Anello del Forno (20,5 km – 1675 m D+)
Periplo del Monte del Forno tra Valmalenco e Engadina: Chiareggio – Alpe Vazzeda – Passo Forno (2775 m) – Capanna Forno – Passo del Muretto (2555 m) – Alpe dell’Oro – Chiareggio.
Periodo: Agosto 2021
Partenza: Chiareggio (SO)
Distanza: 20,5 km
Dislivello: 1675 m
Acqua: ruscelli e fontane
GPX (clic dx, salva link con nome)
Ecco un percorso di alta montagna relativamente semplice, ma davvero bello e di grande impatto: si supera il confine svizzero tra cime aguzze di oltre tremila metri, seguendo a ritroso il percorso dove nel 1944 l’alpinista e partigiano Ettore Castiglioni perse la vita nel tentativo di rientrare in Italia da Maloja, e si può ammirare quanto rimane del ghiacciaio del Forno, uno spettacolo sempre suggestivo. Quando dico che il percorso è “semplice” intendo un EE privo di grandi difficoltà, solo con pietraie e tratti di sentiero stretto, ripido e un po’ esposto. Naturalmente, viste le quote, la difficoltà aumenta in modo esponenziale in caso di maltempo e neve, e richiede in ogni caso una certa dimestichezza con un ambiente severo di alta montagna.
L’idea è nata la scorsa settimana, dopo l’ennesimo giro con Marta nell’amata Valmalenco: visto che siete sempre da quelle parti, ci ha scritto un’amica della mia socia, dovreste provare a scavallare in Engadina. Detto, fatto. Vedo che da Chiareggio ci sono due passi per l’Engadina: il passo Forno, piuttosto alto con i suoi 2775 m, e il più tranquillo passo del Muretto, a 2555 m. Purtroppo Marta lavora, ma lancio l’idea a Meme che, dopo essere stato tranquillizzato circa l’orario di partenza, accetta di accompagnarmi nell’esplorazione.
Si parte dunque da Chiareggio (accesso con ticket, acquistabile alle macchinette ma anche con Easypark): l’auto va lasciata al pian del Lupo, nell’ampio parcheggio lungo il fiume che si trova alla fine del paese. Si vedranno indicazioni per i vari rifugi della zona, tra cui vanno seguite quelle per il Tartaglione Crispo – facile meta per famiglie – e per il Del Grande Camerini – passeggiata più impegnativa. La partenza è in piano, lungo il corso del torrente.
Dopo poco più di un chilometro si abbandona il sentiero principale seguendo le indicazioni per il rifugio Del Grande Camerini e per il passo Forno, dato a 4 ore di cammino. Noi in tutto abbiamo impiegato meno di due ore dal parcheggio al passo, di buon passo ma senza ammazzarci. La salita dal bivio in avanti diventa più decisa, ma sempre gradevole, con qualche tratto pianeggiante qua e là per tirare il fiato e ammirare il paesaggio.
Ben presto raggiungiamo l’alpe Vazzeda inferiore e senza possibilità d’errore continuiamo a salire seguendo le puntuali indicazioni per il passo Forno, i segni gialli dell’alta via, i bolli bianco-rossi e adesso anche dei nuovi bolli bianco-azzurri – che, scopriremo poi, indicano la traversata alta dal passo Forno al passo del Muretto.
Superiamo anche l’alpe Vazzeda superiore e il bivio con il sentiero che porta, verso sinistra, al rifugio Del Grande Camerini e proseguiamo in salita verso la nostra bocchetta. L’ambiente diventa sempre più bello via via che guadagniamo quota: il gruppo roccioso alla nostra destra è il Monte Forno, mentre le vette che vediamo a sinistra dovrebbero essere le cime Vezzeda e di Val Bona. Metto qui sotto un paio di foto, così se qualcuno le riconosce mi può confermare o correggere!
Altre indicazioni incontrate più in alto mi portano a pensare che la rete di sentieri in questa zona sia più ampia del previsto e che, se i percorsi sono sempre così ben segnati, le possibilità di traversate e nuovi giri ad anello siano tantissime. Per il momento ci atteniamo però all’itinerario stabilito e proseguiamo verso la bocchetta, su un terreno che diventa sempre più una pietraia e con un’ultima lingua di neve (naturalmente Meme sente la necessità di passare proprio da lì).
La bocchetta segna anche il confine di Stato. Da qui sono indicati da una parte Capanna Forno, prossima tappa del giro, che viene data a mezz’ora di cammino sul versante elvetico (segnavia bianco-rosso); dall’altra il passo del Muretto, a due ore di cammino, sul versante italiano ai piedi del Monte del Forno (segnavia bianco-azzurro).
