Sulle creste in Val di Susa (20 km – 1800 m D+)
Forno di Coazze – Molé – Rifugio Balma (1.986 m) – Monte Rocciavré (2.778 m) – Monte Robinet (2.676 m) – Punta Loson (2.643 m) – Lago Soprano – Rifugio Balma e ritorno via Molé
Periodo: Settembre 2019
Partenza: Forno di Coazze (1050 m)
Distanza: 20 km
Dislivello: 1.890 m
Acqua: si incontrano due fontane lungo il sentiero 415 da Molé al rifugio Balma, una al rifugio, una salendo verso il Rocciavré e un’altra al lago Soprano.
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Il parco naturale Orsiera Rocciavré è stato una scoperta tanto interessante quanto casuale – sono finita in questo territorio a me completamente ignoto seguendo il buon Meteo Swiss, che indicava qui una finestra di bel tempo in un weekend altrimenti piovoso. Da Milano a Forno di Coazze, punto di partenza del giro, sono circa due ore di auto: non molto più di quanto si impieghi per raggiungere certi posti in Valtellina o sulle Orobie, a ben pensarci, anche se qui bisogna mettere nel conto il costo dell’autostrada. Ma vale decisamente la pena di fare un salto in queste valli: vi ho trovato sentieri in buone condizioni anche se poco battuti, paesaggi spettacolari e più stambecchi che umani! Il giro si può ripercorrere tranquillamente seguendo le indicazioni sui sentieri, senza bisogno della traccia gpx. Senza mai essere troppo difficile, è comunque sconsigliabile a chi soffra di vertigini.
Si sale in auto fino al santuario “Grotta di Nostra Signora di Lourdes”. Si può parcheggiare qui o poco più avanti, all’altezza del bivio con indicazione Molé. Si prosegue poi a piedi lungo la strada asfaltata in salita verso Molé, dove si imbocca il sentiero 415 – ben segnalato – verso il Rifugio Balma. Il sentiero sale a tratti dolcemente e a tratti in modo più deciso, senza mai diventare troppo faticoso, in una bella e ampia valle lungo il corso del Rio della Balma. L’acqua non manca: da Molé al rifugio incontreremo ben tre fontane.
Superato il Rifugio Balma (1.986 m) ignoriamo un primo sentiero verso destra e proseguiamo dritto, sempre seguendo il 415. Ben presto arriveremo al bivio con il 441, da cui arriveremo al ritorno. Ora invece teniamo la destra e continuiamo a salire in direzione dei monti Rocciavré e Robinet, dati a 2 h di cammino (io ho impiegato un’ora abbondante salendo con molta calma e fermandomi diverse volte a scattare foto).
Per quanto il Rocciavré sia la nostra prima meta, nonché una delle due montagne che danno il nome a tutto il parco, non troveremo più questo nome se non sull’ultimissimo cartello prima della vetta. Seguiamo comunque senza preoccuparci le indicazioni per il Robinet.
Anche qui il sentiero alterna tratti ripidi a tratti pianeggianti, in cui possiamo goderci il panorama. Davanti a noi si comincia a vedere il colletto tra il monte Robinet, a sinistra, e il Rocciavré, a destra. Il sentiero svolta a destra per aggirare un massiccio roccioso che a prima vista sembrerebbe attaccato al Rocciavré, poi comincia a salire verso sinistra fino a raggiungere il colletto. Bisogna sempre seguire le indicazioni per il Robinet.
Finalmente al colletto incontriamo un cartello in cui viene nominato il Rocciavré, e lo seguiamo prendendo la cresta che sale verso destra. Adesso i bolli vengono sostituiti da sporadici ometti – sconsiglio assolutamente il giro in caso di scarsa visibilità – che seguiamo tra grossi massi rossi, in un paesaggio sempre più bello e selvaggio. L’ultimo tratto di cresta prima di raggiungere la croce e la madonnina di vetta è particolarmente vertiginosa. Qualche piccolo bollo bianco ci aiuterà a seguire il percorso più sicuro, e negli ultimi metri, i più esposti, troveremo anche una catena con cui aiutarci.
