Contravvenendo a tutti i miei principi, ho accettato l\’invito a partecipare a un giro lineare, lasciando una macchina alla partenza (Cassiglio) e una all\’arrivo (Ca’ San Marco). Tendenzialmente preferisco i percorsi ad anello, quelli che un runner può decidere, se vuole, di fare da solo. Se però siete in gruppo, avete due macchine a disposizione e volete evitare le strade asfaltate, scegliendo un lungo percorso esclusivamente su sentiero, questo giro fa per voi.
In alternativa ci sarebbe la possibilità di chiudere un anello, rinunciando all’ultimo tratto (molto bello) dal rifugio Benigni a Ca’ San Marco e lasciando il sentiero n. 101 all\’altezza del Benigni per prendere il 107 verso Ornica; da qui, con un tratto non troppo lungo di strada asfaltata, si può tornare a Cassiglio. Non l\’ho provato, ma dalle mappe sembra fattibile.
Il sentiero delle Orobie occidentali, o 101, comincia appunto a Cassiglio. Se si ha in mente di tornare da Ornica, conviene lasciare la macchina lungo la strada principale; altrimenti, si prende via del Lago (strada a pagamento) e si parcheggia all\’altezza del lago o poco più sopra.
Si tratta di un sentiero tendenzialmente bene indicato. Seguiamo i bolli bianco/rossi su per il bosco, in direzione del passo di Baciamorti. Il sentiero non è ripidissimo, ma sale con decisione. Sbucando dal bosco, ci ritroviamo in un paesaggio aperto, arioso, tra grandi prati dove correre sarà davvero un piacere. Dal passo di Baciamorti (1540 m) proseguiamo per la bocchetta di Regadur (1853 m) e poi in falsopiano verso il Rifugio Nicola (1900 m). Dalla bocchetta di Regadur si apre la vista sulla bella val Taleggio: verso sinistra troviamo infatti le indicazioni per il rifugio Gherardi. Successivamente passiamo ai piedi del Sodadura, inconfondibile piramide alla nostra sinistra, per poi finalmente riconoscere la sagoma futurista del Nicola di fronte a noi.
Poco più in alto del Nicola troviamo il Rifugio Cazzaniga, ma non ci passiamo: continuiamo a seguire le indicazioni per il sentiero n. 101, in direzione Rifugio Lecco e Piani di Bobbio. A un primo bivio ignoriamo il sentiero che si stacca verso sinistra e continuiamo dritto, in leggera salita. Poco dopo passiamo la baita di Bocca Campelli e incontriamo un nuovo bivio: il sentiero n. 101 continua verso destra, aggirando lo Zuccone Campelli e scavallando verso i Piani di Bobbio dalla bocchetta dei Megoffi (2020 m) – consiglio caldamente questa strada a chi non si senta del tutto a proprio agio su un sentiero attrezzato.
Noi abbiamo invece fatto una piccola deviazione alpinistica e al bivio siamo andati a sinistra, in salita per il sentiero che porta allo Zucco di Pesciola e allo Zuccone Campelli. Da qui bisogna scendere verso i Piani di Bobbio, in basso a sinistra rispetto alla direzione da cui arriviamo, e da qualunque parte si guardi la discesa ha tutta l’aria di essere particolarmente ripida e scoscesa. Prendiamo come riferimento il Cristo delle Vette, riconoscibilissima scultura in ferro battuto. Ci dirigiamo da quella parte, seguendo un sentiero che ben presto si trasforma in una breve ferrata in discesa. Ci caliamo con l’aiuto di qualche catena e perdiamo un po’ di quota, per poi affrontare un tratto di canale ghiaioso e sdrucciolevole. Di fronte a noi si aprono i Piani di Bobbio, alle nostre spalle l’imponente parete rocciosa che offre agli scalatori un’ampia scelta di ferrate e vie di arrampicata.