Non conoscendo la difficoltà di questo secondo percorso, ma ben conoscendo il costo dell’elisoccorso svizzero, costringo Meme, già partito lungo la traversata per il passo del Muretto come un bambino al parco giochi, a tornare indietro e a scendere verso Capanna Forno, come da programma.
Perdiamo un centinaio di metri di quota nella pietraia, lungo un percorso sdrucciolevole ma non difficile, e arriviamo in vista del rifugio.
A sinistra, superando il Monte Rosso, compare il ghiacciaio del Forno.
Senza scendere fino al rifugio, seguiamo le indicazioni a destra per Maloja: un lungo traverso con qualche saliscendi, tecnico ma non particolarmente difficile, ci porterà verso il passo del Muretto aggirando il Monte del Forno e i pizzi dei Rossi sul lato elvetico. Approfittiamo di un tubo da cui esce un filo d’acqua per riempire le borracce prima di proseguire.
Lo scenario in questa prima parte del traverso è spettacolare, e lo diventa ancora di più quando raggiungiamo un laghetto alpino ai piedi del Monte del Forno.
Il sentiero si snoda per lo più su pietraia sempre sui 2600-2700 m di quota, per poi scendere in direzione Maloja fino a circa 2300 m. La discesa è piuttosto ripida e sdrucciolevole e, solo in questa parte, abbiamo avuto qualche difficoltà a trovare i bolli.
Attraversato un torrentello, la traccia curva verso destra e ci addentriamo in un pianoro con un paio di laghetti. In fondo si vede il passo del Muretto, che più che un muretto sembra una muraglia.
La salita è ripida, soprattutto nell’ultimo tratto prima della bocchetta, ma sono gli ultimi 250 m di dislivello: dal passo ci aspetta solo una lunga discesa, tra l’altro su un terreno molto facile. Scopriamo infatti che il passo del Muretto è il punto di arrivo del sentiero Rusca, che va da Sondrio a Chiareggio lungo il corso del torrente Mallero e sale infine fin quassù.
Scendiamo dunque lungo questo sentiero, facile e corribile, passando per l’alpe dell’Oro (circa 4 km dal passo del Muretto) e arrivando ben presto al parcheggio al pian del Lupo (3 km dall’alpe dell’Oro). In tutto circa 5 ore effettive, 5 ore e mezza comprese le pause.
Double-ring in Engadina (32,5 km – 2450 m D+)
25 Agosto 2022 by marta • Altro Tags: alpi svizzere, bernina, engadina, ghiacciaio, maloja, morteratsch, paradis, piz languard, segantini, steinbochweg, svizzera, trail running • 0 Comments
Pontresina – capanna Paradis – Piz Languard (3262 m) – Steinbochweg – capanna Segantini – lago Muragl – forcella Val Champagna (2806 m) – Muottas Muragl – Panoramaweg – Pontresina.
Periodo: Agosto 2022
Partenza: Pontresina (Svizzera)
Distanza: 32,5 km
Dislivello: 2450 m
Acqua: poche fontane, ruscelli
GPX (clic dx, salva link con nome)
Ok, questo giro non è proprio a due passi da Milano, ma come non approfittare degli ultimi giorni di ferie e di un invito a Pontresina per una corsetta ad alta quota sulle alpi svizzere? Il doppio anello è una creazione di Giudy, che si autodefinisce una “ciuccia-asfalto”, ma anche nel trail non scherza.
Tutto il percorso è segnato perfettamente e la traccia gpx è quasi inutile. Nonostante si rimanga sempre a quote impegnative, almeno per i miei polmoni, i sentieri sono facili e corribili: un bel cambiamento per me, dopo un’estate passata a saltellare per le pietraie della val Masino. Solo l’ultimo tratto per salire al piz Languard è ripido e forse un po’ vertiginoso: niente di particolarmente impegnativo, peraltro evitabile senza modificare il resto del giro.
Partiamo da Pontresina, dove parcheggiamo nei pressi della seggiovia (Sesselbahn Languard) e prendiamo via Giarsun, che porta a una chiesetta con un piccolo cimitero. Qui ci troviamo a un bivio: imbocchiamo il sentiero verso destra seguendo le indicazioni per capanna Paradis, nostra prima tappa, mentre da quello a sinistra arriveremo alla fine del giro. Saliamo piacevolmente nel bosco, che ogni tanto si apre con una vista spaziale sul poco che rimane del ghiacciaio del Morteratsch. Superati gli ultimi alberi, continuiamo a guadagnare quota e raggiungiamo la malga.
Abbiamo guadagnato fin qui circa 700 m di dislivello e ne mancano più o meno altrettanti per la cima del piz Languard, punto più alto del giro. Una breve ma divertente discesa ci permette di sciogliere le gambe prima di riprendere a salire, seguendo le puntuali indicazioni per il piz Languard che, da capanna Paradis, è dato a 2 ore e mezza di cammino (senza tirarci il collo, ci mettiamo molto meno).
