Tutti i colori della Valmalenco (38 km – 3050 m D+)
San Giuseppe – Alpe Lagazzuolo (1974 m) – Bocchel del Cane (2551 m) – Lago Pirola (2300 m) – Chiareggio – Alpe Fora – Rifugio Longoni (2450 m) – Forcella d’Entova (2831 m) – Vallone di Scerscen – Alpe Musella – Lago Palù (1925 m) – San Giuseppe.
Periodo: Agosto 2021
Partenza: San Giuseppe (SO)
Distanza: 38 km
Dislivello: 3050 m
Acqua: fontane e torrenti
GPX (clic dx, salva link con nome)
Saremo noiose e abitudinarie, ma in un modo o nell’altro torniamo sempre qui. Ufficialmente il posto “prefe” delle Martas, anche questa volta la Valmalenco non ci ha deluso!
Questo giro, lunghetto e impegnativo, eventualmente divisibile in due giorni con pernottamento al Longoni, ci ha dato così tante soddisfazioni che a malapena abbiamo sentito la fatica. Per quanto riguarda le difficoltà tecniche, si tenga conto di un terreno generalmente poco corribile, con lunghi tratti su pietraia, e di un sentiero un po’ ostico tra il rifugio Longoni e la bocchetta d’Entova (indicato come EEA, sicuramente EE impegnativo). La parte più difficile si può evitare utilizzando il sentiero che dal Longoni scende per un tratto verso l’alpe Entova e risale poi verso la bocchetta d’Entova passando per il lago della Balena. Non avendolo provato, non so descrivere la difficoltà di questo percorso alternativo: se serve, consiglio di chiedere al rifugio.
Per quanto riguarda la logistica, noi abbiamo parcheggiato a caso nel primo posto trovato entrando a San Giuseppe. Con il senno di poi, consiglio invece di lasciare l’auto nell’ampio piazzale davanti all’albergo Sasso Nero: eviterete un mezzo chilometro di strada all’andata e mi ringrazierete della dritta alla fine del giro. Il primo sentiero da cercare è quello per l’alpe Lagazzuolo (n. 321): si scende fino al torrente Mallero, lo si attraversa e subito comincia la prima ripida salita.
In questo giro abbiamo potuto apprezzare tutti i colori della Valmalenco e il primo è stato l’azzurro smeraldo del lago Lagazzuolo. Si arriva all’alpe Lagazzuolo e al bivacco degli Alpini (attualmente chiuso) dopo circa 500 m di dislivello e, poco dopo, si raggiunge il laghetto. Da qui il bosco si dirada e il sentiero, da escursionistico, diventa una pietraia.
Altri 500 m di dislivello ci separano dal Bocchel del Cane e l’ambiente diventa sempre più fiabesco via via che si guadagna quota. Riusciamo a seguire i bolli con facilità, ma l’ambiente è severo e questa salita è assolutamente sconsigliata in caso di maltempo e di neve.
La salita è sempre più ripida e finalmente arriviamo alla bocchetta (2551 m), da dove la vista si spalanca su un’enorme pietraia rossa e sul lago Pirola, prossima tappa. Scendiamo con attenzione tra le rocce, inizialmente seguendo i bolli, poi tenendoci alte sulla sinistra per evitare le ultime lingue di neve.
Il “sentiero” svolta ora verso sinistra, aggirando la Punta Rosalba. La pendenza diminuisce e, superando questo severo torrione, compare di fronte a noi il monte Disgrazia.
Si prosegue su pietraia, ora quasi in piano, fino incontrare un bivio. O meglio un punto in cui il sentiero sembrerebbe svoltare tutto a sinistra, verso il ghiacciaio Ventina e il Disgrazia, ma dove noi sappiamo di dover andare proprio dalla parte opposta: a destra, verso il lago Pirola. Per qualche centinaio di metri seguiamo semplicemente la traccia gpx, poi finalmente ritroviamo i bolli: il sentiero c’è e da qui in poi è anche ben segnato.
Percorriamo il perimetro di questo splendido lago artificiale, con scorci spettacolari sul ghiacciaio Ventina e il monte Disgrazia, la cui cima rimane purtroppo avvolta dalle nuvole. A un breve tratto di salita segue una lunga discesa, che proseguirà fino a Chiareggio.
