Era da un po’ che lo puntavamo, e finalmente siamo riuscite a ritagliarci tre giorni per esplorare questo cammino dal nome evocativo, un po’ fuori mano, certo, per chi arriva dal nord Italia, ma decisamente all’altezza della sua fama. I paesaggi e il silenzio delle selvagge montagne abruzzesi, insieme all’accoglienza calorosa riservataci dai locals, valgono bene la trasferta e qualche sbattimento.
Il team delle Martas, quest’anno troppo indietro con la preparazione atletica per affrontare più di ottanta chilometri di corsa, ha pensato bene di caricare gli zaini con tenda, sacco a pelo, provviste e fornelletto, e di partire per una volta in modalità trekking. Ma queste facili mulattiere con pendenze modeste sarebbero il terreno ideale per un ultratrail: se vi serve un “lunghissimo” in preparazione a qualche gara, tenete in considerazione questo percorso, che con il giusto allenamento si potrebbe fare di corsa, senza ammazzarsi, forse in quindici ore o anche meno. Lungo tutto il cammino si trovano fontane, che però possono essere chiuse nel pomeriggio o la sera. Non si trovano cestini o cassonetti per la spazzatura se non nei paesi più grandi nella seconda metà del cammino, da Magliano de’ Marsi in poi.
Le principali informazioni sul Cammino dei Briganti, un percorso ben segnato e in ottime condizioni, si trovano su questo sito. Come vedrete, ci sono alcune varianti e il tempo di percorrenza consigliato è di sette giorni. Io vi propongo qui il giro come l’abbiamo fatto con Marta, dato che la nostra organizzazione ci è sembrata ragionevole: partite in auto da Milano alle 7 del venerdì mattina, abbiamo attaccato il cammino verso le 14,30, percorrendo 22 km prima di piantare la tenda a Villerose; il sabato ci siamo sparate 44 km da Villerose a Scurcula Marsicana passando per il lago della Duchessa – l’unico punto di vera montagna, dove si concentra la maggior parte del dislivello; infine la domenica abbiamo percorso gli ultimi chilometri, raggiungendo la macchina prima di mezzogiorno e riuscendo a tornare a Milano a un’ora accettabile.
La partenza è da Sante Marie, in realtà l’unico dei paesi del cammino che non abbiamo attraversato: abbiamo infatti parcheggiato vicino alla stazione, a fondovalle rispetto al centro del paese, e lì ci siamo fermate alla fine del giro, tagliando forse un paio di chilometri e un centinaio di metri di dislivello rispetto al percorso “corretto”. La prima tappa è S. Stefano, un grazioso paesino ad appena 5 km dalla stazione di Sante Marie, ed è qui che ci dirigiamo seguendo le indicazioni. Dopo un primo tratto di salita, la pendenza diminuisce e il cammino diventa facile e piacevole.
Raggiungiamo ben presto S. Stefano e facciamo un primo rifornimento d’acqua. Nonostante sia pomeriggio, le fontane sono ancora aperte: a quanto pare in questo periodo vengono chiuse solo di sera. Il paese successivo è Poggiovalle, un posto davvero suggestivo, semi deserto e circondato solo da natura e silenzio.
Da qui si scende in direzione Nesce, da cui però non passiamo: prima di arrivare in paese, il cammino devia tutto a destra e ci porta in un ampio pianoro ai piedi di Poggiovalle.
Dopo un paio di chilometri completamente in piano, immerse nel silenzio più totale, incontriamo un gregge di pecore accompagnato da cani pastore (in questo caso poco aggressivi, ma fate attenzione!) e arriviamo in vista di Villerose, dove abbiamo intenzione di passare la notte.
