Lo Zucco Sileggio (1373 m) rimane la mia cima preferita tra quelle del versante meridionale delle Grigne, soprattutto nelle belle giornate d’inverno, quando le bandierine tibetane attaccate alla croce sventolano colorate nel cielo blu, con il lago sullo sfondo.
Se gli escursionisti cercano di parcheggiare il più in alto possibile, dove cominciano i sentieri, il mio consiglio per i runner è di partire dalla stazione di Mandello, come abbiamo fatto per esempio in quest’altro giro lo scorso maggio. Domenica invece, con poco tempo a disposizione, io e Meme abbiamo pensato di farci furbi e salire a Somana in auto, con il risultato di perdere mezz’ora a cercare parcheggio: ci avremmo messo meno a fare di corsa quel paio di chilometri dalla stazione di Mandello!
Quando finalmente riusciamo a partire, decidiamo di prendere il sentiero del Viandante, che conosciamo bene per averlo percorso in lungo e in largo, in direzione Lierna. L’idea era di girare intorno allo Zucco Sileggio arrivando in vetta da nord, ma come spesso accade sul sentiero del Viandante – non importa quanto bene lo si conosca! – dopo 1 km o poco più sbagliamo strada: anziché scendere verso Lierna, continuiamo in salita, superiamo un capannone che riconosco (non perché sia la strada giusta, ma perché ho già fatto questo errore in passato, come realizzo troppo tardi) e ci troviamo su un sentiero bollato in salita che passa più in alto e parallelo al Viandante.
Sentiero sbagliato, panorama fantastico!
Dato che il sentiero è molto bello, soprattutto quando il bosco si apre con scorci spettacolari sul lago, decidiamo di perseverare nell’errore e scoprire dove ci porta. Naturalmente, da queste parti, non potevamo che incrociare in percorso permanente del TGS, il Trail delle Grigne Sud.
Incrociamo il percorso del TGS
Ci fidiamo della segnaletica di gara, e facciamo bene! I sentieri sono ben segnati e super panoramici. Facciamo una curva a U e riprendiamo a salire verso lo Zucco Sileggio, con un breve tratto in leggera discesa dove finalmente possiamo lasciare andare le gambe. La pacchia dura poco e il sentiero torna a inerpicarsi mentre sopra di noi, fuori dal bosco, compare la croce di vetta. Ci troviamo sulla classica, verticalissima salita sul lato sud dello Zucco Sileggio. Pazienza, il versante nord lo esploreremo un’altra volta!
La classica salita sud per lo Zucco Sileggio
Terminiamo il vertical, faticoso ma veloce, e raggiungiamo la cima. Lo Zucco Sileggio è abbastanza affollato oggi, come si poteva dedurre dalla mancanza di parcheggio, ma niente a che vedere con il sovraffollamento domenicale della Valsassina. Ci prendiamo qualche minuto per ammirare il paesaggio e scattare qualche foto, in questa giornata così tersa che si distinguono benissimo le singole cime di tutto l’arco alpino.
Meme in vetta, con il Grignone sullo sfondo
Decidiamo di scendere dalla bocchetta di Verdascia (1243 m) e poi dal sentiero n. 17 che porta a Somana/Mandello passando dal santuario di Santa Maria sopra Olcio. Proseguiamo quindi verso nord, finalmente in discesa. Superiamo un baitello prima di arrivare alla bocchetta.
Verso la bocchetta di Verdascia
Dalla bocchetta, che dista pochissimo dalla cima dello Zucco Sileggio, abbandoniamo il percorso del TGS e prendiamo appunto il sentiero 17 in discesa verso Somana/Mandello. Il sentiero di per sé è facile, ma alcuni tratti sono coperti da un tappeto di foglie secche che ci rallenta un po’. Ben presto comunque arriviamo a una radura con delle baite, dove alcuni escursionisti stanno riposando, e proseguiamo più o meno in piano su un sentiero ora corribilissimo.
Baite con lo sfondo del Sasso Cavallo
Dopo un panoramico traverso, con vista sulle Grigne e sulle aspre pareti del Sasso Cavallo, riprendiamo a scendere e arriviamo al santuario di Santa Maria sopra Olcio. Da qui una mulattiera in discesa ci riporta velocemente a Somana.