Arrivati al Rifugio Lecco (1779 m) prendiamo la strada sterrata in discesa verso i Piani di Bobbio e la seguiamo in un’ampia curva verso destra. Incontriamo poi le indicazioni per il Rifugio Grassi, prossima tappa del nostro giro. Seguendo i cartelli imbocchiamo il sentiero che si stacca dalla strada verso sinistra, e che ci permette di correre per un paio di chilometri più o meno in piano, con qualche saliscendi nel bosco. Questa zona è generalmente più affollata di quelle attraversate finora, in quanto più facilmente raggiungibile. Nel bosco dovremo forse fare un po’ di slalom tra gli escursionisti, e continueremo a superarne da qui alla Grassi.
Il tratto corribile termina bruscamente all’altezza dello Zucco del Corvo, dove ci aspetta una ripida salita che in mezzo chilometro ci fa guadagnare circa 300 metri. Nota positiva di questo tratto, abbiamo finalmente la possibilità di riempire le borracce non a pagamento: lungo il sentiero che sale impietoso sotto il sole, infatti, troviamo l’unica fonte di tutto il giro, una specie di rubinetto che sembra sbucare dal nulla tra le rocce.
Continuiamo a seguire il sentiero, semplice, che ci porta al Rifugio Grassi (1987 m). A questo punto abbiamo superato la metà del giro e possiamo concederci una meritata pausa, cercando di non invidiare troppo la polenta con brasato degli escursionisti mentre sgranocchiamo una triste barretta energetica. Al rifugio c’è una fontana, che però noi abbiamo trovato secca.
Riprendiamo a correre verso il Pizzo dei Tre Signori, che adesso si staglia davanti a noi. A voler strafare, si potrebbe salire in cima e riprendere il sentiero delle Orobie occidentali sul versante opposto, ma il nostro giro è già lungo e non ci sembra il caso di aggiungere ulteriore dislivello. Seguiamo dunque il sentiero n. 101, che fa un lungo giro a destra del Pizzo e diventa via via più scosceso. Superiamo delle roccette attrezzate con catene, prendiamo un po’ di dislivello e affrontiamo poi un tratto in piano, dove però è difficile correre: il sentiero in questo punto è infatti molto stretto e a tratti sdrucciolevole, bisogna prestare attenzione a dove si mettono i piedi.
Superato il Pizzo, la vista si apre alla nostra sinistra sui laghi della Val Gerola. A questo punto l’ambiente è bellissimo, selvaggio e semideserto: pochi escursionisti dalla Grassi si spingono fin qui. È zona di stambecchi, guardatevi intorno.
Saliamo faticosamente fino alla Bocca di Trona (2224 m), e da qui al Rifugio Benigni manca poco: il sentiero n. 101 prosegue ora quasi in piano, aggirando un costone roccioso e svoltando a sinistra. Perdiamo un po’ di quota e ricominciamo a salire, ma in breve siamo al Benigni (2222 m).
Da qui mancano circa 10 km e circa 2-300 m di salita, tra vari saliscendi. Per arrivare a Ca’ San Marco affrontiamo prima una ripida discesa verso il Passo Salmurano (2017 m), dove dobbiamo stare attenti a seguire le indicazioni per il sentiero n. 101 evitando di scendere a Ornica (a meno che abbiamo una sola macchina a Cassiglio, nel qual caso è proprio qui che bisogna scendere con il sentiero n. 107).
Nell\’ultima parte del percorso la fatica si fa sentire, ma il paesaggio è davvero bello. Finalmente a Ca’ San Marco (1830 m) ci aspettano birra a volontà, cibo e la macchina che ci riporterà a valle.
Lungo il Sentiero delle Orobie occidentali (41 km – 3085 D+)
10 Ottobre 2018 by marta • Orobie Tags: corsa in montagna, montagna, orobie occidentali, rifugio benigni, rifugio grassi, rifugio lecco, sentiero, trail running, traversata • 0 Comments
Traversata da Cassiglio a Ca’ San Marco
Periodo: Luglio 2018
Partenza: Cassiglio (602 m)
Arrivo: Rifugio Ca\’ San Marco (1830 m)
Distanza: 41 km
Dislivello: 3085 m
Acqua: quasi niente, portare scorta abbondante e soldi per acquistarla nei rifugi.