Dall’alpe Pirola ci sono due opzioni per Chiareggio: noi prendiamo il sentiero a destra, un po’ più ripido e meno corribile rispetto a quello che passa per i rifugi, ma più veloce e meno affollato. Ben presto siamo a Chiareggio: attraversiamo il torrente, facciamo un rifornimento d’acqua alla fontana e proseguiamo verso destra lungo la strada. Dopo il parcheggio, troviamo sulla sinistra le indicazioni per l’alpe Fora e il rifugio Longoni: siamo ora su un terreno che conosciamo bene, l’alta via della Valmalenco, indicata da un triangolo giallo rovesciato.
Dopo una piacevole salita tra i pini, ri-superiamo la linea del bosco e ci troviamo all’alpe Fora. Da qui al rifugio Longoni si attraversa un bellissimo pianoro verdeggiante, dove le mucche pascolano beatamente tra ampi prati, cascate e rocce dalle forme più fantasiose. A destra, oltre la valle di Chiareggio, si vede di nuovo il Disgrazia, mentre le altissime montagne alla nostra sinistra sono il gruppo del Bernina.
Al rifugio Longoni (2450 m) abbiamo percorso 2000 m di dislivello e ce ne mancano altri 1000. Come distanza siamo invece a meno di metà, circa 15 km. Da qui, seguendo le indicazioni per la forcella di Entova, attacchiamo il tratto più difficile del percorso.
I bolli sono più rari e sbiaditi rispetto ai tratti più frequentati dell’alta via, ma riusciamo sempre a seguirli senza problemi. L’intero percorso è pulito, come probabilmente lo si trova per non più di un paio di mesi all’anno. Consiglio sempre di fare una telefonata al rifugio per avere informazioni aggiornate sulla situazione neve, prima di avventurarsi da queste parti: in caso di nevai anche piccoli le difficoltà possono aumentare in modo esponenziale.
Superiamo una placchetta con l’aiuto della catena, proseguendo poi lungo un traverso a tratti un po’ esposto, con un sentierino stretto stretto dove è necessario procedere piano e con cautela. L’ambiente è spettacolare, davvero selvaggio. Nonostante il tempo non bellissimo, incontriamo qualche escursionista, per quanto naturalmente non sia un percorso frequentato dalle masse. Raggiungiamo infine una casetta abbandonata e una vecchia pista carrozzabile, risalenti ai tempi in cui si veniva qui a sciare – guardando in alto, si vede anche l’ex rifugio, ormai dismesso – e troviamo qui le indicazioni per San Giuseppe (utili in caso di necessità per accorciare il giro) oltre a quelle che ci interessano per la bocchetta di Entova.
Costeggiamo il piccolo lago della Balena continuando a salire su pietraia. Il percorso è lento, anche perché i bolli per orientarsi sono sempre più rari, ma privo di particolari insidie e comunque più semplice del traverso affrontato precedentemente.
Raggiugiamo finalmente la bocchetta, che con i suoi 2831 m è il punto più alto del nostro giro. La vista da qui è semplicemente spettacolare. Sulla destra vediamo la caratteristica cima del Sasso Nero, indicata da una scritta gialla.
Cominciamo a scendere ora, sempre seguendo i bolli in modo più o meno ligio, verso il vallone di Scerscen. In alcuni punti conviene rimanere a fondovalle, mentre i bolli si trovano più in alto – forse per essere visibile in caso di neve. Il nostro sentiero è quello del Bernina Sud, ma ci sono anche altre tracce e bolli che non vanno seguiti.
Attenzione in particolare a non seguire le frecce per i Sassi Bianchi, una strana e fantastica formazione rocciosa che si staglia in fondo alla valle e che ricorda un ghiacciaio. Il ghiacciaio in realtà c’è, ma è più lontano: in fondo, dietro ai Sassi Bianchi, si vede infatti la Vedretta di Scerscen.
Tutto il giro fin qui è stato bello, ma questa parte è in assoluto la migliore. Proseguiamo a bocca aperta fino a fondovalle, dove il sentiero fa una curva a U e troviamo le indicazioni per l’alpe Musella, prossima tappa.
Si prosegue ora su facile sentiero e con pendenza minima nel vallone di Scerscen, che non è una valle ma proprio un vallone. Seguiamo sempre i bolli bianco-rossi e il triangolo giallo rovesciato dell’alta via, lungo il corso del torrente che sentiamo scrosciare poco più in basso e passando sotto strane formazioni rocciose, questa volta di colore scuro.
