopo avere dato un’occhiata alla chiesa, ho preso la scalinata e continuato a salire, ora su mulattiera, in direzione Pianezzo e Bioggio.
Superato il piccolo borgo di Pianezzo, si prosegue lungo la mulattiera, la cui pendenza ora diminuisce, fino a incrociare la strada a tornanti che sale verso Cercino. Si prende questa strada in salita e si raggiunge la chiesa Madonna della Pietà.
Poco dopo la chiesa si incontrano sulla destra dei sentieri, ma bisogna qui proseguire dritto lungo la strada e superare un tornante sulla destra. A questo punto troveremo a sinistra la mulattiera indicata come “percorso didattico”, estremamente noiosa ma facile da seguire. Senza possibilità d’errore guadagniamo altri 200 m di dislivello e arriviamo a Bioggio.
La strada finalmente spiana un po’. Superiamo le case e arriviamo alla chiesetta di Santa Maria, dove si prende la mulattiera in discesa verso destra.
Seguiamo ora le indicazioni per Prati di Bioggio, sempre su mulattiera facile e corribile, e continuiamo a perdere quota mentre tra i castagni si comincia a intravedere un campanile. Arriviamo così alla più bella – a mio giudizio – delle tante chiese che si incontrano in questo giro, la quattrocentesca San Giovanni di Bioggio. Fermatevi cinque minuti e giratele intorno: la vista spazia dal Legnone a tutto l’arco orobico alla Costiera dei Cech fino alla Colmen, dove tra poco ci dirigeremo anche noi.
Si prosegue sempre in discesa fino a Mello e, da qui, si riprende a salire leggermente in direzione di Civo, il paesino successivo sulla Costiera dei Cèch.
Senza entrare in paese, a Civo si prosegue dritto in leggera salita lungo una stradina che ben presto diventa sterrata. Si supera una chiesetta e una fontana, poi finalmente comincia la discesa. Al bivio si continua a scendere verso destra, seguendo le indicazioni in legno illeggibili ma decorate con fiorellini rosa! Raggiunta la strada per Dazio, la seguiamo per un breve tratto e imbocchiamo poi il sentiero verso destra: non quello per Cerido, ma il Percorso Anna.
Una volta a Dazio, basta seguire le indicazioni per Culmine di Dazio, svoltando a destra in via alla Pergola. Si prosegue ancora in leggera discesa, fino a incontrare il sentiero per la Colmen, che imbocchiamo verso sinistra.
Si segue ora il percorso di gara del Colmen Trail, quest’anno in programma il 9 maggio. Io l’ho trovato già balisato, ma anche lontano dalla gara è indicato in modo permanente da cartelli blu. Si gira per un tratto intorno alla Colmen, o Culmine di Dazio, per poi attaccarne la cima con una salita sempre più ripida. Con i suoi 916 m, la Colmen offre un bel terreno di allenamento, ma anche una fantastica area picnic con tanto di rifugio e vista sulle Orobie.
Sempre seguendo i cartelli blu (e nel mio caso le balise gialle) si attraversa l’ampia cima pianeggiante della Colmen.
Si scende ora nel bosco, seguendo sempre il percorso permanente del Colmen Trail lungo la cresta ovest.
Il sentiero in discesa è piuttosto facile, salvo qualche tratto roccioso e un po’ ripido che è però attrezzato con catene e non presenta comunque particolari difficoltà. Arriviamo a incrociare una strada carrozzabile: qui abbandoniamo il percorso di gara, che riprenderemo più avanti, e proseguiamo dritto lungo il sentiero in discesa nel bosco fino a raggiungere un’altra graziosa chiesetta.
Se sulla Colmen non ci sono fontane, qui ne troveremo una freschissima. Si svolta poi a destra seguendo la mulattiera che ci porterà a una strada asfaltata. Si imbocca la strada verso sinistra ma la si abbandona subito per prendere la mulattiera in leggera salita per Cerido sulla destra. Questa è davvero l’ultima salitella: si riprende a scendere su sentiero, ritrovando anche i cartelli blu del Colmen Trail.