Le indicazioni qui non sono chiarissime, ma il paese è sempre visibile e in qualche modo lo raggiungiamo. Il problema, ora, è recuperare dell’acqua per la cena. Non troviamo fontane e il paese è completamente deserto. Lo attraversiamo (non ci vuole molto) e finalmente intravediamo una persona in lontananza: allunghiamo il passo e raggiungiamo il simpatico signor Alberto, che si fa davvero in quattro per aiutarci. La fontana è poco più avanti, dice, ma a quest’ora ormai è chiusa. Nessun problema, ci darà lui un paio di bottiglie d’acqua. Ci sconsiglia di piantare la tenda nel bosco, ci sono gli animali!, meglio accamparci nel campo da calcio abbandonato in mezzo al paese, dove non ci disturberà nessuno. Anzi, va lui stesso a informare i vicini, che approvano e si rendono disponibili per qualsiasi ulteriore necessità. Riconoscenti per tutta questa gentilezza, non ci poniamo problemi e ci sistemiamo nel campo da calcio (“in mezzo, eh! non sui lati”) come indicato dai simpatici abitanti di Villerose.
Dormire in mezzo a un prato dall’erba alta, lontano da qualsivoglia edificio, albero o altra forma di riparo, non è in realtà un’idea geniale, ma ce ne rendiamo conto solo qualche ora più tardi, quando ci ritroviamo nel sacco a pelo a battere i denti con la tenda che gocciola per l’umidità. Niente, per questa notte è andata così. Con le prime luci raccogliamo faticosamente le nostre cose – la tenda e i sacchi a pelo sono fradici, ma ci riproponiamo di farli asciugare più tardi, quando il sole sarà alto – e ci prepariamo la colazione con l’ultima acqua del signor Alberto. Altri signori del paese, che stanno andando a raccogliere funghi, si fermano a fare due chiacchiere mentre ci riscaldiamo con un bel nescafè e un muesli dal gusto discutibile. Infine salutiamo tutti e ci mettiamo in marcia.
Con qualche saliscendi tra piacevoli sentieri e strade sterrate, con un passaggio in una palude di fango breve, ma sufficiente a bagnarci e inzaccherarci completamente i piedi, arriviamo a Spedino, dove troviamo una fontana funzionante, e proseguiamo per Cartore. Tutte le nostre speranze di procurarci qualcosa per pranzo si concentrano su questo paesino, che vanta persino una locanda.
Una enorme scritta in 3D ci avverte che stiamo entrando nella riserva della Duchessa. Di fronte a noi si stagliano le montagne che stiamo per affrontare. Sappiamo che a Cartore comincerà la sola vera salita del percorso, circa 1000 m D+ per arrivare al lago della Duchessa.
Arriviamo a Cartore e per la prima volta troviamo un piccolo affollamento: c’è infatti chi arriva qui in auto per un trekking al lago della Duchessa. Troviamo una fontana e un piccolo ristoro, la locanda dei Casali di Cartore, i cui gentilissimi gestori ci preparano dei panini, ci danno informazioni sulla presenza di acqua lungo il percorso e ci permettono persino di gettare nei loro bidoni la spazzatura che, in mancanza di cassonetti, abbiamo portato fin qui. Ci viene indicata una fonte poco prima del lago, per cui decidiamo di riempire solo una borraccia a testa.
Alla fine la salita è tutta all’ombra e non abbiamo neanche la necessità di fermarci a cercare la fonte prima del lago. Marta zampetta tranquilla nonostante lo zaino, mentre io, che non sono abituata a fare dislivello con tutto questo peso sulle spalle, trovo la salita particolarmente faticosa. Poco male, ben presto ci ritroviamo fuori dal bosco e circondate da montagne bellissime. Abbiamo superato gli altri escursionisti, per cui ci godiamo il panorama in perfetta solitudine!
La parte più bella, in realtà, è quella dopo il lago, che tanti saltano per tornare a Cartore, dove lasciano lo zaino, e riprendere il cammino da lì. Io consiglio caldamente di sopportare il peso dello zaino e fare tutto l’anello, superando il lago della Duchessa (1788 m) e raggiungendo il passo (di cui non mi è chiaro il nome) a poco meno di duemila metri di altezza, scendendo da lì a Rosciolo de’ Marsi senza ripassare da Cartore.
