Primo lungo dell’anno, dove andare? Il primo posto che mi viene in mente è la mia amata Val Grosina, i cui sentieri si prestano particolarmente bene alla corsa in montagna.
50 km sono tanti e decido di limitare al massimo gli imprevisti, mantenendomi per lo più su percorsi noti. Cedo solo alla tentazione di fare un ingresso trionfale in Val Grosina dal passo Schiazzera, anziché dalla solita strada per Eita: a parte questo passaggio ignoto, che in effetti mi ha un po’ rallentato, il resto del giro si è rivelato, come previsto, semplice e relativamente corribile. Tempo di percorrenza 10 ore totali (inclusa una lunga sosta a Biancodino), effettive circa 9 ore.
Parcheggio alla centrale idroelettrica di Grosotto, ai piedi del castello. Seguo per un chilometro via Milano, fino al centro del paese. Qui trovo una bella fontana e i primi cartelli: le indicazioni da seguire sono quelle per la torre di Vione, lungo il giro dei castelli. Consiglio di usare la traccia gpx, perché le indicazioni agli incroci non sono chiarissime. Alla torre arrivo dopo un altro paio di chilometri di saliscendi, tra borghi e bosco.
Dalla torre continuo a seguire il sentiero 205 (con l’aiuto della traccia gpx, più che dei cartelli) fino a Bosca, dove mi ritrovo sull’infinita salita per il rifugio Schiazzera – fresca nella memoria per averla percorsa appena una settimana fa, nella Doppia W Sky 30. Da qui in avanti i bastoncini sono d’obbligo, almeno per me, dato che mi aspetta una salita di 1600 m. Certo è un bel vantaggio conoscere i sentieri, soprattutto durante un lungo: per esempio, so dove si trova l’unico punto acqua da Bosca al rifugio Schiazzera, un tubo che emerge dal bosco poco prima dell’alpe Susen, sul quale ho concentrato tutte le mie speranze di rifornimento.
Da Susen al rifugio Schiazzera mancano “solo” 500 m di dislivello, che tutto sommato passano abbastanza in fretta. Finalmente il bosco finisce e arrivo al rifugio, che questa mattina è affollatissimo: lo supero in fretta, concedendomi una sosta poche centinaia di metri più avanti. Lungo il sentiero c’è infatti una fontana, dove mi fermo per riempire le flask e godermi la bellezza di questa piana incoronata dalle montagne.
Proseguo verso il lago Schiazzera, seguendo il giro della Doppia W nonché il Sentiero Italia. La salita ora è molto meno ripida, anzi, in alcuni tratti il sentiero è quasi pianeggiante. Circondata da rododendri in fiore, il silenzio interrotto solo dai fischi delle marmotte che a turno si alzano ad annunciare il mio arrivo, procedo di buon passo in pace con il mondo.
Dal lago Schiazzera seguo le indicazioni per Malghera (Sentiero Italia) e quelle per il passo di Schiazzera. Dopo un breve tratto in leggera discesa, i due sentieri si dividono e io prendo quello di sinistra, in salita. Il passo si vede chiaramente, un centinaio di metri sopra di me: lo raggiungo con uno strappetto breve ma intenso, seguendo la traccia sempre più labile e i bolli bianco-rossi, che sono stati invece ripassati di recente e risultano visibilissimi.
La discesa da qui è segnalata come “Tracce EE”, espressione che mi si chiarisce non appena comincio a scendere. Ogni volta che vedo un EE spero in roccette e catene dove divertirmi, ma si tratta solo, in successione, di un pezzetto di pietraia e di un ripidissimo sentiero, largo non più di 10 cm e abbarbicato su una parete verticale ricoperta di rododendri.
Questo tipo di sentiero, di solito, risulta divertente in un giro breve ed estremamente irritante durante un lungo. Ho appena cominciato a brontolare contro le tracce EE, quando trovo una balisa arancione e realizzo che la Doppia W 100 deve essere passata di qui. Nella direzione opposta, voglio sperare! Ad ogni modo smetto subito di lamentarmi, io che sto facendo solo 50 km. Raccolgo la balisa, che altrimenti chissà per quanto ancora rimarrà qui, e proseguo.