Proseguiamo verso San Bello e, da qui, non dovremo fare altro che riprendere in senso contrario la ripida mulattiera che abbiamo fatto all’andata e ripercorrere i nostri passi fino a raggiungere il parcheggio.
Un percorso per metà su strada e per metà su sentiero facile, adatto anche alle condizioni meteo più inclementi.
Civate – Località Pozzo – Suello – Cesana Brianza – Santuario Madonna della Neve – Alpe Carella – Rifugio SEC – Monte Rai (1259 m) – Bocchetta di San Miro – San Tomaso – Valmadrera – Civate
Periodo: Maggio 2021
Partenza: Civate, centro sportivo Baselone
Distanza: 22,5 km
Dislivello: 1200 m
Acqua: fontana all’alpe Carella, sul sentiero 1 verso San Tomaso e sulla mulattiera per Valmadrera
Il cielo minaccia pioggia, un nuvolone nero avvolge il Cornizzolo, ma è pur sempre il primo maggio e a casa non si rimane! Cercando di stare il più possibile su strada e il meno possibile in quota, con Meme abbiamo messo insieme questo percorso facile e veloce, ma allenante.
Partiamo dal centro sportivo Baselone a Civate e risaliamo la valle dell’Oro prendendo l’omonima via in salita verso sinistra. Poco meno di un chilometro di strada e troveremo sulla sinistra il sentiero n. 10 per San Pietro. Si segue questo sentiero fino alla fontanella, poi, anziché salire verso San Pietro, si svolta a sinistra proseguendo lungo la mulattiera in discesa.
Passiamo per la Località Pozzo e continuiamo a seguire il nostro facile sentiero in leggera discesa fino a Suello. Si prosegue poi in leggera salita lungo la strada asfaltata, superando Suello e arrivando a Cesana Brianza. Passiamo a destra del piccolo parco del Roccolo e da qui ricomincia lo sterrato. Sempre dritto, ora su sentiero, fino al santuario Madonna della Neve.
Senza superare il santuario, bisogna prendere il sentiero un po’ nascosto che sale verso destra, seguendo le indicazioni per il Cornizzolo. Si sale per poco lungo una strada sterrata e, al tornante, si prende il sentiero che prosegue dritto nel bosco. Basta ora continuare lungo questo sentiero fino a incrociare la strada a tornanti che da Eupilio sale verso il Cornizzolo e seguirla fino al rifugio SEC (1050 m).
Dal rifugio si continua lungo la strada in direzione del monte Rai. Sulla destra si stacca il sentierino che porta in vetta (1259 m): lo seguiamo fino a raggiungere la piccola croce e, poco più in basso, la madonnina che domina la valle immersa nella nebbia. Il monte Rai è un panettone erboso che non presenta alcun rischio, anche nelle condizioni meteo peggiori!
Dalla croce svoltiamo tutto a sinistra e scendiamo fino alla bocchetta di San Miro, alla base del Rai. Da qui si prende il sentiero in discesa verso destra, molto fangoso ma privo di altre difficoltà. Perdiamo quota fino a Cascina Rotta (1091 m) e continuiamo a scendere lungo il sentiero 1 per San Tomaso.
A un nuovo crocevia si prenderà il sentiero 5, sempre seguendo le indicazioni per San Tomaso. Una volta a San Tomaso, si continua lungo la facile mulattiera che scende verso Valmadrera.
La mulattiera ci porta alla frazione Belvedere, da dove si prende la strada in discesa fino a Valmadrera. Da qui mancano solo un paio di chilometri in piano: seguendo la traccia gpx per vicoli e stradine si arriva ben presto alla macchina.
Un “lungo” spettacolare, che ogni trail runner dovrebbe provare almeno una volta.
Villa d’Almè – Roncola – Linzone (1392 m) – Tesoro (1432 m) – Pertus – La Pasada – Rifugio Resegone – Sorgente Forbesette – Bocca del Palio – Porta della Valle Imagna (1415 m) – Zuc de Valmana (1546 m) – I Canti (1563 m) – Tre Faggi – Piazzacava – Colle San Pietro (933 m) – Monte Ubione (895 m) – Clanezzo – Villa d’Almè
Il Periplo della Valle Imagna è un anello lunghissimo e davvero appagante, consigliato non solo come “lungo” in preparazione di gare ultratrail, ma anche per scoprire fino ai suoi angoli più remoti questa valle stupenda tra lecchese e bergamasca.
