Anello da Delebio (26,5 km – 1300 m D+)
Un percorso vario, facile ma allenante, con una decina di chilometri completamente in piano lungo il Sentiero Valtellina e poi due salite belle toste: da Colico a Pianted0 e da qui a Osiccio in val Lesina.
Periodo: Marzo 2021
Partenza: Delebio
Distanza: 26,5 km
Dislivello: 1300 m
Acqua: niente fontane, qualche ruscello
GPX (clic dx, salva link con nome)
Se c’è una cosa che ho imparato dalle recenti esplorazioni in Valtellina, è che in inverno conviene volare basso. La neve è ancora tanta, in alcune valli il sole non arriva a sciogliere il ghiaccio fino a primavera inoltrata e sentieri che sulla carta sembrano facili possono presentare difficoltà impreviste.
Come dice Louis Oreiller (“Il pastore di stambecchi”, Ponte alle Grazie 2018), la montagna è così gentile da lanciare due o tre avvertimenti prima di fare male sul serio. Sta all’intelligenza di ciascuno saperli cogliere. Nel mio caso, ho capito che finché le temperature non si alzano significativamente mi conviene rimanere sotto quota 1000.
La sfida è diventata allora quella di trovare percorsi a saliscendi, per realizzare dislivello senza superare la soglia critica dei mille metri. Questo giro ad anello da Delebio è ideale: comincia con una decina di chilometri in piano, seguendo il sentiero Valtellina lungo il corso dell’Adda fino a Colico; risale poi in direzione del monte Legnone, con una salita davvero cattiva, + 700 m in un colpo solo; scende verso Piantedo, dove con sorpresa ho incrociato un tratto per me inedito del sentiero del Viandante; risale poi in Val Lesina verso Osiccio, da dove passa la GVO (Gran Via delle Orobie) e da qui scende infine a Delebio dalla ripida strada agro-silvo-pastorale Val Lesina.
Il punto di partenza è la Latteria Sociale Valtellina, ottima non solo come parcheggio ma anche come punto ristoro a fine corsa. Da qui si parte verso il centro di Delebio, proseguendo lungo viale Stelvio per meno di 1 km: alla seconda rotonda si svolta a destra, si passa prima sotto alla ferrovia, poi sotto alla superstrada, e si imbocca infine il Sentiero Valtellina in direzione Colico.
Personalmente ho trovato questo tratto, di circa 8 km, tra i più belli che abbia percorso sul Sentiero Valtellina: a destra il fiume Adda, a sinistra campi deserti se non per qualche airone solitario, sullo sfondo il Legnone innevato. Legnone che rimarrà una presenza costante per tutta la prima metà del giro.
Superiamo un ranch e la strada diventa sterrata, inoltrandosi nel bosco. A Colico mancano un paio di chilometri, come si apprende anche dalla chiara segnaletica del Sentiero Valtellina. L’Adda sfocia nel lago di Como e il percorso si fa sempre più panoramico, con spiagge incastonate tra le montagne e un ambiente che ricorda i fiordi norvegesi.
A una svolta del sentiero ci ritroviamo il Legnone di fronte, che spettacolo!
Si prosegue fino a Colico e da qui le indicazioni si fanno più confuse. Ho seguito per un tratto il percorso dei torrenti, dove purtroppo le indicazioni si perdono nel nulla, risalendo poi lungo via Chiaro da cui parte la strada carrozzabile per Fontanedo.
La strada da Chiaro comincia a inerpicarsi e la pendenza aumenta sempre di più. Incontriamo qualche cartello arancione del Sentiero del Viandante, ma le indicazioni da seguire sono quelle dell’anello di Fontanedo – fino appunto a Fontanedo – e il sentiero 1B per Monti Rusico, Alpe Scoggione, Monte Legnone.
Da Fontanedo la strada carrozzabile diventa sempre più sconnessa, fino a trasformarsi in ripido sentiero. A Monti Rusico (743 m) si può tirare brevemente il fiato lungo un tratto di carrozzabile, ma subito si ricomincia a salire lungo il sentiero 1B verso l’Alpe Scoggione e il Monte Legnone.
La salita ci porta oltre quota 900 m e il panorama si apre meravigliosamente su Colico e il lago di Como.
Si continua a guadagnare quota fino a incontrare le indicazioni per Piantedo: qui si abbandona il sentiero per il Legnone, dove ho tutte le intenzioni di tornare in estate, e si comincia la discesa.
