Giro del Confinale (41,5 km – 2050 m D+)
Periodo: Agosto 2018
Partenza: Niblogo (1600 m)
Distanza: 41,5 km
Dislivello: 2050 m
Acqua: si trovano fontane praticamente dappertutto, ma consiglio di riempire le borracce prima della Baita Pastori (l’unico tratto lungo senza acqua è quello che va dalla salita al Quinto Alpini al Rifugio Pizzini).
GPX (clic dx, salva link con nome)
Un giro davvero spettacolare, che si presta particolarmente bene al trail running. Per i primi 10 km, infatti, si corre piacevolmente su strada sterrata, guadagnando dislivello poco per volta e senza troppa fatica. Dopodiché comincia una salita piuttosto impegnativa che porta in ambiente di alta montagna: si sale dapprima al Rifugio Quinto Alpini, che gode di una posizione davvero unica, si scende poi per un tratto su ghiaione e si risale al passo Zebrù, punto più alto del giro con i suoi 3001 m. Da qui si scende al Rifugio Pizzini e si ricomincia a correre su comodo sentiero, con vari saliscendi, per una dozzina di chilometri, prima di arrivare agli ultimi 5 km tutti in discesa fino a Niblogo.
Il parcheggio a Niblogo è piuttosto comodo, e gratuito. Arrivati in paese basta seguire le indicazioni per il parcheggio, da cui partono tutti i percorsi trekking e mountain bike. Un piccolo bar tutto rivestito in legno offre cartine gratuite, preziosi consigli e ottima birra (per il ritorno, ovviamente).
Per la prima parte del giro, orientarsi non è certo un problema: la strada è evidentissima e, nel dubbio, basta seguire le indicazioni per Baita Pastori e Rifugio Quinto Alpini. Si passa dal Ristoro Zebrù (1680 m), dal Rifugio Campo (2009 m) e dalla Baita Pastori (2168 m). Qui ci sarebbe la possibilità di tagliare il Rifugio Quinto Alpini e proseguire a fondovalle verso il Passo Zebrù, ma è una soluzione che sconsiglio fortemente: si perderebbe la parte in assoluto più bella del giro.
La salita è ripida e faticosa, ma ci catapulta in poco tempo in un ambiente spettacolare, tra il ghiacciaio e le bellissime vette che circondano il Quinto Alpini (Monte Zebrù e Gran Zebrù). Arrivati al rifugio (2877 m) conviene proseguire in salita fino alla bandiera che si vede poco più in alto: da lì si può ammirare il ghiacciaio da una parte e il tetto giallo del rifugio dall’altra.
Per proseguire il giro, si segue in discesa il sentiero da cui siamo saliti e al bivio si prende a sinistra. Continuiamo su un bellissimo traverso su ghiaione, un po’ esposto ma largo abbastanza da corricchiare in sicurezza, perdiamo ancora un po’ di quota e infine ricominciamo a salire in direzione del Passo Zebrù. Anche questo tratto è meraviglioso. L’ultimo strappetto verso il passo è attrezzato con catene, utili probabilmente quando c’è neve o ghiaccio: ad agosto nulla di tutto ciò.
Dal passo si apre un panorama stupendo sul Cevedale e sulle montagne circostanti. La discesa verso il Pizzini è relativamente semplice e divertente. Al rifugio (2706 m) si trova una fontana per il rifornimento d’acqua.
Dal Pizzini seguiamo le indicazioni per il Rifugio Forni, non la strada sterrata ma il “sentiero panoramico”, che passa più in alto e merita tutto il suo nome. Si corre infatti in un ampio prato con vista ghiacciaio, uno spettacolo incredibile. Dopo qualche chilometro di saliscendi inizia una vera discesa, ma non si pensi che da qui in poi si scenda e basta: la strada è ancora lunga e ci saranno altre salite, bisogna razionare le forze.
Non è necessario arrivare fino al Rifugio Forni, a meno di avere bisogno di acquistare qualcosa: lo vediamo dall’alto, ma possiamo rimanere sul sentiero e proseguire verso l’Agriturismo Ables. Arrivati in vista del gruppetto di malghe, bisogna fare attenzione ai cartelli e prendere il sentiero che sale verso destra, e non seguire la strada in discesa che porta a Santa Caterina.
Comincia adesso un tratto di saliscendi su sentiero e poi su strada sterrata che può risultare noiosa e faticosa, con 30 km già sulle gambe. Prendiamocela con calma e ignoriamo i cartelli che danno tempi piuttosto improbabili per Niblogo. Teniamo presente che da Ables mancano una decina di chilometri abbondanti, di cui metà in saliscendi e metà in discesa.
Nell’ultimissima parte del giro le indicazioni non sono del tutto chiare – o forse la stanchezza gioca brutti scherzi. In ogni caso, teniamo presente che dopo avere passato Pradaccio dobbiamo passare dall’altra parte della valle, evitando di scendere fino a Sant’Antonio. Dobbiamo attraversare il fiume e riprendere il tratto iniziale di strada sterrata che avevamo percorso all’andata – nel dubbio, la funzione trackback di Garmin può aiutare.
Noi siamo scesi da Pradaccio di Sopra a Pradaccio di Sotto, e qui, superata una baita, abbiamo preso la strada che svolta tutto a destra in discesa, che ci ha riportato appunto dall’altra parte del torrente e sulla strada percorsa all’andata. Dal momento, però, che si incontrano diversi sentieri e stradine, e che la stanchezza dopo 40 km si sente tutta, conviene prestare attenzione ed eventualmente chiedere consiglio.
stefano
15 Ottobre 2018 @ 18:44
Bella foto 😁
marta
15 Ottobre 2018 @ 18:46
Merito del modello!