Una distesa di crochi e le ultime chiazze di neve ci accompagnano verso il passo, il vocio degli altri escursionisti ormai lontano dietro di noi. Non incontreremo anima viva, salvo un branco di cinghiali, per i prossimi 10 km.
Cominciamo la lunga discesa per Rosciolo de’ Marsi. Non c’è nessuna indicazione e il sentiero sembra davvero poco battuto, ma è comunque evidente. Il primo tratto è un po’ scosceso, anche se la classificazione dell’itinerario come EE ci è parsa eccessiva, almeno adesso che non c’è neve.
Perdiamo circa cinquecento metri e la pendenza si fa sempre più dolce, mentre il sentiero si trasforma in strada sterrata. Alla fine della discesa, svoltiamo a sinistra verso Rosciolo de’ Marsi e cominciamo l’ultima salita di oggi, circa 200 m D+, particolarmente faticosa per il caldo. Sono infatti le 14 e stiamo aspettando di trovare una fontana per concederci finalmente la nostra pausa pranzo con i panini acquistati a Cartore.
La salita ci porta a un bell’altopiano coronato dalle montagne, dove incontriamo magnifici cavalli al pascolo – una costante da queste parti – e persino un paio di umani. Scendiamo ora verso Rosciolo e, poco prima di raggiungere il paese, troviamo la sospirata fontana davanti alla chiesa romanica di Santa Maria in Valle Porclaneta.
Prima di tirare fuori i panini, stendiamo tenda e sacchi a pelo sul sagrato della chiesa: basta una mezz’oretta sotto il sole e asciuga tutto! L’acqua fresca, poi, è davvero un toccasana dopo il caldo degli ultimi chilometri. Chi volesse fare il giro in due giorni, o comunque dividere diversamente il percorso, può pensare di accamparsi qui: il posto è ideale e la fontana comodissima.
Ci rimettiamo in cammino e, superata Rosciolo, per facili strade bianche raggiungiamo Magliano de’ Marsi, che rispetto ai paesi attraversati finora ci sembra una metropoli.
Qui troviamo negozi, ristoranti e bar, ma siamo intenzionate a proseguire fino al paese successivo, Scurcula Marsicana. A questo punto io ho le vesciche ai piedi e l’idea fissa di una birra gelata, per cui è Marta a preoccuparsi della strada da seguire e del posto per piantare la tenda. Pare che ci siano due varianti, entrambe indicate come Cammino dei Briganti: noi scegliamo appunto quella che passa da Scurcula Marsicana. In paese troviamo le fontane chiuse, ma in un negozio di alimentari facciamo scorta di acqua, succo di frutta e birra (yeah!).
Dopo 44 km la birra ce la ben siamo meritata, no? Per di più in questo paese ci sono cestini e cassonetti per la raccolta differenziata, per cui non dobbiamo neanche portarci dietro le bottiglie vuote. Stanche ma ormai serene con i nostri tre litri d’acqua, principale preoccupazione per la sera, proseguiamo lungo il cammino superando Scurcula Marsicana e cominciando a cercare un posto per la tenda. Troviamo una casa abbandonata con un giardinetto riparato, seppure infestato dalle ortiche, che sembra fare al caso nostro. Per sicurezza ci confrontiamo con il proprietario della casa accanto e, per non farci mancare niente, anche con l’autista di un trattore di passaggio: niente, pare che la nostra presenza non dia fastidio a nessuno, siamo anzi le benvenute.
Ci sistemiamo nel giardinetto abbandonato e, sul ciglio della strada, Marta prepara la cena mentre io con ago e filo mi occupo delle mie vesciche. Il riso con gli sgombri sembra più buono del normale dopo questa lunga giornata in cammino.
Riparato è riparato, ma con la temperatura non è che vada molto meglio di ieri. “Non è il freddo, è l’umidità” è diventato il Leitmotiv del weekend. Se proprio vogliamo vedere il lato positivo della seconda notte in bianco, all’alba siamo già pronte con il nostro nescafè e riusciamo a metterci in cammino davvero presto. Dopo un facile tratto di strada, arriviamo al bivio con indicazioni per Le Crete, da cui non dobbiamo passare; prendiamo invece il sentiero a destra per San Donato, dove finalmente vediamo le prime indicazioni anche per Sante Marie.