Il team delle Martas, che sta cominciando a mettere chilometri e dislivello nelle gambe in vista degli ambiziosi progetti estivi, ha optato per la variante che passa lungo l’anello del Resegone senza salirvi in vetta: l’alternativa esteticamente più bella, ma che aumenta esponenzialmente le difficoltà, soprattutto con la neve che ancora ricopre tutto il versante nord del Resegone, è passare per le creste. (Chi fosse interessato può vedere qui il percorso delle creste, provato in condizioni estive e in un giro molto più breve lo scorso anno). Si tenga presente che, anche così, il periplo richiede parecchio tempo e può risultare impegnativo per la mancanza d’acqua: in base alle temperature, conviene portare una scorta adeguata (tre flask) e segnarsi bene i punti di rifornimento da non perdere.
Il sentiero, non sempre segnato in modo chiarissimo, è il numero 571 e comincia ad Almenno San Salvatore; noi abbiamo deciso di partire da Villa d’Almè, dal comodo parcheggio in via Fratelli Calvi, vicino alla ciclabile della Val Brembana da cui torneremo alla fine di questo lungo viaggio. Pronti, via! Si parte svoltando a destra in via Gotti e seguendo la strada che attraversa il fiume Brembo; si prende poi a sinistra la mulattiera in salita che taglia due tornanti, portandoci ad Almenno. Si segue la strada fino a incontrare le prime indicazioni per il sentiero 571, che ci fanno svolare a sinistra e proseguire lungo una stradina in salita fino al punto in cui comincia il sentiero vero e proprio.
La salita è lunga e si può suddividere in due parti, entrambe con circa 500 m di dislivello: da Almenno alla Roncola e da qui alla cima del Linzone. Le indicazioni, in questa prima parte, sono chiare e intuitive e ci permettono di procedere chiacchierando senza fare troppo caso al percorso.
Se non siete mai stati alla Roncola, la riconoscerete facilmente dal traffico di escursionisti e ciclisti di passaggio. Consiglio vivamente di fare tappa alla fontana dietro la chiesa, unico punto acqua per parecchio tempo. Bisogna poi attraversare la strada e salire verso il cimitero, dove comincia il sentiero per il Linzone. Questo tratto sarà probabilmente molto affollato, ma non vi preoccupate: proseguendo lungo il periplo si incontreranno sempre meno persone!
La cima del Linzone (1392 m) è un panettone erboso, con vista a trecentosessanta gradi, che piace proprio a tutti: runner, escursionisti, mountain-biker, famiglie con bambini, cani, amanti del parapendio. Per fortuna i suoi prati hanno abbastanza spazio per ospitare tutti con tanto di distanziamento sociale. Da qui comincia la lunga dorsale, divertente e corribile, che seguiremo sempre in cresta fino alla Pasada (o Passata), passando per le antenne di Valcava, il monte Tesoro (1432 m) e il Pertus.
Al passo di Valcava, punto di passaggio obbligato per ciclisti e motociclisti, si trova di solito un chioschetto dove si può acquistare dell’acqua. Noi, avendo riempito le borracce alla Roncola, abbiamo deciso di passare oltre, salvo poi pentircene più avanti!
Ci fermiamo in cima al Tesoro giusto il tempo di una foto, non senza un po’ di invidia per tutti gli escursionisti che hanno terminato qui le loro fatiche e stanno tirando fuori i panini, mentre noi siamo appena a un quinto del percorso! Ci consoliamo con la bella e lunga discesa fino al laghetto del Pertus, altra meta di facili gitarelle.