Attraversiamo un’ampia valle, brulla e secca, e cominciamo a risalire sul versante opposto. Di fronte a noi svetta il piz Languard e già si intravede, poco sotto la cima, il rifugio omonimo. Lo raggiungiamo con un breve strappetto: alcuni escursionisti ci hanno preceduto, ma è ancora presto e il rifugio non è affollato. Lasciamo qui i bastoncini, che non ci servono per l’ultimo tratto di roccette.
Ci arrampichiamo seguendo i bolli e aiutandoci con grossi canaponi azzurri, nuovi di zecca e ben tesi. Si trattano proprio bene, qui in Svizzera!
Dalla cima del piz Languard, a 3262 m, la vista è semplicemente spaziale in questa giornata così tersa. Non c’è nemmeno tanto vento e possiamo goderci il panorama in maniche corte.
Riscendiamo al rifugio, recuperiamo i bastoncini e torniamo sui nostri passi fino al primo bivio: qui svoltiamo a destra, in direzione opposta a quella da cui siamo arrivate, poi teniamo ancora la destra imboccando il sentiero degli stambecchi (Steinbochweg) verso la capanna Segantini (2731 m).
Si tratta di un fantastico traverso, tutto corribile, a quota 2700 m circa, che porta al terzo dei quattro rifugi del nostro giro, questo abbastanza affollato visto che è ormai ora di pranzo. Assetate e speranzose, ci avviciniamo alla fontana, ma niente da fare: kein Trinkwasser, ammonisce un cartello, acqua non potabile. All’interno del rifugio apprendiamo con sgomento che una bottiglia piccola costa 6 franchi e una grande 13. Non accettano la carta e abbiamo solo 10 euro, per cui tutto ciò che possiamo permetterci è mezzo litro in due (ho bevuto anche un po’ d’acqua della fontana, per fortuna senza conseguenze immediate).
La prossima tappa è il lago Muragl, anch’esso facilmente raggiungibile seguendo le indicazioni – i laghi si chiamano “Lej”. Scendiamo lungo un sentiero piuttosto affollato, perdendo circa 400 m di quota, e attraversiamo il torrente. Qui lasciamo in sospeso il primo anello e apriamo il secondo. Anche questo parte con una bella salita, circa 500 m da qui alla forcella Val Champagna passando per il lago Muragl.
Il lago è bellissimo, ancora meglio se visto dall’alto. Considerando la facilità con cui lo si raggiunge, ci riteniamo fortunate a trovare meno di una decina di persone sulle sue sponde. Un ultimo tratto di salita ci porta da qui alla forcella di Val Champagna (2806 m).
Si scende, ora, e anche parecchio: da 2800 a meno di 2000 m, sempre su facile sentiero. Le indicazioni da seguire sono quelle per Samedan.
Via via che perdiamo quota, la pietraia lascia il posto ai pascoli e il sentiero si avvicina al torrentello, oggi piuttosto in secca, che scorre a fondovalle. Ben presto raggiungiamo una baita con fontana: i proprietari non ci sono e ci serviamo da sole. Avevamo sì riempito le flask ai ruscelli, ma con tutti gli animali che ci sono in giro siamo più tranquille con l’acqua fresca e zampillante della baita.
Scendiamo ancora un po’ e torniamo a immergerci nel bosco. Bisogna rimanere a sinistra del torrente, senza mai attraversarlo. Il sentiero svolta tutto a sinistra, con un ultimo tratto bello corribile nel bosco prima dell’ultima salita.
Con un sadismo degno dei migliori organizzatori di gare, Giudy ha previsto a questo punto un’ultima salita di quasi 500 m: seguiamo dunque le indicazioni per Muottas Muragl, per andare a chiudere il secondo anello. La salita, a dire il vero, non è troppo ripida e ci porta ben presto al crocevia, a quota 2400 m circa, da cui poche ore fa abbiamo imboccato il sentiero per il lago Muragl.
Le indicazioni da seguire sono ora quelle per Unterer Schafberg. Attraversiamo il torrente e ne approfittiamo per rabboccare un’altra volta le borracce, poi risaliamo brevemente e andiamo a prendere il bellissimo traverso che prende il nome – meritatissimo – di Panoramaweg.
Vedendolo da lontano ho brontolato, credendo poco alle rassicurazioni di Giudy. In realtà, come dice lei, questo ampio sentiero pianeggiante fa proprio venire voglia di correre! Ci divertiamo dunque per un paio di chilometri, prima della discesa finale che ci riporta alla seggiovia, passando per la chiesetta dell’andata.
Un super double-ring, grazie Giudy!