Il sentiero è segnato, ma decisamente poco frequentato: mi ritrovo a navigare in un mare di foglie secche in compagnia di timidi cerbiatti, con i bolli bianchi e rossi sugli alberi come unico riferimento quando il sentiero proprio non si vede. Si procede lentamente, ma dopo appena un chilometro si arriva alla strada carrozzabile, che rende il resto della discesa molto più rapido. Si arriva infine a incrociare – e per me è stata una piacevolissima sorpresa – un tratto del Sentiero del Viandante di cui ignoravo l’esistenza, quello che collega Piantedo a Delebio.
Seguiamo i cartelli arancione del Viandante fino a incontrare un torrentello: qui si abbandona il sentiero principale, si attraversa il torrente e si prosegue in salita lungo un sentiero poco battuto e non bollato. Si attraversa un altro torrente, che dalla mappa sembrerebbe essere il torrente Tavani, in corrispondenza di un grosso albero caduto.
Un ultimo tratto di sdrucciolevole sentiero in salita permette di guadagnare la strada carrozzabile, lunga e noiosa, che va seguita da qui in poi fino a Osiccio, passando per il panoramico Dosso della Mida.
Superata una piazzola per l’elisoccorso, possiamo considerare finita la salita: prendiamo la ripidissima mulattiera in discesa per Osiccio, da dove passa un’altra via che ho intenzione di esplorare in estate, la Gran Via delle Orobie o GVO. Senza entrare nell’abitato, si svolta a destra e si prosegue in discesa, senza possibilità d’errore, fino a Delebio. La mulattiera è terribilmente ripida e sconnessa, per cui non si riesce a correre veloce; si arriva tuttavia in fretta al paese, dove si ritrovano le indicazioni del Viandante. Da qui basta seguire il corso del torrente Lesina per arrivare al punto di partenza.
Verso il Moregallo e oltre (27,5 km – 1750 m D+)
30 Marzo 2021 by marta • Lario Tags: anello, canzo, civate, corni di canzo, cornizzolo, corsa in montagna, creste, gajum, madonna della neve, Moregallo, percorso, preguda, rifugio SEV, sambrosera, sasso, senterun, trail running, triangolo lariano, valmadrera • 2 Comments
Percorso ad anello da Civate: santuario Madonna della neve, Canzo, rifugio SEV ai piedi dei Corni, creste del Moregallo (EE), sasso di Preguda.
Periodo: Marzo 2021
Partenza: Civate, via Cerscera
Distanza: 27,5 km
Dislivello: 1750 m
Acqua: fonte di Gajum, Prim’alpe, sorgente sul sentiero 5, fonte di Sambrosera, Valmadrera
GPX (clic dx, salva link con nome)
Voleva essere un giro più lungo, ma anche così ne è uscito un bel percorso. Con Meme siamo partiti nel primo pomeriggio e siamo arrivati con il buio, godendoci la parte più bella del giro – le creste del Moregallo – con la luce calda del tramonto.
La partenza è da Civate, via Cerscera. Da qui si prende la scalinata in salita tra le case e si seguono i cartelli per San Pietro fino alla località Pozzo. Alla fine di via del Pozzo, dove normalmente si svolta a destra per andare verso San Pietro e il Cornizzolo, abbiamo preso il sentiero a sinistra per Suello.
Questo sentiero è stato una super scoperta: grazioso e panoramico, in un paio di chilometri di leggera discesa ci ha portato a Suello, dove comincia la direttissima per il Cornizzolo. Ignorando anche questo percorso arcinoto, abbiamo proseguito, ora in leggera salita, lungo la strada che porta a Cesana Brianza e al parco del Roccolo. Si costeggia questo piccolo parco continuando a salire, ora su sterrato, fino al santuario Madonna della neve (440 m), da cui si apre un bello scorcio sul lago di Pusiano.
Senza superare il santuario, bisogna prendere il sentiero un po’ nascosto che sale verso destra, seguendo le indicazioni per il Cornizzolo.
Si sale per poco lungo una strada sterrata e, al tornante, si prende il sentiero non indicato che prosegue dritto nel bosco. Basta ora continuare lungo questo sentiero fino a incrociare la strada a tornanti che da Eupilio sale verso il Cornizzolo, e proseguire lungo questa strada in salita fino al punto in cui, sulla sinistra, si trovano le indicazioni per il cosiddetto Senterùn.