Si segue ora la stradina pianeggiante a sinistra del laghetto. Il sentiero 571 è sempre indicato chiaramente: seguiamo i cartelli in direzione Passata. Attenzione a un bivio, dove il sentiero sembrerebbe proseguire verso destra, mentre prestando attenzione si nota un 571 in vernice gialla che ci manda verso sinistra:
Da qui in poi il numero 571 scompare per un po’ e i cartelli da seguire sono quelli della DOL (Dorsale Orobico Lecchese). Il sentiero, senza mai diventare difficile, presenta qualche tratto esposto e con roccette, che rende questo giro sconsigliabile in pieno inverno, in presenza di neve o ghiaccio.
Dopo un tempo apparentemente infinito raggiungiamo La Pasada, crocevia di sentieri. Da qui si potrebbe salire verso il rifugio Alpinisti Monzesi per prendere le creste, ma noi, come già detto, abbiamo optato per il giro più veloce e con meno dislivello. Proseguiamo dunque verso destra lungo la DOL, seguendo le indicazioni per l’anello del Resegone e il passo La Porta.
Il sentiero qui risulta piuttosto facile e corribile, con qualche saliscendi. Intorno al ventesimo chilometro, superato il passo La Porta, abbiamo sbagliato strada, prendendo il sentiero in discesa verso destra anziché quello che rimane alto a sinistra. Non so quante volte ho già fatto questo errore, ma non c’è niente da fare, il sentiero a sinistra proprio non si vede. In ogni caso l’errore è stato provvidenziale perché, nel tornare sulla retta via seguendo il sentiero 589, siamo passate per una baita dove una famiglia gentilissima ci ha offerto dell’acqua – GRAZIE!
Tornate sull’anello del Resegone e superato l’omonimo rifugio (chiuso), abbiamo cominciato a calpestare neve. Dove non batte il sole ne è rimasta parecchia, nonostante siamo a fine aprile. Dopo un tratto in salita il bosco si apre – siamo alla Bocca del Palio – e ricompaiono le indicazioni per il sentiero 571 verso destra. Siamo però costrette a deviare verso la sorgente delle Forbesette, a meno di un chilometro lungo l’anello del Resegone, per fare rifornimento d’acqua prima di proseguire nel nostro percorso: non troveremo altre fontane per i prossimi 13-14 km, per cui le Forbesette sono un punto obbligato.
Dopo avere bevuto in abbondanza e riempito bene le borracce, torniamo sui nostri passi e alle indicazioni per il sentiero 571, che continua su un’ampia dorsale erbosa a cavallo con la Val Taleggio. Un continuo e faticoso, per quanto panoramico, saliscendi ci porta prima alla cosiddetta Porta della Valle Imagna, che pare sia stata collocata lungo il periplo per un progetto artistico, poi oltre i 1500 m di altezza allo Zuc de Valmana e ai Canti.
I Canti, nonostante il nome al plurale, sono in realtà una montagna sola e, raggiunta la madonnina di vetta, possiamo finalmente tirare un po’ il fiato. A parte un breve tratto in salita, molto panoramico a dire il vero, il sentiero 571 prosegue ora in discesa per diversi chilometri.
Perdiamo via via dislivello, seguendo il sentiero che ora è piuttosto intuitivo e che ci porta alle località Tre Faggi e Piazzacava. Da qui abbiamo perso il 571 e seguito per un tratto il 592E in direzione Blello.
Proseguiamo in discesa lungo una mulattiera piuttosto scomoda e sconnessa, per poi finalmente ritrovare le indicazioni del sentiero 571, che qui torna a chiamarsi Giro della Valle Imagna.
Una breve salita ci porta a Colle San Pietro, da dove si prosegue seguendo le indicazioni per Berbenno. Senza entrare in paese, alla chiesetta con il tetto in legno prendiamo il sentiero che si inoltra nel bosco. Arriviamo finalmente a un punto acqua poco invitante – è un rigagnolo che esce da un tubo pieno di muschio – ma a questo punto indispensabile. In realtà c’è una fontana dall’aspetto più salubre poco più avanti, intorno al km 39, ma non sapendolo abbiamo attinto a man bassa dal rigagnolo (per fortuna senza conseguenze a breve termine).