La pendenza diminuisce e mi trovo in un pratone con una piccola pozza d’acqua, il cui nome non riesco a identificare. Continuo a seguire i bolli sulle rocce fino a una baita; da qui in avanti, ricomincia il sentiero vero e proprio: lo percorro in discesa, ora in fretta e senza intoppi, fino al rifugio Casina di Piana (dove lascio la balisa a un signore gentile che si offre di portarla a valle) e poi giù per il sentiero 249 verso Presacce. Sempre sul percorso della Doppia W, attraverso un bosco infestato da formiche aggressivissime e raggiungo infine la strada per Malghera.
Imbocco la strada verso destra, in direzione opposta rispetto a Malghera, e la percorro per meno di un chilometro fino alla località Dosa, dove comincia la mulattiera per Biancadino. A questo punto fa caldissimo e ho finito da tempo l’acqua, ma provvidenzialmente trovo una fontana proprio all’inizio della salita.
Altre balise, e scopro di trovarmi questa volta sul percorso del Valgrosina Trail, che si correrà a inizio agosto. Anche in questo caso sto girando in senso opposto al percorso della gara, che scenderà da questa lunga mulattiera (poco meno di 1000 m di dislivello) da cui io sto faticosamente salendo. Fa caldissimo e le due flask che ho appena riempito sono praticamente esaurite quando arrivo a Biancadino, dove spero comunque di poter trovare o acquistare dell’acqua.
In realtà non ho bisogno di cercare: alla prima baita, dove una targa mi conferma di essere arrivata in un piccolo paradiso in terra, una famiglia generosissima mi invita a unirmi al pranzo della domenica. Devo a malincuore rifiutare salamella e zucchine, ma accetto con gioia acqua naturale per le flask, acqua frizzante da bere in compagnia, e una torta spettacolare cotta in stufa che barretta energetica scansate proprio.
Mi fermo volentieri a chiacchierare, ora che non ho risolto il problema dell’acqua, e dopo una mezz’oretta mi rimetto in marcia, rigenerata dall’acqua frizzante e con lo zainetto pieno di torta. Un ultimo strappetto mi porta al panoramico sentiero per Vermulera, che rimane intorno a quota 2300 m per un paio di chilometri di pura goduria.
Comincia poi la discesa, sempre facile e corribile, per Vermulera, un grazioso alpeggio a poco meno di 2000 m di quota; scendo poi lungo la mulattiera che mi deposita sulla strada asfaltata per Eita, il borgo nel cuore della Val Grosina. La strada va imboccata verso sinistra, in leggera salita.
L’acqua, da Vermulera in avanti, non è più un problema: ogni pochi chilometri si trovano fontane, dove non perdo occasione di mettere la testa sotto l’acqua fredda, viste le temperature che diventano sempre più impegnative man mano che perdo quota. Da Eita mi mancano circa 13 km, facili facili nonostante la stanchezza: basta seguire le indicazioni per Grosio, che mi portano giù per una lunga mulattiera ombreggiata e poi sulla strada asfaltata, che seguo per parecchi chilometri nonostante ci siano alternative più simpatiche su sentiero. Supero Fusino e solo al 47esimo chilometro abbandono l’asfalto per infilarmi in una mulattiera.
A questo punto mi fa male tutto, e ogni passo in discesa sul sentiero sconnesso è una sofferenza. Ma devo solo resistere per pochi chilometri! Arrivo infine in vista del Castello Vecchio di Grosotto e so che, da qui, manca davvero poco.
Quando raggiungo la macchina scopro che la temperatura a valle ha raggiunto i 35 gradi. Per il prossimo lungo dovrò inventarmi un giro più ad alta quota! Intanto però saluto con gratitudine la mia Val Grosina, che anche oggi mi ha dato grandi soddisfazioni. Non ultima la torta di Biancadino, che continua a nutrirmi anche durante il viaggio di ritorno!
Lungo in Val Grosina (51 km – 3300 m D+)
14 Luglio 2023 by marta • Valtellina Tags: 50 km, biancadino, corsa in montagna, eita, grosio, grosotto, schiazzera, sentiero italia, trail running, val grosina, valtellina, vermulera • 0 Comments
Un fantastico allenamento tra i rododendri, in compagnia delle marmotte.