Un fantastico balcone sul Lario, la Valtellina, la Val Chiavenna e la selvaggia Valle dei Ratti: il Monte Bassetta, con i suoi 1744 m, è facilmente raggiungibile, soleggiato anche in inverno, poco frequentato nonostante la vista mozzafiato.
Il monte Bassetta è la prima, modesta cima dell’imponente catena montuosa che divide la Valtellina dalla Val Chiavenna, salendo dapprima dolcemente e poi con rilievi sempre più aspri dal punto in cui l’Adda si tuffa nel lago di Como fino alle spettacolari vette della Val Masino.
E tutto questo si offre alla vista con una semplice passeggiata priva di difficoltà, adatta anche alla stagione invernale (con la dovuta attrezzatura in base alla situazione neve), sulla soleggiata costiera dei Cèch in bassa Valtellina.
Sono partita da Mantello, dal comodo parcheggio in corrispondenza della rotonda e del ponte sull’Adda, per fare qualche chilometro di corsa in più; in alternativa, si possono togliere chilometri e dislivello parcheggiando a Cino, il cui campanile svetta alto sopra Mantello.
Dal parcheggio, attraverso la statale e subito l’abbandono, prendendo la via che entra in paese con indicazioni per Cino. Svolto subito a sinistra: un cartello indica che è una strada chiusa, ma non per i pedoni. Proseguo più o meno in piano per circa un chilometro, superando il piccolo cimitero di Mantello e seguendo una bella strada panoramica con vista sul Legnone. Trovo poi sulla destra il sentiero che sale verso Cino.
Sentiero per Cino
Il sentiero si inoltra nel bosco, mai troppo ripido, tagliando i tornanti della strada carrozzabile che serve gli alpeggi. Conviene seguirlo solo fino a quando si trovano le indicazioni per Cino. Non fate come me, che come al solito sono andata all’avventura nel bosco, lungo un sentiero non bollato di cui giustamente a un certo punto si perdono le tracce.
In esplorazione nel bosco
Non vi preoccupate: la traccia gpx qui allegata è già stata corretta in modo da risparmiarvi la mia ravanata nel bosco. Si tratta solo, a un certo punto, di prendere la strada carrozzabile verso sinistra e seguirla fino ai Prati dell’O, l’alpeggio super panoramico che io ho raggiunto per vie traverse. Non si passa per Cino all’andata, ma solo al ritorno.
Prime baite con vista Legnone e lago di Como
In alternativa, si può salire anche dalla Piazza, altra alpe servita da strada carrozzabile, seguendo la dorsale dal monte Foffricio al monte Bassetta. Tenete presente che i pochi escursionisti di solito salgono in macchina fino alla Piazza, per cui i sentieri fino a qui sono davvero poco battuti e non si trovano tante indicazioni. Meglio affidarsi alla traccia gpx.
Mulattiera a Prati dell’O
Si sale per la mulattiera in pietra e si attraversa il piccolo alpeggio Prati dell’O, per poi continuare su sentiero fino a incontrare le precise indicazioni che si potranno semplicemente seguire da qui in avanti: quelle che mi interessano sono per il monte Bassetta e il sentiero Bonatti. Quest’ultimo è un percorso di cui ignoravo l’esistenza, ma che ha decisamente stuzzicato la mia curiosità… ufficialmente inserito nella lista degli obiettivi per l’estate 2022!
Vista sul monte Brusada dall’Alpe Bassetta
La montagna innevata che mi accompagna sulla destra per tutta la salita è il monte Brusada, che supera di poco i 2000 m. Un altro posto che mi ripropongo di esplorare più avanti. Arrivo finalmente all’Alpe Bassetta e, da lì, salgo di pochi metri per raggiungere l’ampia cima dell’omonimo monte, da cui la vista spazia a trecentosessanta gradi dal Legnone verso il lago di Como, da qui alla Val Chiavenna e alla selvaggia Valle dei Ratti, infine sul caratteristico Sasso Manduino e verso la Val Masino.