Riprendiamo a salire e il 571 diventa tutt’uno con il sentiero del Partigiano. Particolarmente a tema, considerando che è il 25 aprile! Superato un monumento ai caduti, ci viene naturale proseguire in salita verso sinistra, ma a ben guardare il sentiero 571 prosegue dritto oltre un cancello chiuso.
Si continua a guadagnare quota qua e là, tra un tratto in piano e una discesina, mentre il monte Ubione, ultima fatica prima della discesa finale, sembra allontanarsi anziché avvicinarsi. Troveremo diversi sentieri che portano in vetta: quello da seguire è sempre il nostro 571.
Dopo avere raggiunto la cima dell’Ubione, si prende il ripido e sdrucciolevole sentiero che scende dietro al cartello. Mancano ancora circa 5 km e la fatica si fa sentire, ma siamo determinate a non mollare! Seguiamo le indicazioni per Clanezzo e attraversiamo il paese in discesa verso il fiume Brembo, che attraverseremo su un grazioso e traballante ponte sospeso.
Imbocchiamo a questo punto la stradina sterrata verso destra e la seguiamo fino a incontrare la ciclabile della Val Brembana, che collega Bergamo a Zogno. Svoltiamo a destra in direzione Bergamo: poche centinaia di metri, una galleria, superiamo la stazione degli autobus e quasi inaspettatamente ci ritroviamo in via Fratelli Calvi, dove abbiamo parcheggiato “solo” nove ore fa!
Una bella corsa, quasi tutta su sentiero, con quattro salitone, tre discesone e lunghi tratti corribili. Percorso ad anello: Ardenno – Desco – Civo – Dazio – Colmen (916 m) – Ardenno. Allenamento top, adatto a tutte le stagioni e a tutti i runner!
La Colmen, ufficialmente chiamata Culmine di Dazio, è un buffo rilievo aspro e roccioso che si erge in mezzo alla piana di Ardenno, dandosi arie da gran montagna senza arrivare a mille metri d’altezza e intralciando come di proposito il traffico tra la bassa e l’alta Valtellina. Se il traffico l’ha avuta vinta con il recente tunnel che passa proprio lì sotto, la Colmen rimane saldamente piantata in mezzo alla valle e, per noi trail runner, è un fantastico parco giochi di salite e discese!
Chi non conosce, d’altra parte, il Colmen Trail, che tutti gli anni attira alcuni degli atleti più forti d’Italia? Il percorso di gara è segnato in modo permanente con cartelli blu facilmente riconoscibili. L’anello che vi propongo oggi, dopo averlo provato nel weekend con Ugo, è un po’ più lungo e gira per lo più in senso opposto rispetto alla gara. La partenza è dal parcheggio della stazione di Ardenno, di fianco alla statale, dove si trova sempre posto. La Colmen si staglia inconfondibile davanti a noi: arrivando da Milano, l’abbiamo superata con l’ultima galleria.
Attraversiamo la statale e la ferrovia utilizzando il sottopasso, poi svoltiamo a destra e seguiamo la strada che corre parallela ai binari del treno. Ben presto incontreremo il Sentiero Valtellina, che seguiremo per un breve tratto, attraversando il torrente Masino poco prima che sfoci nell’Adda.
Seguiamo ora la strada che piega a sinistra e, al bivio, svoltiamo ancora a sinistra imboccando il sentierino verso Desco. Si prosegue in falsopiano, alti sopra il fiume Adda, per circa un chilometro. Una volta a Desco, si rimane sulla strada in salita proseguendo verso destra e, all’altezza del tornante, si seguono le indicazioni per Dazio. Dopo pochi metri, però, bisogna abbandonare il sentiero principale, in salita, per prendere quello un po’ nascosto, in discesa, che svolta a sinistra. Fate attenzione a non perdervi il bivio!
Questo tratto in discesa ci permette di tirare un po’ il fiato e ci riporta su una strada asfaltata, da seguire per un poco fino a trovare, sulla destra, un nuovo sentiero, anche questo non proprio facile da individuare.
Comincia adesso una salita breve ma intensa, che ci fa guadagnare circa duecento metri in mezzo chilometro, inerpicandosi su per la Colmen.