Grosotto – Torre di Vione – Bosca – Susen – Rifugio Schiazzera (2079 m) – Lago Schiazzera (2396 m) – Passo di Schiazzera (2546 m) – Rifugio Casina di Piana (1883 m) – Dosa – Moregno – Biancadino (2252 m) – Vermulera – Eita – Fusino – Grosotto.
Periodo: Luglio 2023
Partenza: Grosotto (SO)
Distanza: 51 km
Dislivello: 3300 m
Acqua: un punto acqua sul sentiero per Susen; fontane al rifugio Schiazzera, Dosa, Vermulera, Eita.
GPX (clic dx, salva link con nome)
Primo lungo dell’anno, dove andare? Il primo posto che mi viene in mente è la mia amata Val Grosina, i cui sentieri si prestano particolarmente bene alla corsa in montagna.
50 km sono tanti e decido di limitare al massimo gli imprevisti, mantenendomi per lo più su percorsi noti. Cedo solo alla tentazione di fare un ingresso trionfale in Val Grosina dal passo Schiazzera, anziché dalla solita strada per Eita: a parte questo passaggio ignoto, che in effetti mi ha un po’ rallentato, il resto del giro si è rivelato, come previsto, semplice e relativamente corribile. Tempo di percorrenza 10 ore totali (inclusa una lunga sosta a Biancodino), effettive circa 9 ore.
Parcheggio alla centrale idroelettrica di Grosotto, ai piedi del castello. Seguo per un chilometro via Milano, fino al centro del paese. Qui trovo una bella fontana e i primi cartelli: le indicazioni da seguire sono quelle per la torre di Vione, lungo il giro dei castelli. Consiglio di usare la traccia gpx, perché le indicazioni agli incroci non sono chiarissime. Alla torre arrivo dopo un altro paio di chilometri di saliscendi, tra borghi e bosco.
Dalla torre continuo a seguire il sentiero 205 (con l’aiuto della traccia gpx, più che dei cartelli) fino a Bosca, dove mi ritrovo sull’infinita salita per il rifugio Schiazzera – fresca nella memoria per averla percorsa appena una settimana fa, nella Doppia W Sky 30. Da qui in avanti i bastoncini sono d’obbligo, almeno per me, dato che mi aspetta una salita di 1600 m. Certo è un bel vantaggio conoscere i sentieri, soprattutto durante un lungo: per esempio, so dove si trova l’unico punto acqua da Bosca al rifugio Schiazzera, un tubo che emerge dal bosco poco prima dell’alpe Susen, sul quale ho concentrato tutte le mie speranze di rifornimento.
Da Susen al rifugio Schiazzera mancano “solo” 500 m di dislivello, che tutto sommato passano abbastanza in fretta. Finalmente il bosco finisce e arrivo al rifugio, che questa mattina è affollatissimo: lo supero in fretta, concedendomi una sosta poche centinaia di metri più avanti. Lungo il sentiero c’è infatti una fontana, dove mi fermo per riempire le flask e godermi la bellezza di questa piana incoronata dalle montagne.
Proseguo verso il lago Schiazzera, seguendo il giro della Doppia W nonché il Sentiero Italia. La salita ora è molto meno ripida, anzi, in alcuni tratti il sentiero è quasi pianeggiante. Circondata da rododendri in fiore, il silenzio interrotto solo dai fischi delle marmotte che a turno si alzano ad annunciare il mio arrivo, procedo di buon passo in pace con il mondo.
Dal lago Schiazzera seguo le indicazioni per Malghera (Sentiero Italia) e quelle per il passo di Schiazzera. Dopo un breve tratto in leggera discesa, i due sentieri si dividono e io prendo quello di sinistra, in salita. Il passo si vede chiaramente, un centinaio di metri sopra di me: lo raggiungo con uno strappetto breve ma intenso, seguendo la traccia sempre più labile e i bolli bianco-rossi, che sono stati invece ripassati di recente e risultano visibilissimi.
La discesa da qui è segnalata come “Tracce EE”, espressione che mi si chiarisce non appena comincio a scendere. Ogni volta che vedo un EE spero in roccette e catene dove divertirmi, ma si tratta solo, in successione, di un pezzetto di pietraia e di un ripidissimo sentiero, largo non più di 10 cm e abbarbicato su una parete verticale ricoperta di rododendri.