Per il ritorno scelgo di passare da un altro alpeggio, Prati Nestrelli. Il sentiero, pure indicato da un cartello, non è evidente nella neve e per sbaglio rimango su una traccia poco più in alto. Quando mi rendo conto dell’errore, vedendo il vero sentiero dall’alto, lo raggiungo con un’ultima ravanata – anche questa eliminata dalla traccia gpx, che potete seguire con fiducia – e finalmente comincio a scendere di buon passo su un terreno facile e sicuro.
Sentiero per Prati Nestrelli
Scompaiono anche le ultime chiazze di neve e ghiaccio – i ramponcini sono rimasti sempre nello zaino – mentre, superato un breve traverso, comincio a perdere rapidamente quota. Continuo a seguire il sentiero, senza bolli ma sempre chiaramente indicato, fino a Prati Nestrelli.
Fontana ghiacciata a Prati Nestrelli
Superato l’alpeggio, arrivo su una strada carrozzabile a tornanti. Trovo un sentiero per Cino, che probabilmente mi farebbe risparmiare tempo, ma oggi ho deciso di mettere nelle gambe un po’ di chilometri e proseguo dunque lungo la strada in discesa.
Strada carrozzabile per Cino
Arrivata a un campo sportivo poco sopra Cino, decido di complicarmi ulteriormente la vita prendendo la stradina che svolta tutto a sinistra rispetto alla strada principale. Con il senno di poi, conviene seguire la strada risparmiandosi forse mezzo chilometro di faticoso falsopiano. In ogni caso, si arriva abbastanza facilmente a Cino e, superata la chiesa, si continua in discesa lungo la strada che riporta a fondovalle e a Mantello.
Il monte Croce di Muggio, ben noto a escursionisti e famiglie per i suoi sentieri semplici ma panoramici, i ristorantini all’alpe Giumello e i pendii innevati dove i bambini possono divertirsi in inverno, è meno frequentato da chi pratica la corsa in montagna. A torto: dal lago alla vetta si mette insieme un bel dislivello, alternando tratti verticali a tratti veloci e corribili. Insomma, un ottimo terreno d’allenamento!
Facili sentieri intorno al Croce di Muggio
A Bellano si può arrivare comodamente in treno; per chi invece si muove in auto, l’ideale è trovare posto, con un po’ di fortuna, in via Roma, da dove partono i sentieri. In alternativa si può usare il parcheggio dietro la stazione, a pagamento nei giorni feriali, o approfittare degli spazi un po’ abusivi (ma senza divieti) che si trovano all’ultimo tornante della strada in discesa per Bellano, subito prima del passaggio a livello. Io come al solito mi sono fermata in uno di questi spazi, senza entrare in paese. A piedi, poi, ho attraversato i binari, superato il supermercato e svoltato a destra nella strada principale; dopo il ponte sul il torrente Pioverna, la prima via sulla destra è appunto via Roma, da cui si imbocca la mulattiera in salita verso l’orrido di Bellano.
Mulattiera in salita da Bellano
La salita mi porta alla frazione Ombriaco e a un bivio, dove svolto a sinistra; al ritorno arriverò in questo stesso punto, ma dalla parte opposta. Mi trovo su un terreno molto familiare, il Sentiero del Viandante, e comincio a seguire i noti cartelli arancione in direzione Varenna. Ben presto, come spesso accade quando penso di conoscere a memoria la strada, mi distraggo, perdo di vista i cartelli e mi ritrovo su un sentiero sconosciuto, poco più in alto rispetto al Viandante. Supero una chiesetta e arrivo a un belvedere, da dove la vista spazia fino a Varenna.
Il lago di Como con la penisoletta di Varenna
Il tempo, come potete vedere dalle foto, non è meraviglioso, ma questo giro è abbastanza semplice da potersi fare pressoché in qualsiasi condizione meteo. L’alpe Giumello e il monte Croce di Muggio, del resto, con il bel tempo sono troppo affollati per i miei gusti: una grigia giornata di inizio autunno è proprio quello che ci vuole per un allenamento da queste parti! I boschi, in ogni caso, non sono deserti, perché molti sono in giro a raccogliere le castagne, che in questo periodo si trovano a quintali.