Altro punto in cui prestare attenzione, nel corso della salita, è quello in cui si incontra una rete: il sentiero prosegue verso sinistra subito dietro.
Alla salita segue una divertente discesa: le indicazioni da seguire sono quelle per Torchi Bianchi e Campovico, sempre girando in senso opposto al Colmen Trail.
Un ultimo tratto di discesa, sfruttando il sentiero che taglia i tornanti della strada, ci porta a un cavalcavia che passa sotto la superstrada. Non abbiate paura a seguire la strada sotto il ponte: c’è il marciapiede. Si attraversa poi la strada per andare a prendere il sentiero sterrato che prosegue dritto dall’altra parte, si supera un torrentello e subito dopo si svolta a destra.
Adesso diventa tutto più semplice, perché basta dirigersi verso il campanile che svetta di fronte a noi. Arrivati alla chiesetta, si prosegue in salita lungo la stradina a tornanti che in un chilometro abbondante porta a Cermeledo – in alternativa si può utilizzare il sentiero, ma sulla strada tra la chiesa e la fontana c’è un segmento Strava su cui, per i vanitosi, vale la pena mettersi alla prova. Da Cermeledo ci dirigiamo ora verso Cerido prendendo la strada asfaltata verso sinistra.
All’incrocio prendiamo la strada che svolta a destra seguendo i cartelli gialli dell’antico Torchio, a cui pure non arriveremo, perché al bivio successivo prenderemo il sentiero a sinistra seguendo le indicazioni del Colmen Trail. Questa volta siamo nella stessa direzione della gara, anche se per poco! Giunti alla strada, abbandoniamo il percorso di gara e svoltiamo a destra, in direzione di Civo.
A destra della strada si stacca un sentiero, indicato più avanti da graziosi cartelli in legno: seguiamo prima il sentiero San Biagio, poi il sentiero del Sole. Comincia qui la terza salita, semplice e gradevole, con una pendenza mai eccessiva che permette quasi sempre di corricchiare. Lungo tutta la salita si incontrano delle belle cappellette con affreschi dall’aria antica.
Una volta a Civo, si prosegue dritto lungo la strada fino a trovarsi sulla destra un parcheggio. Lo si attraversa e si prosegue sempre dritto, in leggera salita, fino al bivio che vedete nella foto qui sotto:
Comincia ora una facile e divertente discesa, che ci consente di recuperare prima dell’attacco finale alla Colmen. Fino adesso le abbiamo girato intorno, ora è il momento di conquistarla! Raggiunta la strada per Dazio, la seguiamo per un breve tratto e imbocchiamo poi il sentiero verso destra: non quello per Cerido, ma il Percorso Anna.
Una volta a Dazio, basta seguire le indicazioni per Culmine di Dazio, svoltando a destra in via alla Pergola. Si prosegue ancora in leggera discesa, fino a incontrare il sentiero per la Colmen, che imbocchiamo verso sinistra.
Attacchiamo l’ultima salita, a tratti piuttosto ripida, che ci porterà in vetta. Dobbiamo coprire ancora poco meno di quattrocento metri di dislivello, prima della lunga discesa finale per Ardenno! Quasi subito incontreremo un bivio, dove le indicazioni del Colmen Trail mandano a sinistra: noi dobbiamo invece tenere la destra e continuare a salire ininterrottamente fino alla sommità di questa simpatica montagnetta, che forse adesso così simpatica non sembra più.
Raggiungiamo una pozza d’acqua e qui le nostre fatiche sono quasi finite: il sentiero spiana, la salita ancora davanti a noi è pochissima. Si prosegue lungo il sentiero e ben presto si raggiunge la “vetta”, che poi è un ampio prato con tanto di rifugio, tavoli da picnic e una bella vista sulle Orobie.
Scendiamo dalla parte opposta, seguendo le indicazioni per Desco sempre in senso opposto rispetto al percorso di gara. La nostra discesa finale è la salitona del Colmen Trail – e ai più competitivi suggerisco di farla tutta d’un fiato, senza fermarsi per le foto, se vogliono giocarsi una coppetta su Strava.