GPX (clic dx, salva link con nome)
Contravvenendo a tutti i miei principi, ho accettato l\’invito a partecipare a un giro lineare, lasciando una macchina alla partenza (Cassiglio) e una all\’arrivo (Ca’ San Marco). Tendenzialmente preferisco i percorsi ad anello, quelli che un runner può decidere, se vuole, di fare da solo. Se però siete in gruppo, avete due macchine a disposizione e volete evitare le strade asfaltate, scegliendo un lungo percorso esclusivamente su sentiero, questo giro fa per voi.
In alternativa ci sarebbe la possibilità di chiudere un anello, rinunciando all’ultimo tratto (molto bello) dal rifugio Benigni a Ca’ San Marco e lasciando il sentiero n. 101 all\’altezza del Benigni per prendere il 107 verso Ornica; da qui, con un tratto non troppo lungo di strada asfaltata, si può tornare a Cassiglio. Non l\’ho provato, ma dalle mappe sembra fattibile.
Il sentiero delle Orobie occidentali, o 101, comincia appunto a Cassiglio. Se si ha in mente di tornare da Ornica, conviene lasciare la macchina lungo la strada principale; altrimenti, si prende via del Lago (strada a pagamento) e si parcheggia all\’altezza del lago o poco più sopra.
Si tratta di un sentiero tendenzialmente bene indicato. Seguiamo i bolli bianco/rossi su per il bosco, in direzione del passo di Baciamorti. Il sentiero non è ripidissimo, ma sale con decisione. Sbucando dal bosco, ci ritroviamo in un paesaggio aperto, arioso, tra grandi prati dove correre sarà davvero un piacere. Dal passo di Baciamorti (1540 m) proseguiamo per la bocchetta di Regadur (1853 m) e poi in falsopiano verso il Rifugio Nicola (1900 m). Dalla bocchetta di Regadur si apre la vista sulla bella val Taleggio: verso sinistra troviamo infatti le indicazioni per il rifugio Gherardi. Successivamente passiamo ai piedi del Sodadura, inconfondibile piramide alla nostra sinistra, per poi finalmente riconoscere la sagoma futurista del Nicola di fronte a noi.
Poco più in alto del Nicola troviamo il Rifugio Cazzaniga, ma non ci passiamo: continuiamo a seguire le indicazioni per il sentiero n. 101, in direzione Rifugio Lecco e Piani di Bobbio. A un primo bivio ignoriamo il sentiero che si stacca verso sinistra e continuiamo dritto, in leggera salita. Poco dopo passiamo la baita di Bocca Campelli e incontriamo un nuovo bivio: il sentiero n. 101 continua verso destra, aggirando lo Zuccone Campelli e scavallando verso i Piani di Bobbio dalla bocchetta dei Megoffi (2020 m) – consiglio caldamente questa strada a chi non si senta del tutto a proprio agio su un sentiero attrezzato.
Noi abbiamo invece fatto una piccola deviazione alpinistica e al bivio siamo andati a sinistra, in salita per il sentiero che porta allo Zucco di Pesciola e allo Zuccone Campelli. Da qui bisogna scendere verso i Piani di Bobbio, in basso a sinistra rispetto alla direzione da cui arriviamo, e da qualunque parte si guardi la discesa ha tutta l’aria di essere particolarmente ripida e scoscesa. Prendiamo come riferimento il Cristo delle Vette, riconoscibilissima scultura in ferro battuto. Ci dirigiamo da quella parte, seguendo un sentiero che ben presto si trasforma in una breve ferrata in discesa. Ci caliamo con l’aiuto di qualche catena e perdiamo un po’ di quota, per poi affrontare un tratto di canale ghiaioso e sdrucciolevole. Di fronte a noi si aprono i Piani di Bobbio, alle nostre spalle l’imponente parete rocciosa che offre agli scalatori un’ampia scelta di ferrate e vie di arrampicata.
