Traversata in val Bodengo (25,7 km – 2060 m D+)
Da Pra Pincé (Gordona) salita al lago Ledù (2.247 m), traversata panoramica in un ambiente selvaggio e incontaminato, discesa al lago di Darengo, salita al passo Crocetta (2.201 m) e discesa lungo la val Bodengo.
Periodo: Luglio 2019
Partenza: Pra Pincé, Gordona (917 m)
Distanza: 25,7 km
Dislivello: 2060 m
Acqua: fontana all’Alpe Campo, nella prima parte del giro, e poi agli alpeggi negli ultimi km. Per il resto si incontrano ruscelli, ma ci sono anche molti animali al pascolo per cui l’acqua potrebbe non essere sicura.
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Conosciuta generalmente per il canyoning, altrimenti quasi inesplorata, la Val Bodengo è un vero paradiso per chi ama l’alta montagna. Pur senza arrivare a quote eccezionali, questo giro si svolge in gran parte in un ambiente selvaggio, tra laghi alpini, pietraie, bocchette e vallate dove il sentiero è un’invisibile linea tra sporadici bolli e l’unica compagnia è data da pecore e marmotte. Non lasciatevi ingannare dal chilometraggio relativamente limitato: questo giro è lunghissimo, impossibile da correre se non negli ultimi chilometri. Fate pace con la lentezza e godetevi con calma i panorami che si aprono, sempre nuovi e spettacolari, a ogni bocchetta che si attraversa. Prima di intraprendere questo giro, consiglio vivamente di scaricare la traccia gpx e di verificare che non ci sia più neve.
La strada di accesso a Pra Pincé (915 m), punto di partenza del giro, è a pagamento. Il ticket si acquista a Gordona, presso il bar caffé S. Martino, e costa 6 euro (luglio 2019).
Arrivati a Pra Pincé, si parcheggia lungo la strada e si continua di corsa fino a incontrare sulla sinistra un ponticello che attraversa il torrente, e le indicazioni per Alpe Campo. Dobbiamo seguire questo sentiero, chiaramente segnalato da bolli bianco-rossi, guadagnando quota nel bosco dapprima lentamente, poi con pendenza sempre crescente. Passeremo sotto un’imponente parete di roccia nera, chiamata “Caduta dei Giganti”, e proseguiremo in ripida salita per una bella abetaia.
Il bosco si apre improvvisamente verso i 1600 m, quando appare l’Alpe Campo con il fragore del torrente e lo sfondo di una spettacolare corona di vette: Pizzo Anna Maria, Pizzo d’Alterno, Pizzo Ledù e Monte Rabbi. Riempiamo le borracce alla fontana, l’unica che troveremo per molti chilometri, e attraversiamo tutto l’alpeggio seguendo i soliti bolli bianco-rossi verso il fondo della valle, in direzione della bocchetta del Cannone e del lago Ledù. La salita è bellissima, tra enormi placche di granito e rododendri in fiore – il periodo ideale è fine giugno, ma attenzione ai piccoli nevai che possono rimanere fino a estate inoltrata.
Incontreremo un solo bivio a metà della salita, dove dobbiamo mantenere la sinistra. Il sentiero a questo punto non esiste praticamente più, ma seguendo i bolli si capisce sempre chiaramente qual è la direzione da seguire. Il percorso verso la bocchetta, d’altra parte, è piuttosto intuitivo: è l’unica breccia da cui si può pensare di superare l’altrimenti impenetrabile catena di montagne che si staglia di fronte a noi.
La salita diventa sempre più ripida man mano che ci avviciniamo alla bocchetta del Cannone (2.275 m), il punto più alto del giro. Risaliamo le ultime roccette e superiamo il passo, piuttosto ventoso, da cui si apre la vista sul lago Ledù, il bivacco Petazzi e, sullo sfondo, il lago di Como da una prospettiva insolita! Scendiamo verso il bivacco, che è davvero grazioso e ben tenuto, oltre a trovarsi in una posizione invidiabile.
Si prosegue verso destra, e da qui in poi ci si trova davvero nella terra di nessuno: i pochi escursionisti che si avventurano fin qui, infatti, hanno generalmente come meta il Pizzo Ledù, e vi diranno che è una follia affrontare la lunga traversata in val Cavrig verso passo San Pio e il lago di Darengo. Traversata che, invece, è il primo obiettivo e rappresenta la parte più spettacolare di questo giro.