Le roccette cedono il posto a un ripido bosco mentre perdiamo velocemente quota. Ardenno non è mai indicata, anche se è proprio di fronte a noi. Seguiamo i cartelli per Pilasco e arriviamo infine a una mulattiera, lungo la quale proseguiamo la discesa fino a sbucare in paese.
Riattraversiamo il torrente Masino, passiamo tra un gruppo di graziose casette in pietra e, con l’aiuto della traccia gpx, torniamo ben presto al punto di partenza.
Anello Val Budria – Val Tartano (23 km – 1500 m D+)
28 Giugno 2021 by marta • Valtellina Tags: alta via, anello, cime di lemma, corsa in montagna, gvo, laghi, orobie, porcile, rifugio il pirata, sentiero delle orobie, trail running, val budria, val di lemme, val tartano, valtellina • 0 Comments
Un percorso bellissimo e poco frequentato, a cavallo tra la Valtellina e le Orobie bergamasche.
Tartano (1200 m) – Val Budria – Cima di Lemma (2348 m) – Passo di Tartano (2108 m) – Lago di Porcile (2030 m) – Tartano.
Periodo: Giugno 2021
Partenza: Tartano (1200 m)
Distanza: 23 km
Dislivello: 1500 m
Acqua: fontane nella parte iniziale e finale del percorso
GPX (clic dx, salva link con nome)
Era da un po’ che volevo esplorare la Val Tartano: una visita di Stefano e una domenica dal meteo perfetto sono state la scusa per lanciarmi! Valle laterale sul versante orobico della bassa Valtellina, parallela e simile alla Val Gerola, la Val Tartano offre percorsi ideali per la corsa in montagna in estate e per lo scialpinismo in inverno, che permettono di arrivare facilmente sopra i duemila metri con una vista spaziale sulle più belle cime valtellinesi e orobiche.
Il percorso che vi propongo è davvero poco battuto nella prima parte, da Tartano fino ai piani di Lemme passando per la bellissima Val Budria; la cima di Lemma, facilmente raggiungibile anche dalla bergamasca, è invece più frequentata e anche i laghetti del Porcile richiamano diverse persone nelle calde giornate estive. Lungo l’alta via GVO (Gran Via delle Orobie), in ogni caso, non ci sono rifugi che attraggano folle di escursionisti, per cui il giro risulta nel complesso tranquillo e piacevolmente corribile. Vi segnalo che nel mese di giugno si svolge qui una gara di corsa in montagna, il Rally estivo della Val Tartano.
Dopo avere parcheggiato a Tartano, poco prima della chiesa, proseguiamo a piedi fino al bar del paese, dove troveremo una quantità mostruosa di indicazioni. Non è necessario leggerle tutte, basta seguire quelle per la Val Corta in discesa verso destra: dovremo seguire la stradina lungo il fiume che si individua chiaramente dall’alto.
Dopo un paio di chilometri ci troviamo a un bivio, all’altezza di Ponte di Barbera: a sinistra si prosegue per la Val di Lemma, lungo il corso dell’omonimo torrente, mentre noi continuiamo dritto seguendo le chiare indicazioni per la Val Budria. Anche qui, seguiremo per un po’ il corso del fiume.
La stradina sterrata che si inoltra in Val Budria è quasi pianeggiante, con alcuni tratti in leggera salita. In generale, si può correre tutta. Prestate solo attenzione al primo bivio, circa mezzo chilometro dopo Ponte di Barbera: i bolli mandano a sinistra, di nuovo in Val di Lemma, mentre noi dobbiamo proseguire dritto lungo la nostra stradina, evidente nonostante l’assenza di segnavia.
Dopo un altro chilometro si vedrà un ponticello che attraversa il torrente. Lo utilizziamo per passare sull’altra sponda e proseguire nella stessa direzione. Superiamo una baita, dove troveremo una fontana, e continuiamo lungo un sentiero poco battuto, ma decisamente pulito dalla rigogliosa vegetazione del fondovalle – probabilmente grazie alla gara appena svoltasi. Finalmente raggiungiamo la fine della valle – che, per essere indicata come “Val Corta”, ci è sembrata piuttosto lunga! – e cominciamo a salire di quota. Siamo soli e circondati da una natura meravigliosa: marmotte, fiori di tutti i colori, cascate e un ultimo nevaio in scioglimento.