Raggiungiamo il paese, dove troviamo una fontana, e proseguiamo in salita lungo l’antica mulattiera che una volta portava alla rocca di San Donato. Oggi non sono rimasti che dei ruderi, ma il percorso è davvero suggestivo.
Seguiamo il cammino che si inoltra tra un gruppo di case abbandonate ma, poco dopo, perdiamo di vista il segnavia e proseguiamo un po’ a caso lungo un sentiero non proprio battutissimo. Il percorso è comunque molto panoramico e ci riporta ben presto sulla retta via all’altezza dei ruderi dell’antico castello.
Dopo i ruderi comincia la discesa. Siamo in un ambiente collinare ma davvero bello e selvaggio, immerso nel silenzio e popolato solo da animali al pascolo.
I paesi successivi sono Scanzano e poi Tubione: in entrambi troviamo fontane e precise indicazioni. Ormai la nostra meta, Sante Marie, è davvero vicina!
Da Tubione scendiamo a fondovalle e ben presto ci ritroviamo accanto ai binari della ferrovia dove abbiamo lasciato la macchina. Sante Marie si erge poco più in alto sulla nostra sinistra, ma a questo punto il giro è praticamente finito e decidiamo di tagliare l’ultimo pezzo. Approfittiamo di un sottopasso per attraversare i binari e arriviamo alla stazione di Sante Marie, stanche ma decisamente soddisfatte!
Cammino dei Briganti (87,5 km – 3400 m D+)
22 Maggio 2022 by marta • Altro Tags: abruzzo, cammino, cammino dei briganti, centro italia, corsa in montagna, montagna, percorso ad anello, trail, trekking • 0 Comments
Nel cuore dell’Abruzzo per mulattiere, sentieri e strade bianche. Percorso ideale sia per un trekking sia come “lunghissimo” trail!
Periodo: Maggio 2022
Partenza: Sante Marie (CH)
Distanza: 87,5 km
Dislivello: 3400 m
Acqua: fontane nei paesi
GPX (clic dx, salva link con nome)
Era da un po’ che lo puntavamo, e finalmente siamo riuscite a ritagliarci tre giorni per esplorare questo cammino dal nome evocativo, un po’ fuori mano, certo, per chi arriva dal nord Italia, ma decisamente all’altezza della sua fama. I paesaggi e il silenzio delle selvagge montagne abruzzesi, insieme all’accoglienza calorosa riservataci dai locals, valgono bene la trasferta e qualche sbattimento.
Il team delle Martas, quest’anno troppo indietro con la preparazione atletica per affrontare più di ottanta chilometri di corsa, ha pensato bene di caricare gli zaini con tenda, sacco a pelo, provviste e fornelletto, e di partire per una volta in modalità trekking. Ma queste facili mulattiere con pendenze modeste sarebbero il terreno ideale per un ultratrail: se vi serve un “lunghissimo” in preparazione a qualche gara, tenete in considerazione questo percorso, che con il giusto allenamento si potrebbe fare di corsa, senza ammazzarsi, forse in quindici ore o anche meno. Lungo tutto il cammino si trovano fontane, che però possono essere chiuse nel pomeriggio o la sera. Non si trovano cestini o cassonetti per la spazzatura se non nei paesi più grandi nella seconda metà del cammino, da Magliano de’ Marsi in poi.