Si tratta di circa 5 km di saliscendi, che pur senza grandi salite saranno i chilometri più lenti del giro: si percorrono piano piano, lo sguardo sempre alla ricerca dei rari bolli che, soli, permettono l’orientamento; più che correre si saltella di roccia in roccia, superando un passo dopo l’altro, scollinando dopo ogni bocchetta in un nuovo anfiteatro di cime acuminate e paesaggi spettacolari. L’ambiente è estremamente severo e incute una certa soggezione.
Superiamo un laghetto e proseguiamo in discesa per l’enorme pietraia, seguendo la traccia gpx e tenendo sempre d’occhio i bolli. Infine intraprendiamo la ripida salita, la penultima del nostro giro, verso il passo San Pio (2.182 m), sul quale svetta l’omonimo Pizzo, e sbuchiamo finalmente in vista del lago di Darengo.
Da che parte si prosegue?, ci si chiederà a questo punto. Purtroppo non c’è alternativa al ripido, sdrucciolevole canalone che metterà a dura prova le capacità dei migliori discesisti e farà perdere un sacco di tempo a chi, come me, in discesa proprio non è capace.
Si scende faticosamente fino al lago – dove eventualmente si può fare un tuffo rinfrescante – e ci si dirige verso Capanna Como (1.790 m). Bisogna circumnavigare il lago tenendolo alla propria destra, seguendo inizialmente le indicazioni per il Passo dell’Orso. Affrontiamo l’ultima, faticosa salita dapprima su comodo sentiero, poi dispersi tra le rocce con la sola guida della traccia gpx, qui davvero indispensabile. Mentre, infatti, il sentiero devia verso sinistra, noi dobbiamo svoltare a destra e risalire fino al passo Crocetta (2.201 m).
Si tratta dell’ultimo passo: di qui in poi ci aspetta una discesa di una decina di chilometri nella valle che si apre ai nostri piedi, che poi altro non è che la Val Bodengo. Bisogna prestare attenzione nel primo tratto, molto ripido e anche un po’ esposto; si prosegue su pietraia e infine il sentiero, finalmente, si addolcisce e permette quantomeno di corricchiare. Seguiamo senza possibilità d’errore le indicazioni per Bodengo e, qui giunti, proseguiamo sempre in discesa lungo la strada che ci ricondurrà a Pra Pincé.
Giro alto in Valmalenco (27,8 km – 1900 m D+)
23 Luglio 2019 by marta • Valtellina Tags: alpe gembré, alta via, campagneda, campo moro, cima fontana, confinale, corsa in montagna, diga, fellaria, forca di fellaria, gembre, ghiacciaio, lago di gera, rifugio bignami, rifugio carate, trail running, val poschiavina, valmalenco • 0 Comments
Dal lago di Campo Moro (1.996 m) al rifugio Carate (2.636 m) – Alta Via della Valmalenco fino al rifugio Bignami (2.401 m) – discesa verso il lago di Gera – Alpe Gembré (2.213 m) – passo Confinale (2.628 m) – Cima Fontana (3.068 m) – ritorno a Campo Moro lungo il lago di Gera.
Periodo: Luglio 2019
Partenza: Campo Moro (1.996 m)
Distanza: 27,8 km
Dislivello: 1.900 m
Acqua: fontana all’alpe Gembré, più numerosi ruscelli e torrenti.
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Un giro spettacolare, tutto sopra i 2.000 m, che attraversa la Valmalenco con scorci meravigliosi sul ghiacciaio Fellaria e sul lago di Gera, portandoci anche a conquistare una vetta oltre i 3.000 m. Le difficoltà tecniche sono minime, ma anche in piena estate è meglio avere nello zainetto un minimo di attrezzatura per l’alta montagna: ramponcini, bastoncini e giacca antivento.
Si parte da Campo Moro, dal parcheggio (gratuito) davanti al rifugio Poschiavino. Ci scaldiamo le gambe prendendo la strada che con una curva a gomito svolta tutto a sinistra, in discesa, verso la diga del lago di Campo Moro. Attraversiamo la diga e proseguiamo ancora per un breve tratto in discesa fino a incontrare di fronte a noi, nel punto in cui la strada svolta a sinistra per l’Alpe Musella, il sentiero che sale verso il rifugio Carate. Una prima salita ci porta a guadagnare circa 200 metri di dislivello, dopodiché possiamo tirare il fiato con un chilometro abbondante di sentiero semipianeggiante nel bosco. Di nuovo il percorso si impenna con uno strappo in cui saliamo di altri 500 metri, arrivando al rifugio Carate (2.636 m).