Il sentiero sale ora con decisione, facendoci guadagnare velocemente i circa 500 metri di altezza che ci separano dal panoramico pianoro chiaramente visibile anche dal basso, punto di arrivo della teleferica che passa alta sopra le nostre teste.
Passiamo da una graziosa casera e qui incrociamo la GVO (Gran Via delle Orobie), l’alta via che seguiremo da qui in avanti fino ai laghi di Porcile.
Non facciamo in tempo a rallegrarci delle indicazioni appena trovate, che subito perdiamo di vista i bolli in un enorme prato costellato di tane di marmotte. Poco male, non ci sono punti pericolosi e proseguiamo un po’ a caso nella direzione in cui ci hanno orientato i cartelli, verso la pietraia che si vede poco lontano. Prima della pietraia, scorgiamo un bollo e torniamo sul sentiero, ora ben visibile e segnato.
Un ultimo strappetto ci porta a una bocchetta non meglio identificata, da cui la vista si apre su quella che dovrebbe essere la Val di Lemma. Non essendo pratici della zona, facciamo fatica a identificare le cime e a orientarci, tanto più che non abbiamo ancora trovato nessuno a cui chiedere informazioni.
Ci lanciamo ora in una divertente discesa, sempre facendo attenzione a non perdere di vista i bolli che, nel prato, tendono di nuovo a sparire.
Un breve tratto in salita ci porta a un’altra bocchetta e a una nuova discesa fino ai Piani di Lemme, crocevia di sentieri, dove finalmente qualche cartello ci aiuta a orientarci: vediamo che il sentiero 116 prosegue verso il passo di Lemma e San Simone, nella bergamasca, mentre il nostro percorso verso la Cima di Lemma e il passo Tartano, sempre parte della GVO, è ora indicato come sentiero 101. Si tratta dunque del sentiero delle Orobie occidentali, che finora avevo percorso “solo” da Cassiglio a Passo San Marco! Buono a sapersi, prenderò ispirazione per un nuovo giro.
Attraversiamo un altro prato, con qualche bollo sparso qua e là, e ci dirigiamo verso le creste che vediamo ormai sempre più vicine. A questo punto basta seguire il filo di cresta fino alla cima di Lemma, che con i suoi 2348 m rappresenta il punto più alto del giro.
Si scende ora verso il passo di Tartano, circa 250 m più in basso e già visibile dalla cima, passando per le antiche trincee della linea Cadorna.
Dal passo di Tartano si prosegue dritto e in piano, seguendo le indicazioni per i laghi di Porcile, curiosamente dati a 20 e a 30 minuti di distanza da due cartelli a pochi centimetri l’uno dall’altro.
I tre laghetti compaiono ben presto alla nostra sinistra. Al bivio, seguiamo il sentiero che scende a sinistra in direzione del secondo lago – da quello più in alto non passeremo.
Dal lago, si seguono le indicazioni per Tartano. Non preoccupatevi delle due ore e mezza date dai cartelli: da qui alla macchina mancano solo 8 km, tutti in discesa su facile sentiero, sterrato e asfalto, per cui di corsa ci vuole meno di un’ora.
Alla fine del sentiero, prendiamo la strada sterrata verso destra che in un attimo ci porta al rifugio Il Pirata. Qui, se volete fermarvi, sarete serviti da un simpatico e gentilissimo pirata. Altrimenti potete semplicemente riempire le borracce alla fontana e proseguire lungo la carrozzabile in discesa che porta a Tartano.
La strada sterrata diventa infine asfaltata e finalmente spunta il campanile di Tartano. Gli ultimi chilometri sono piuttosto faticosi, sotto il sole e con tutte le auto che salgono al rifugio, ma ben presto siamo alla macchina pronti per cambiarci e premiarci con una birretta!