Attraversato il torrente, seguiamo il sentiero nel bosco che, con qualche saliscendi, ci porta all’alpe Musella. Da qui si svolta a destra (il sentiero che prosegue dritto lungo il corso del torrente è quello per Campo Moro, direzione sbagliata!) e si scende ancora per un tratto fino all’ampio pianoro attraversato da varie ramificazioni del torrente Scerscen.
Superati alcuni ponti, si troveranno le indicazioni per il lago Palù, ultima tappa del nostro giro. Il sentiero è più o meno pianeggiante per circa un chilometro, fino al bivio dove si svolta tutto a destra e si imbocca l’ultima salita per il lago Palù. Il segnavia è sempre il triangolo giallo e le indicazioni sono puntuali e precise. Da qui al lago mancano circa 300 m di dislivello. Se passando sotto le piste da sci vi sembra di trovarvi in un brutto posto, aspettate di arrivare in vista del lago con la luce calda del tardo pomeriggio!
Dal punto in cui si vede il lago è tutta discesa, ripida all’inizio e poi via via sempre più facile e corribile. Si passa dal rifugio Palù e si seguono le indicazioni per San Giuseppe lungo una strada sterrata in discesa. Finiamo infine sulla strada asfaltata e da qui ignoriamo un ultimo sentiero per San Giuseppe, proseguendo sempre su strada fino al punto in cui abbiamo parcheggiato. Circa 10 ore e mezza per un giro davvero spettacolare!
Anello del Forno (20,5 km – 1675 m D+)
24 Agosto 2021 by marta • Valtellina Tags: chiareggio, corsa in montagna, engadina, forno, ghiacciaio, monte del forno, passo del muretto, passo forno, sentiero rusca, svizzera, trail running, valmalenco, valtellina • 0 Comments
Periplo del Monte del Forno tra Valmalenco e Engadina: Chiareggio – Alpe Vazzeda – Passo Forno (2775 m) – Capanna Forno – Passo del Muretto (2555 m) – Alpe dell’Oro – Chiareggio.
Periodo: Agosto 2021
Partenza: Chiareggio (SO)
Distanza: 20,5 km
Dislivello: 1675 m
Acqua: ruscelli e fontane
GPX (clic dx, salva link con nome)
Ecco un percorso di alta montagna relativamente semplice, ma davvero bello e di grande impatto: si supera il confine svizzero tra cime aguzze di oltre tremila metri, seguendo a ritroso il percorso dove nel 1944 l’alpinista e partigiano Ettore Castiglioni perse la vita nel tentativo di rientrare in Italia da Maloja, e si può ammirare quanto rimane del ghiacciaio del Forno, uno spettacolo sempre suggestivo. Quando dico che il percorso è “semplice” intendo un EE privo di grandi difficoltà, solo con pietraie e tratti di sentiero stretto, ripido e un po’ esposto. Naturalmente, viste le quote, la difficoltà aumenta in modo esponenziale in caso di maltempo e neve, e richiede in ogni caso una certa dimestichezza con un ambiente severo di alta montagna.
L’idea è nata la scorsa settimana, dopo l’ennesimo giro con Marta nell’amata Valmalenco: visto che siete sempre da quelle parti, ci ha scritto un’amica della mia socia, dovreste provare a scavallare in Engadina. Detto, fatto. Vedo che da Chiareggio ci sono due passi per l’Engadina: il passo Forno, piuttosto alto con i suoi 2775 m, e il più tranquillo passo del Muretto, a 2555 m. Purtroppo Marta lavora, ma lancio l’idea a Meme che, dopo essere stato tranquillizzato circa l’orario di partenza, accetta di accompagnarmi nell’esplorazione.
Si parte dunque da Chiareggio (accesso con ticket, acquistabile alle macchinette ma anche con Easypark): l’auto va lasciata al pian del Lupo, nell’ampio parcheggio lungo il fiume che si trova alla fine del paese. Si vedranno indicazioni per i vari rifugi della zona, tra cui vanno seguite quelle per il Tartaglione Crispo – facile meta per famiglie – e per il Del Grande Camerini – passeggiata più impegnativa. La partenza è in piano, lungo il corso del torrente.