Le principali informazioni sul Cammino dei Briganti, un percorso ben segnato e in ottime condizioni, si trovano su questo sito. Come vedrete, ci sono alcune varianti e il tempo di percorrenza consigliato è di sette giorni. Io vi propongo qui il giro come l’abbiamo fatto con Marta, dato che la nostra organizzazione ci è sembrata ragionevole: partite in auto da Milano alle 7 del venerdì mattina, abbiamo attaccato il cammino verso le 14,30, percorrendo 22 km prima di piantare la tenda a Villerose; il sabato ci siamo sparate 44 km da Villerose a Scurcula Marsicana passando per il lago della Duchessa – l’unico punto di vera montagna, dove si concentra la maggior parte del dislivello; infine la domenica abbiamo percorso gli ultimi chilometri, raggiungendo la macchina prima di mezzogiorno e riuscendo a tornare a Milano a un’ora accettabile.
La partenza è da Sante Marie, in realtà l’unico dei paesi del cammino che non abbiamo attraversato: abbiamo infatti parcheggiato vicino alla stazione, a fondovalle rispetto al centro del paese, e lì ci siamo fermate alla fine del giro, tagliando forse un paio di chilometri e un centinaio di metri di dislivello rispetto al percorso “corretto”. La prima tappa è S. Stefano, un grazioso paesino ad appena 5 km dalla stazione di Sante Marie, ed è qui che ci dirigiamo seguendo le indicazioni. Dopo un primo tratto di salita, la pendenza diminuisce e il cammino diventa facile e piacevole.
Raggiungiamo ben presto S. Stefano e facciamo un primo rifornimento d’acqua. Nonostante sia pomeriggio, le fontane sono ancora aperte: a quanto pare in questo periodo vengono chiuse solo di sera. Il paese successivo è Poggiovalle, un posto davvero suggestivo, semi deserto e circondato solo da natura e silenzio.
Da qui si scende in direzione Nesce, da cui però non passiamo: prima di arrivare in paese, il cammino devia tutto a destra e ci porta in un ampio pianoro ai piedi di Poggiovalle.
Dopo un paio di chilometri completamente in piano, immerse nel silenzio più totale, incontriamo un gregge di pecore accompagnato da cani pastore (in questo caso poco aggressivi, ma fate attenzione!) e arriviamo in vista di Villerose, dove abbiamo intenzione di passare la notte.
Le indicazioni qui non sono chiarissime, ma il paese è sempre visibile e in qualche modo lo raggiungiamo. Il problema, ora, è recuperare dell’acqua per la cena. Non troviamo fontane e il paese è completamente deserto. Lo attraversiamo (non ci vuole molto) e finalmente intravediamo una persona in lontananza: allunghiamo il passo e raggiungiamo il simpatico signor Alberto, che si fa davvero in quattro per aiutarci. La fontana è poco più avanti, dice, ma a quest’ora ormai è chiusa. Nessun problema, ci darà lui un paio di bottiglie d’acqua. Ci sconsiglia di piantare la tenda nel bosco, ci sono gli animali!, meglio accamparci nel campo da calcio abbandonato in mezzo al paese, dove non ci disturberà nessuno. Anzi, va lui stesso a informare i vicini, che approvano e si rendono disponibili per qualsiasi ulteriore necessità. Riconoscenti per tutta questa gentilezza, non ci poniamo problemi e ci sistemiamo nel campo da calcio (“in mezzo, eh! non sui lati”) come indicato dai simpatici abitanti di Villerose.
Dormire in mezzo a un prato dall’erba alta, lontano da qualsivoglia edificio, albero o altra forma di riparo, non è in realtà un’idea geniale, ma ce ne rendiamo conto solo qualche ora più tardi, quando ci ritroviamo nel sacco a pelo a battere i denti con la tenda che gocciola per l’umidità. Niente, per questa notte è andata così. Con le prime luci raccogliamo faticosamente le nostre cose – la tenda e i sacchi a pelo sono fradici, ma ci riproponiamo di farli asciugare più tardi, quando il sole sarà alto – e ci prepariamo la colazione con l’ultima acqua del signor Alberto. Altri signori del paese, che stanno andando a raccogliere funghi, si fermano a fare due chiacchiere mentre ci riscaldiamo con un bel nescafè e un muesli dal gusto discutibile. Infine salutiamo tutti e ci mettiamo in marcia.