Questo tipo di sentiero, di solito, risulta divertente in un giro breve ed estremamente irritante durante un lungo. Ho appena cominciato a brontolare contro le tracce EE, quando trovo una balisa arancione e realizzo che la Doppia W 100 deve essere passata di qui. Nella direzione opposta, voglio sperare! Ad ogni modo smetto subito di lamentarmi, io che sto facendo solo 50 km. Raccolgo la balisa, che altrimenti chissà per quanto ancora rimarrà qui, e proseguo.
La pendenza diminuisce e mi trovo in un pratone con una piccola pozza d’acqua, il cui nome non riesco a identificare. Continuo a seguire i bolli sulle rocce fino a una baita; da qui in avanti, ricomincia il sentiero vero e proprio: lo percorro in discesa, ora in fretta e senza intoppi, fino al rifugio Casina di Piana (dove lascio la balisa a un signore gentile che si offre di portarla a valle) e poi giù per il sentiero 249 verso Presacce. Sempre sul percorso della Doppia W, attraverso un bosco infestato da formiche aggressivissime e raggiungo infine la strada per Malghera.
Imbocco la strada verso destra, in direzione opposta rispetto a Malghera, e la percorro per meno di un chilometro fino alla località Dosa, dove comincia la mulattiera per Biancadino. A questo punto fa caldissimo e ho finito da tempo l’acqua, ma provvidenzialmente trovo una fontana proprio all’inizio della salita.
Altre balise, e scopro di trovarmi questa volta sul percorso del Valgrosina Trail, che si correrà a inizio agosto. Anche in questo caso sto girando in senso opposto al percorso della gara, che scenderà da questa lunga mulattiera (poco meno di 1000 m di dislivello) da cui io sto faticosamente salendo. Fa caldissimo e le due flask che ho appena riempito sono praticamente esaurite quando arrivo a Biancadino, dove spero comunque di poter trovare o acquistare dell’acqua.
In realtà non ho bisogno di cercare: alla prima baita, dove una targa mi conferma di essere arrivata in un piccolo paradiso in terra, una famiglia generosissima mi invita a unirmi al pranzo della domenica. Devo a malincuore rifiutare salamella e zucchine, ma accetto con gioia acqua naturale per le flask, acqua frizzante da bere in compagnia, e una torta spettacolare cotta in stufa che barretta energetica scansate proprio.
Mi fermo volentieri a chiacchierare, ora che non ho risolto il problema dell’acqua, e dopo una mezz’oretta mi rimetto in marcia, rigenerata dall’acqua frizzante e con lo zainetto pieno di torta. Un ultimo strappetto mi porta al panoramico sentiero per Vermulera, che rimane intorno a quota 2300 m per un paio di chilometri di pura goduria.
Comincia poi la discesa, sempre facile e corribile, per Vermulera, un grazioso alpeggio a poco meno di 2000 m di quota; scendo poi lungo la mulattiera che mi deposita sulla strada asfaltata per Eita, il borgo nel cuore della Val Grosina. La strada va imboccata verso sinistra, in leggera salita.
L’acqua, da Vermulera in avanti, non è più un problema: ogni pochi chilometri si trovano fontane, dove non perdo occasione di mettere la testa sotto l’acqua fredda, viste le temperature che diventano sempre più impegnative man mano che perdo quota. Da Eita mi mancano circa 13 km, facili facili nonostante la stanchezza: basta seguire le indicazioni per Grosio, che mi portano giù per una lunga mulattiera ombreggiata e poi sulla strada asfaltata, che seguo per parecchi chilometri nonostante ci siano alternative più simpatiche su sentiero. Supero Fusino e solo al 47esimo chilometro abbandono l’asfalto per infilarmi in una mulattiera.
A questo punto mi fa male tutto, e ogni passo in discesa sul sentiero sconnesso è una sofferenza. Ma devo solo resistere per pochi chilometri! Arrivo infine in vista del Castello Vecchio di Grosotto e so che, da qui, manca davvero poco.
Quando raggiungo la macchina scopro che la temperatura a valle ha raggiunto i 35 gradi. Per il prossimo lungo dovrò inventarmi un giro più ad alta quota! Intanto però saluto con gratitudine la mia Val Grosina, che anche oggi mi ha dato grandi soddisfazioni. Non ultima la torta di Biancadino, che continua a nutrirmi anche durante il viaggio di ritorno!