Si prosegue ora verso destra, lungo l’Alta Via della Valmalenco, in direzione del rifugio Bignami. Tra roccette, sfasciumi e residui di neve bisogna muoversi con cautela, senza perdere di vista i bolli bianco-rossi che indicano la retta via in mancanza di un vero e proprio sentiero da seguire. Dopo un tratto più o meno pianeggiante, una nuova salita ci porta a quota 2.820 m, alla Forca di Fellaria. Da qui la vista può spaziare a trecentosessanta gradi sull’ambiente maestoso intorno a noi, dal Sasso Moro al Monte delle Forbici alla Cima Fontana – meta, quest’ultima, del nostro giro.
Proseguiamo ora in discesa verso l’Alpe di Fellaria e il rifugio Bignami. Pietraie e nevai lasciano gradualmente il posto a una valle bucolica, con ampi prati verdi e un bel torrente spumeggiante che abbiamo giudicato abbastanza sicuro per rifornirci d’acqua. Di fronte a noi la vista si apre su quello che è rimasto del ghiacciaio Fellaria.
Giunti al rifugio Bignami (2.401 m), che gode di una posizione davvero invidiabile ai piedi del ghiacciaio e sopra il lago di Gera, imbocchiamo il sentiero in discesa verso sinistra, seguendo le chiare indicazioni per Gembré, Val Poschiavina, Passo Confinale.
Perdiamo quota fino ad arrivare praticamente al livello del lago, per poi ricominciare a salire verso l’Alpe Gembré. Poco dopo l’inizio della salita, incontreremo un bivio dove dobbiamo tenere la destra per poter attraversare il torrente all’altezza di un ponticello: il sentiero di sinistra porta sempre all’Alpe Gembré, ma costringe a un guado un po’ antipatico.
L’alpeggio, abitato durante i mesi estivi dai pastori, vanta una vista forse ancora più bella del Bignami, dal lago di Gera al ghiacciaio sovrastante. Qui troviamo, finalmente, una fontana dove rinfrescarci e rifornirci d’acqua.
Abbandoniamo ora il sentiero che percorre il perimetro del lago di Gera e imbocchiamo quello in salita verso il passo Confinale e il bivacco Anghileri-Rusconi.
Una ripida salita ci condurrà a un ampio pianoro, dove incontreremo, sulla destra, delle indicazioni per la Val Poschiavina: dovrebbe esserci qui un sentiero, che però noi non abbiamo trovato. Proseguiamo comunque dritto, in leggera salita, fino al passo Confinale, che separa formalmente l’Italia dalla Svizzera, la Valmalenco dalla Val Poschiavo. Qui continuiamo a salire verso sinistra, arrivando ben presto al bivacco Anghileri-Rusconi (2.654 m), ben visibile per il suo colore arancio fiamma.
Si supera il bivacco e si prosegue in ripida salita, cercando di non perdere di vista i bolli bianco-rossi e i sempre più rari tratti di sentiero evidente. Il nostro percorso verso la Cima Fontana è comunque l’unico evidenziato dai segnavia, per cui è difficile sbagliare.
Ma la traccia tra rocce, sfasciumi e nevai diventa via via più labile, in un paesaggio che si fa sempre più selvaggio, lunare. Tra i residui di neve scrosciano piccoli e grandi corsi d’acqua, che qua e là formano cascatelle e laghetti, mentre sullo sfondo domina il ghiacciaio Fellaria. Uno spettacolo davvero magnifico.
Seguiamo il sentiero lungo un’ampia curva verso sinistra e arriviamo finalmente alla cresta sommitale, che percorriamo prestando attenzione ai pochi tratti esposti. Qui il sentiero è praticamente inesistente, ci muoviamo seguendo i bolli tra rocce e sfasciumi. Siamo ormai oltre i 3000 metri e la quota si fa sentire nelle gambe e nei polmoni.
Dalla vetta (3.068 m) si dovrebbe godere di un panorama impagabile… anche se noi non siamo stati fortunati con il meteo!
Torniamo ora sui nostri passi, ripassando per il bivacco, il passo Confinale, giù per il pianoro e fino all’Alpe Gembré, che vista dall’alto è ancora più bella.
All’alpeggio, riprendiamo il giro del lago di Gera laddove lo avevamo interrotto per salire alla Cima Fontana: questo facile sentiero, molto bello e panoramico in quanto costeggia appunto il lago, ci porterà in 5 km – in gran parte in discesa, ma con ancora qualche breve tratto di salita – alla diga del lago di Gera e, da qui, alla strada asfaltata che ci ricondurrà a Campo Moro.