Con qualche saliscendi tra piacevoli sentieri e strade sterrate, con un passaggio in una palude di fango breve, ma sufficiente a bagnarci e inzaccherarci completamente i piedi, arriviamo a Spedino, dove troviamo una fontana funzionante, e proseguiamo per Cartore. Tutte le nostre speranze di procurarci qualcosa per pranzo si concentrano su questo paesino, che vanta persino una locanda.
Una enorme scritta in 3D ci avverte che stiamo entrando nella riserva della Duchessa. Di fronte a noi si stagliano le montagne che stiamo per affrontare. Sappiamo che a Cartore comincerà la sola vera salita del percorso, circa 1000 m D+ per arrivare al lago della Duchessa.
Arriviamo a Cartore e per la prima volta troviamo un piccolo affollamento: c’è infatti chi arriva qui in auto per un trekking al lago della Duchessa. Troviamo una fontana e un piccolo ristoro, la locanda dei Casali di Cartore, i cui gentilissimi gestori ci preparano dei panini, ci danno informazioni sulla presenza di acqua lungo il percorso e ci permettono persino di gettare nei loro bidoni la spazzatura che, in mancanza di cassonetti, abbiamo portato fin qui. Ci viene indicata una fonte poco prima del lago, per cui decidiamo di riempire solo una borraccia a testa.
Alla fine la salita è tutta all’ombra e non abbiamo neanche la necessità di fermarci a cercare la fonte prima del lago. Marta zampetta tranquilla nonostante lo zaino, mentre io, che non sono abituata a fare dislivello con tutto questo peso sulle spalle, trovo la salita particolarmente faticosa. Poco male, ben presto ci ritroviamo fuori dal bosco e circondate da montagne bellissime. Abbiamo superato gli altri escursionisti, per cui ci godiamo il panorama in perfetta solitudine!
La parte più bella, in realtà, è quella dopo il lago, che tanti saltano per tornare a Cartore, dove lasciano lo zaino, e riprendere il cammino da lì. Io consiglio caldamente di sopportare il peso dello zaino e fare tutto l’anello, superando il lago della Duchessa (1788 m) e raggiungendo il passo (di cui non mi è chiaro il nome) a poco meno di duemila metri di altezza, scendendo da lì a Rosciolo de’ Marsi senza ripassare da Cartore.
Una distesa di crochi e le ultime chiazze di neve ci accompagnano verso il passo, il vocio degli altri escursionisti ormai lontano dietro di noi. Non incontreremo anima viva, salvo un branco di cinghiali, per i prossimi 10 km.
Cominciamo la lunga discesa per Rosciolo de’ Marsi. Non c’è nessuna indicazione e il sentiero sembra davvero poco battuto, ma è comunque evidente. Il primo tratto è un po’ scosceso, anche se la classificazione dell’itinerario come EE ci è parsa eccessiva, almeno adesso che non c’è neve.
Perdiamo circa cinquecento metri e la pendenza si fa sempre più dolce, mentre il sentiero si trasforma in strada sterrata. Alla fine della discesa, svoltiamo a sinistra verso Rosciolo de’ Marsi e cominciamo l’ultima salita di oggi, circa 200 m D+, particolarmente faticosa per il caldo. Sono infatti le 14 e stiamo aspettando di trovare una fontana per concederci finalmente la nostra pausa pranzo con i panini acquistati a Cartore.
La salita ci porta a un bell’altopiano coronato dalle montagne, dove incontriamo magnifici cavalli al pascolo – una costante da queste parti – e persino un paio di umani. Scendiamo ora verso Rosciolo e, poco prima di raggiungere il paese, troviamo la sospirata fontana davanti alla chiesa romanica di Santa Maria in Valle Porclaneta.
Prima di tirare fuori i panini, stendiamo tenda e sacchi a pelo sul sagrato della chiesa: basta una mezz’oretta sotto il sole e asciuga tutto! L’acqua fresca, poi, è davvero un toccasana dopo il caldo degli ultimi chilometri. Chi volesse fare il giro in due giorni, o comunque dividere diversamente il percorso, può pensare di accamparsi qui: il posto è ideale e la fontana comodissima.