Dopo avere ammirato il paesaggio a trecentosessanta gradi dalla cima del Rocciavré (2.778 m), torniamo indietro da dove siamo arrivati fino al colletto Robinet, prestando attenzione a seguire gli ometti in discesa verso destra e non quelli che proseguono dritto in cresta. Dal colletto continuiamo lungo la cresta, arrivando ben presto in cima al Robinet (2.676 m), dove una graziosa cappella può servire da bivacco in caso di necessità. In questo punto ho incontrato un branco di stambecchi, con tanto di cuccioli, del tutto indifferenti alla mia presenza.
Si prosegue sempre lungo la cresta fino alla vetta successiva, la Punta Loson (2.643 m). Qui il sentiero è segnalato da bolli e ometti piuttosto evidenti: se non ne vedete per un po’, tornate indietro o cercate di riavvicinarvi alla cresta. Il paesaggio è meraviglioso, lunare e solitario. Il percorso non è tecnicissimo se non in alcuni tratti, ma neanche banale – lo classificherei come EE, e di nuovo lo consiglio solo se la visibilità è ottima.
Superata la croce di vetta della Punta Loson, la vista si apre sul lago Rouen – bellissimo – mentre proseguiamo in discesa fino a incontrare finalmente delle nuove indicazioni: seguiamo il sentiero 441 per il lago Soprano e il rifugio Balma.
Il sentiero adesso diventa un po’ antipatico, stretto e esposto, ma è solo un breve tratto. Superiamo il colletto Balma e continuiamo a scendere più tranquillamente verso il lago Soprano, seguendo bolli bianco-rossi riverniciati di recente, più evidenti di quelli incontrati finora. Arriviamo al rifugio e ripercorriamo i nostri passi fino alla macchina.
Anello del Forno (20,5 km – 1675 m D+)
24 Agosto 2021 by marta • Valtellina Tags: chiareggio, corsa in montagna, engadina, forno, ghiacciaio, monte del forno, passo del muretto, passo forno, sentiero rusca, svizzera, trail running, valmalenco, valtellina • 0 Comments
Periplo del Monte del Forno tra Valmalenco e Engadina: Chiareggio – Alpe Vazzeda – Passo Forno (2775 m) – Capanna Forno – Passo del Muretto (2555 m) – Alpe dell’Oro – Chiareggio.
Periodo: Agosto 2021
Partenza: Chiareggio (SO)
Distanza: 20,5 km
Dislivello: 1675 m
Acqua: ruscelli e fontane
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Ecco un percorso di alta montagna relativamente semplice, ma davvero bello e di grande impatto: si supera il confine svizzero tra cime aguzze di oltre tremila metri, seguendo a ritroso il percorso dove nel 1944 l’alpinista e partigiano Ettore Castiglioni perse la vita nel tentativo di rientrare in Italia da Maloja, e si può ammirare quanto rimane del ghiacciaio del Forno, uno spettacolo sempre suggestivo. Quando dico che il percorso è “semplice” intendo un EE privo di grandi difficoltà, solo con pietraie e tratti di sentiero stretto, ripido e un po’ esposto. Naturalmente, viste le quote, la difficoltà aumenta in modo esponenziale in caso di maltempo e neve, e richiede in ogni caso una certa dimestichezza con un ambiente severo di alta montagna.
L’idea è nata la scorsa settimana, dopo l’ennesimo giro con Marta nell’amata Valmalenco: visto che siete sempre da quelle parti, ci ha scritto un’amica della mia socia, dovreste provare a scavallare in Engadina. Detto, fatto. Vedo che da Chiareggio ci sono due passi per l’Engadina: il passo Forno, piuttosto alto con i suoi 2775 m, e il più tranquillo passo del Muretto, a 2555 m. Purtroppo Marta lavora, ma lancio l’idea a Meme che, dopo essere stato tranquillizzato circa l’orario di partenza, accetta di accompagnarmi nell’esplorazione.
Si parte dunque da Chiareggio (accesso con ticket, acquistabile alle macchinette ma anche con Easypark): l’auto va lasciata al pian del Lupo, nell’ampio parcheggio lungo il fiume che si trova alla fine del paese. Si vedranno indicazioni per i vari rifugi della zona, tra cui vanno seguite quelle per il Tartaglione Crispo – facile meta per famiglie – e per il Del Grande Camerini – passeggiata più impegnativa. La partenza è in piano, lungo il corso del torrente.