Seguo le indicazioni per tornare al Viandante
Trovo sulla sinistra un sentiero in discesa con indicazioni per il Viandante, che vorrei andare a riprendere. Il sentiero mi porta a una strada asfaltata, che in assenza di altri cartelli imbocco verso destra. Il Viandante, ahimé, si trova da qualche parte ancora più in basso, ma ora che me ne rendo conto ho già percorso qualche centinaio di metri lungo la strada e decido di perseverare nell’errore: la direzione, infatti, è corretta, e lungo la strada trovo indicazioni per l’alpe Giumello. Dopo due tornanti in salita, lascio la strada e prendo il sentiero tutto a sinistra, letteralmente ricoperto di castagne.
Sentiero tutto a sinistra nel castagneto
Proseguo lungo questo sentiero, molto grazioso e in buone condizioni, con la speranza che mi porti da qualche parte. Supero un alpeggio e il bosco si apre, lasciando spazio a prati e campi coltivati.
Il sentiero prosegue fuori dal bosco
A un crocevia di sentieri trovo finalmente delle indicazioni, tra cui quelle per Noceno: stranamente sono già riuscita a rimettermi sulla retta via senza passare per rovi, torrenti o burroni come mio solito! Seguo dunque senza possibilità d’errore la mulattiera in salita, a tratti bella ripida, che tra cappellette e castagni mi farà guadagnare i circa 3-400 m di dislivello che mi separano da Noceno.
Mulattiera per Noceno
Questo piccolo alpeggio, tutto arroccato su un ripido pendio, va letteralmente scalato per proseguire, sempre in salita, verso Camaggiore. Una fontana permette qui di fare un primo rifornimento d’acqua.
Noceno
Alla fine del paese, piuttosto che seguire la mia traccia, vi conviene tirare dritto cercando di riprendere subito la mulattiera verso Camaggiore. Io invece ho di nuovo sbagliato strada, attratta dai belati di alcune simpatiche pecorelle, e pur di non tornare indietro mi sono trovata a risalire più o meno a caso nel bosco fino a rimettermi sulla retta via.
Pecore simpatiche, ma fuori percorso
Finalmente a Camaggiore, ormai oltre i 1200 m di quota, prendo verso sinistra la strada per S. Ulderico, che ben presto mi porta a un altro fantastico belvedere.
Belvedere di Camaggiore
Proseguo ora in piano lungo una facile e corribilissima strada sterrata, per circa due chilometri e mezzo. Poi la strada finisce bruscamente nel nulla, anche se non posso lamentarmi di non essere stata avvertita: poco prima della fine, infatti, ho visto e ignorato un sentiero in discesa per San Ulderico. Di nuovo decido di non tornare sui miei passi, ma di esplorare il bosco alla mia destra, certa di andare a incrociare l’anello di Muggio che passa da qualche parte un po’ più in alto.
In esplorazione nel bosco
Si vedono alcune tracce, ma definirlo “sentiero” è un po’ eccessivo. Ligia alle regole non scritte del buon ravanage, tiro dritto mantenendomi sempre il più in alto possibile sul crinale, che ha una pendenza dapprima accettabile, poi sempre più elevata, fin quasi al 50%. Chi non ama questo tipo di ambiente o non si sente sicuro fuori sentiero può evitare questo tratto prendendo l’anello di Muggio direttamente da Camaggiore. Io, personalmente, ho trovato questa parte nel bosco divertente e comunque priva di pericoli.
Ritorno su sentieri segnati
Continuando a ravanare, e seguendo qua e là le tracce di qualcuno che da queste parti deve essere passato prima di me – anche se poteva benissimo essere un branco di cinghiali – raggiungo l’anello, che potrei imboccare in una o nell’altra direzione, dato che in entrambi i modi si arriva all’alpe Giumello. Nel dubbio, ho scelto una terza via, di cui mi piaceva il nome: Sentiero dei Mirtilli.