Ci rimettiamo in cammino e, superata Rosciolo, per facili strade bianche raggiungiamo Magliano de’ Marsi, che rispetto ai paesi attraversati finora ci sembra una metropoli.
Qui troviamo negozi, ristoranti e bar, ma siamo intenzionate a proseguire fino al paese successivo, Scurcula Marsicana. A questo punto io ho le vesciche ai piedi e l’idea fissa di una birra gelata, per cui è Marta a preoccuparsi della strada da seguire e del posto per piantare la tenda. Pare che ci siano due varianti, entrambe indicate come Cammino dei Briganti: noi scegliamo appunto quella che passa da Scurcula Marsicana. In paese troviamo le fontane chiuse, ma in un negozio di alimentari facciamo scorta di acqua, succo di frutta e birra (yeah!).
Dopo 44 km la birra ce la ben siamo meritata, no? Per di più in questo paese ci sono cestini e cassonetti per la raccolta differenziata, per cui non dobbiamo neanche portarci dietro le bottiglie vuote. Stanche ma ormai serene con i nostri tre litri d’acqua, principale preoccupazione per la sera, proseguiamo lungo il cammino superando Scurcula Marsicana e cominciando a cercare un posto per la tenda. Troviamo una casa abbandonata con un giardinetto riparato, seppure infestato dalle ortiche, che sembra fare al caso nostro. Per sicurezza ci confrontiamo con il proprietario della casa accanto e, per non farci mancare niente, anche con l’autista di un trattore di passaggio: niente, pare che la nostra presenza non dia fastidio a nessuno, siamo anzi le benvenute.
Ci sistemiamo nel giardinetto abbandonato e, sul ciglio della strada, Marta prepara la cena mentre io con ago e filo mi occupo delle mie vesciche. Il riso con gli sgombri sembra più buono del normale dopo questa lunga giornata in cammino.
Riparato è riparato, ma con la temperatura non è che vada molto meglio di ieri. “Non è il freddo, è l’umidità” è diventato il Leitmotiv del weekend. Se proprio vogliamo vedere il lato positivo della seconda notte in bianco, all’alba siamo già pronte con il nostro nescafè e riusciamo a metterci in cammino davvero presto. Dopo un facile tratto di strada, arriviamo al bivio con indicazioni per Le Crete, da cui non dobbiamo passare; prendiamo invece il sentiero a destra per San Donato, dove finalmente vediamo le prime indicazioni anche per Sante Marie.
Raggiungiamo il paese, dove troviamo una fontana, e proseguiamo in salita lungo l’antica mulattiera che una volta portava alla rocca di San Donato. Oggi non sono rimasti che dei ruderi, ma il percorso è davvero suggestivo.
Seguiamo il cammino che si inoltra tra un gruppo di case abbandonate ma, poco dopo, perdiamo di vista il segnavia e proseguiamo un po’ a caso lungo un sentiero non proprio battutissimo. Il percorso è comunque molto panoramico e ci riporta ben presto sulla retta via all’altezza dei ruderi dell’antico castello.
Dopo i ruderi comincia la discesa. Siamo in un ambiente collinare ma davvero bello e selvaggio, immerso nel silenzio e popolato solo da animali al pascolo.
I paesi successivi sono Scanzano e poi Tubione: in entrambi troviamo fontane e precise indicazioni. Ormai la nostra meta, Sante Marie, è davvero vicina!
Da Tubione scendiamo a fondovalle e ben presto ci ritroviamo accanto ai binari della ferrovia dove abbiamo lasciato la macchina. Sante Marie si erge poco più in alto sulla nostra sinistra, ma a questo punto il giro è praticamente finito e decidiamo di tagliare l’ultimo pezzo. Approfittiamo di un sottopasso per attraversare i binari e arriviamo alla stazione di Sante Marie, stanche ma decisamente soddisfatte!