Questo sentiero, facile e bene indicato, alterna tratti in piano a qualche salitella, per poi scendere a tutta verso Canzo. Qui si prende la strada verso destra che in breve porta alla fonte di Gajum, primo importante punto acqua del giro. Attenzione, la fonte è un po’ nascosta dietro il parcheggio.
Superata la fonte, si prende la mulattiera in salita verso sinistra seguendo le indicazioni per Prim’alpe (725 m). Anche qui troveremo una bella fonte di acqua fresca.
Si continua brevemente lungo la mulattiera verso Second’alpe e Terz’alpe, ma ben presto si raggiunge un bivio. Si abbandona qui la mulattiera per prendere il sentiero n. 5 in direzione rifugio SEV ai Corni.
Il sentiero ci fa guadagnare un po’ di quota, per poi proseguire con lunghi tratti in piano alternati a salitelle non troppo faticose. Poco prima di arrivare al SEV si incontra una sorgente, ultimo punto acqua per parecchio tempo.
Davanti al rifugio SEV (1276 m) abbiamo trovato ancora della neve, nonostante la primavera inoltrata. Sulla destra si stagliano i Corni di Canzo, mentre a sinistra la vista può spaziare fino al lago di Como. Dal rifugio siamo scesi verso sinistra nel prato innevato, dove si trovano diverse indicazioni: abbiamo seguito quelle per il sentiero n. 6 verso il Moregallo.
Sui cartelli la difficoltà non è indicata, ma il sentiero delle creste non è proprio escursionistico: lo definirei un EE, per escursionisti esperti, sebbene non sia difficile. Chi non se la sentisse può sempre tagliare il giro prendendo il facile sentiero n. 4 per San Tomaso, ma tenete conto che in questo modo ci si perde la parte migliore del giro!
Dopo un tratto in leggera discesa nel bosco, riprendiamo a salire e ben presto ci ritroviamo fuori dalla vegetazione, in un ambiente che diventa sempre più selvaggio.
Si rimane sempre sul filo di cresta, anche se volendo c’è un sentiero – non so se e quanto più semplice – che passa poco più in basso. Bisogna prestare attenzione in alcuni punti sdrucciolevoli: anche se l’esposizione non è mai eccessiva, qua e là si aprono degli strapiombi notevoli! La vista, in compenso, è spettacolare.
Dopo qualche saliscendi, si arriva a un ultimo tratto di ripida salita in un canalino attrezzato con qualche catena: niente di difficile, ma dal mio punto di vista sufficiente a classificare il sentiero come EE.
Superato questo tratto, sbuchiamo sull’ampia cima erbosa del Moregallo (1276 m), che soprattutto all’ora del tramonto rimane per me la montagna più bella del triangolo lariano.
Si superano la madonnina e la croce di vetta, proseguendo lungo il sentiero in discesa fino alla bocchetta di Sambrosera (1192 m). Da qui si prosegue dritto in direzione Valmadrera via Preguda. Se invece si volesse tagliare il giro, basta prendere il sentiero in discesa verso destra che porta direttamente alla fonte di Sambrosera, senza passare dal Sasso di Preguda. Entrambi i sentieri sono ripidi e sdrucciolevoli, ma non particolarmente difficili.
A un nuovo bivio prendiamo a sinistra in direzione Preguda, mentre il buio incipiente mette fretta a Meme, che voglioso di arrivare a destinazione prende il primo sasso che trova per il Sasso di Preguda. Quando finalmente ci arriveremo, si scoprirà che il Sasso di Preguda è davvero inconfondibile.
Si svolta ora tutto a destra seguendo le indicazioni per Sambrosera. Il sentiero è lungo traverso, panoramico e più o meno pianeggiante; in alcuni tratti è un po’ esposto – sconsigliato con neve e ghiaccio.
Arriviamo infine alla fonte di Sambrosera, crocevia di sentieri per il Moregallo. Da qui saremmo dovuti risalire verso il Cornizzolo, ma Meme ormai pensava solo alla sua pasta alla nduja e così abbiamo deciso di rientrare dalla via più breve. Abbiamo quindi preso il sentiero n. 5 in discesa verso Valmadrera, arrivando ben presto alla strada carrozzabile per San Tomaso, dove una fontanella ci ha permesso un ultimo rifornimento d’acqua.
Abbiamo poi seguito la carrozzabile in discesa fino a Frazione Belvedere e da qui la strada per Valmadrera, affidandoci infine a google maps per i 5 km rimasti da qui a Civate.