Arrivati al Rifugio Lecco (1779 m) prendiamo la strada sterrata in discesa verso i Piani di Bobbio e la seguiamo in un’ampia curva verso destra. Incontriamo poi le indicazioni per il Rifugio Grassi, prossima tappa del nostro giro. Seguendo i cartelli imbocchiamo il sentiero che si stacca dalla strada verso sinistra, e che ci permette di correre per un paio di chilometri più o meno in piano, con qualche saliscendi nel bosco. Questa zona è generalmente più affollata di quelle attraversate finora, in quanto più facilmente raggiungibile. Nel bosco dovremo forse fare un po’ di slalom tra gli escursionisti, e continueremo a superarne da qui alla Grassi.
Il tratto corribile termina bruscamente all’altezza dello Zucco del Corvo, dove ci aspetta una ripida salita che in mezzo chilometro ci fa guadagnare circa 300 metri. Nota positiva di questo tratto, abbiamo finalmente la possibilità di riempire le borracce non a pagamento: lungo il sentiero che sale impietoso sotto il sole, infatti, troviamo l’unica fonte di tutto il giro, una specie di rubinetto che sembra sbucare dal nulla tra le rocce.
Continuiamo a seguire il sentiero, semplice, che ci porta al Rifugio Grassi (1987 m). A questo punto abbiamo superato la metà del giro e possiamo concederci una meritata pausa, cercando di non invidiare troppo la polenta con brasato degli escursionisti mentre sgranocchiamo una triste barretta energetica. Al rifugio c’è una fontana, che però noi abbiamo trovato secca.
Riprendiamo a correre verso il Pizzo dei Tre Signori, che adesso si staglia davanti a noi. A voler strafare, si potrebbe salire in cima e riprendere il sentiero delle Orobie occidentali sul versante opposto, ma il nostro giro è già lungo e non ci sembra il caso di aggiungere ulteriore dislivello. Seguiamo dunque il sentiero n. 101, che fa un lungo giro a destra del Pizzo e diventa via via più scosceso. Superiamo delle roccette attrezzate con catene, prendiamo un po’ di dislivello e affrontiamo poi un tratto in piano, dove però è difficile correre: il sentiero in questo punto è infatti molto stretto e a tratti sdrucciolevole, bisogna prestare attenzione a dove si mettono i piedi.
Superato il Pizzo, la vista si apre alla nostra sinistra sui laghi della Val Gerola. A questo punto l’ambiente è bellissimo, selvaggio e semideserto: pochi escursionisti dalla Grassi si spingono fin qui. È zona di stambecchi, guardatevi intorno.
Saliamo faticosamente fino alla Bocca di Trona (2224 m), e da qui al Rifugio Benigni manca poco: il sentiero n. 101 prosegue ora quasi in piano, aggirando un costone roccioso e svoltando a sinistra. Perdiamo un po’ di quota e ricominciamo a salire, ma in breve siamo al Benigni (2222 m).
Da qui mancano circa 10 km e circa 2-300 m di salita, tra vari saliscendi. Per arrivare a Ca’ San Marco affrontiamo prima una ripida discesa verso il Passo Salmurano (2017 m), dove dobbiamo stare attenti a seguire le indicazioni per il sentiero n. 101 evitando di scendere a Ornica (a meno che abbiamo una sola macchina a Cassiglio, nel qual caso è proprio qui che bisogna scendere con il sentiero n. 107).
Nell\’ultima parte del percorso la fatica si fa sentire, ma il paesaggio è davvero bello. Finalmente a Ca’ San Marco (1830 m) ci aspettano birra a volontà, cibo e la macchina che ci riporterà a valle.