Dopo poco più di un chilometro si abbandona il sentiero principale seguendo le indicazioni per il rifugio Del Grande Camerini e per il passo Forno, dato a 4 ore di cammino. Noi in tutto abbiamo impiegato meno di due ore dal parcheggio al passo, di buon passo ma senza ammazzarci. La salita dal bivio in avanti diventa più decisa, ma sempre gradevole, con qualche tratto pianeggiante qua e là per tirare il fiato e ammirare il paesaggio.
Ben presto raggiungiamo l’alpe Vazzeda inferiore e senza possibilità d’errore continuiamo a salire seguendo le puntuali indicazioni per il passo Forno, i segni gialli dell’alta via, i bolli bianco-rossi e adesso anche dei nuovi bolli bianco-azzurri – che, scopriremo poi, indicano la traversata alta dal passo Forno al passo del Muretto.
Superiamo anche l’alpe Vazzeda superiore e il bivio con il sentiero che porta, verso sinistra, al rifugio Del Grande Camerini e proseguiamo in salita verso la nostra bocchetta. L’ambiente diventa sempre più bello via via che guadagniamo quota: il gruppo roccioso alla nostra destra è il Monte Forno, mentre le vette che vediamo a sinistra dovrebbero essere le cime Vezzeda e di Val Bona. Metto qui sotto un paio di foto, così se qualcuno le riconosce mi può confermare o correggere!
Altre indicazioni incontrate più in alto mi portano a pensare che la rete di sentieri in questa zona sia più ampia del previsto e che, se i percorsi sono sempre così ben segnati, le possibilità di traversate e nuovi giri ad anello siano tantissime. Per il momento ci atteniamo però all’itinerario stabilito e proseguiamo verso la bocchetta, su un terreno che diventa sempre più una pietraia e con un’ultima lingua di neve (naturalmente Meme sente la necessità di passare proprio da lì).
La bocchetta segna anche il confine di Stato. Da qui sono indicati da una parte Capanna Forno, prossima tappa del giro, che viene data a mezz’ora di cammino sul versante elvetico (segnavia bianco-rosso); dall’altra il passo del Muretto, a due ore di cammino, sul versante italiano ai piedi del Monte del Forno (segnavia bianco-azzurro).
Non conoscendo la difficoltà di questo secondo percorso, ma ben conoscendo il costo dell’elisoccorso svizzero, costringo Meme, già partito lungo la traversata per il passo del Muretto come un bambino al parco giochi, a tornare indietro e a scendere verso Capanna Forno, come da programma.
Perdiamo un centinaio di metri di quota nella pietraia, lungo un percorso sdrucciolevole ma non difficile, e arriviamo in vista del rifugio.
A sinistra, superando il Monte Rosso, compare il ghiacciaio del Forno.
Senza scendere fino al rifugio, seguiamo le indicazioni a destra per Maloja: un lungo traverso con qualche saliscendi, tecnico ma non particolarmente difficile, ci porterà verso il passo del Muretto aggirando il Monte del Forno e i pizzi dei Rossi sul lato elvetico. Approfittiamo di un tubo da cui esce un filo d’acqua per riempire le borracce prima di proseguire.
Lo scenario in questa prima parte del traverso è spettacolare, e lo diventa ancora di più quando raggiungiamo un laghetto alpino ai piedi del Monte del Forno.
Il sentiero si snoda per lo più su pietraia sempre sui 2600-2700 m di quota, per poi scendere in direzione Maloja fino a circa 2300 m. La discesa è piuttosto ripida e sdrucciolevole e, solo in questa parte, abbiamo avuto qualche difficoltà a trovare i bolli.
Attraversato un torrentello, la traccia curva verso destra e ci addentriamo in un pianoro con un paio di laghetti. In fondo si vede il passo del Muretto, che più che un muretto sembra una muraglia.
La salita è ripida, soprattutto nell’ultimo tratto prima della bocchetta, ma sono gli ultimi 250 m di dislivello: dal passo ci aspetta solo una lunga discesa, tra l’altro su un terreno molto facile. Scopriamo infatti che il passo del Muretto è il punto di arrivo del sentiero Rusca, che va da Sondrio a Chiareggio lungo il corso del torrente Mallero e sale infine fin quassù.
Scendiamo dunque lungo questo sentiero, facile e corribile, passando per l’alpe dell’Oro (circa 4 km dal passo del Muretto) e arrivando ben presto al parcheggio al pian del Lupo (3 km dall’alpe dell’Oro). In tutto circa 5 ore effettive, 5 ore e mezza comprese le pause.