Dopo poco più di un chilometro si abbandona il sentiero principale seguendo le indicazioni per il rifugio Del Grande Camerini e per il passo Forno, dato a 4 ore di cammino. Noi in tutto abbiamo impiegato meno di due ore dal parcheggio al passo, di buon passo ma senza ammazzarci. La salita dal bivio in avanti diventa più decisa, ma sempre gradevole, con qualche tratto pianeggiante qua e là per tirare il fiato e ammirare il paesaggio.
Ben presto raggiungiamo l’alpe Vazzeda inferiore e senza possibilità d’errore continuiamo a salire seguendo le puntuali indicazioni per il passo Forno, i segni gialli dell’alta via, i bolli bianco-rossi e adesso anche dei nuovi bolli bianco-azzurri – che, scopriremo poi, indicano la traversata alta dal passo Forno al passo del Muretto.
Superiamo anche l’alpe Vazzeda superiore e il bivio con il sentiero che porta, verso sinistra, al rifugio Del Grande Camerini e proseguiamo in salita verso la nostra bocchetta. L’ambiente diventa sempre più bello via via che guadagniamo quota: il gruppo roccioso alla nostra destra è il Monte Forno, mentre le vette che vediamo a sinistra dovrebbero essere le cime Vezzeda e di Val Bona. Metto qui sotto un paio di foto, così se qualcuno le riconosce mi può confermare o correggere!
Altre indicazioni incontrate più in alto mi portano a pensare che la rete di sentieri in questa zona sia più ampia del previsto e che, se i percorsi sono sempre così ben segnati, le possibilità di traversate e nuovi giri ad anello siano tantissime. Per il momento ci atteniamo però all’itinerario stabilito e proseguiamo verso la bocchetta, su un terreno che diventa sempre più una pietraia e con un’ultima lingua di neve (naturalmente Meme sente la necessità di passare proprio da lì).
La bocchetta segna anche il confine di Stato. Da qui sono indicati da una parte Capanna Forno, prossima tappa del giro, che viene data a mezz’ora di cammino sul versante elvetico (segnavia bianco-rosso); dall’altra il passo del Muretto, a due ore di cammino, sul versante italiano ai piedi del Monte del Forno (segnavia bianco-azzurro).
Non conoscendo la difficoltà di questo secondo percorso, ma ben conoscendo il costo dell’elisoccorso svizzero, costringo Meme, già partito lungo la traversata per il passo del Muretto come un bambino al parco giochi, a tornare indietro e a scendere verso Capanna Forno, come da programma.
Perdiamo un centinaio di metri di quota nella pietraia, lungo un percorso sdrucciolevole ma non difficile, e arriviamo in vista del rifugio.
A sinistra, superando il Monte Rosso, compare il ghiacciaio del Forno.
Senza scendere fino al rifugio, seguiamo le indicazioni a destra per Maloja: un lungo traverso con qualche saliscendi, tecnico ma non particolarmente difficile, ci porterà verso il passo del Muretto aggirando il Monte del Forno e i pizzi dei Rossi sul lato elvetico. Approfittiamo di un tubo da cui esce un filo d’acqua per riempire le borracce prima di proseguire.
Lo scenario in questa prima parte del traverso è spettacolare, e lo diventa ancora di più quando raggiungiamo un laghetto alpino ai piedi del Monte del Forno.
Il sentiero si snoda per lo più su pietraia sempre sui 2600-2700 m di quota, per poi scendere in direzione Maloja fino a circa 2300 m. La discesa è piuttosto ripida e sdrucciolevole e, solo in questa parte, abbiamo avuto qualche difficoltà a trovare i bolli.
Attraversato un torrentello, la traccia curva verso destra e ci addentriamo in un pianoro con un paio di laghetti. In fondo si vede il passo del Muretto, che più che un muretto sembra una muraglia.
La salita è ripida, soprattutto nell’ultimo tratto prima della bocchetta, ma sono gli ultimi 250 m di dislivello: dal passo ci aspetta solo una lunga discesa, tra l’altro su un terreno molto facile. Scopriamo infatti che il passo del Muretto è il punto di arrivo del sentiero Rusca, che va da Sondrio a Chiareggio lungo il corso del torrente Mallero e sale infine fin quassù.
Scendiamo dunque lungo questo sentiero, facile e corribile, passando per l’alpe dell’Oro (circa 4 km dal passo del Muretto) e arrivando ben presto al parcheggio al pian del Lupo (3 km dall’alpe dell’Oro). In tutto circa 5 ore effettive, 5 ore e mezza comprese le pause.