Sentiero dei Mirtilli
Seguo dei bolli giallo fluo, che ricordano quelli di una gara, disegnati qua e là sugli alberi, e supero un primo tratto non proprio corribilissimo per la presenza di radici bagnate e scivolose. Il sentiero diventa poi più bellino e riesco a correre fino a un bivio privo di indicazioni. Decido di salire in cima al monte Croce di Muggio, avvolto da un innocuo nuvolone, e prendo dunque il sentiero in salita verso destra.
Sentiero per la cima del Croce di Muggio
Dal bivio alla croce di vetta mancano forse 100 m di dislivello, che percorro rapidamente su facile sentiero, passando per gli impianti da sci che caratterizzano il monte Croce di Muggio. Dalla croce (1799 m) il panorama di solito è bello, ma oggi non si vede proprio niente!
Croce di vetta (1799 m)
Attraverso tutta la cima e prendo il sentiero che scende dall’altra parte. Anche questo è facile e corribile, e ben presto mi ritrovo all’alpe Giumello. Passo a bere un caffè al ristoro Genio e riparto poi lungo l’anello di Muggio in direzione Alpe Chiaro.
Alpe Chiaro
Proseguo fino all’omonimo belvedere, dove finalmente le nubi si diradano e torno a vedere il lago di fronte a me. Anziché proseguire lungo l’anello, si prende qui a sinistra il sentiero in discesa, poco visibile ma indicato, per Vendrogno.
Si svolta a sinistra in direzione Vendrogno
Dopo una discesa piuttosto ripida arrivo a un pianoro con una fontana. Il sentiero prosegue in discesa nel bosco verso destra, anche se ci metto un attimo a individuarlo. Continuo a scendere fino a un alpeggio, dove trovo nuove indicazioni per Vendrogno.
Indicazioni per Vendrogno
Continuo in discesa su facile sentiero fino a sbucare su una strada carrozzabile, che imbocco verso sinistra; subito l’abbandono, prendendo il sentiero non indicato che scende verso destra. Qui si trova qualche altro bivio, sempre con poche indicazioni: nel dubbio tenete la destra e proseguite in discesa, affidandovi anche alla mia traccia gpx (no worries, qui non ci sono originali varianti fuori pista!). Sbuco infine sulla strada asfaltata e, passando per Mornico, continuo a seguire i cartelli per Vendrogno, che mi permettono qua e là di tagliare i tornanti su facile sentiero.
Seguo le indicazioni per Vendrogno
Da Vendrogno proseguo prima su strada, poi di nuovo su sentiero, in direzione Bellano. Ben presto raggiungo la frazione Ombriaco e da qui non mi resta che ripercorrere la strada dell’andata fino alla macchina. Tempo di percorrenza: circa 4 ore al netto delle pause.
Se volete esplorare le Grigne senza il bagno di folla che si trova di solito in Valsassina, la soluzione è semplice: basta partire dal lago! Un ambiente selvaggio e una vista spettacolare vi accompagneranno costantemente. Il giro che vi propongo oggi parte da Mandello, raggiungibile anche in treno per chi volesse rendere più ecologica la gita. La traccia comincia proprio dalla stazione, dietro la quale si trova anche un comodo parcheggio.
Con Samuel e Tony siamo partiti neanche troppo presto dal parcheggio completamente deserto, attraversando il centro di Mandello e prendendo via Dante Alighieri, che si risale fino a una svolta a sinistra che ci fa attraversare il torrente Meria. In leggera salita si prosegue verso Sonvico e Somana. Se avete bisogno di riempire le borracce fatelo qui, perché poi per parecchio tempo non si troverà più acqua. A Somana vedremo le prime indicazioni per il sentiero 17 e lo Zucco Sileggio, da seguire da qui in poi.
Quando il sentiero 17 si sdoppia, proseguiamo verso sinistra seguendo il 17A. La salita da Somana allo Zucco Sileggio è piuttosto dura: in due chilometri e mezzo si guadagnano mille metri di altezza. In compenso, via via che ci alziamo di quota, il paesaggio diventa sempre più bello e la vista sui due rami del lago di Como e su Bellagio ci ripaga di tutta la fatica.
I due rami del lago e la penisola di Bellagio
Superiamo pochi escursionisti lungo la salita, ma l’incontro più buffo e inaspettato è con un lucertolone colorato identificato poi dal Tony come un ramarro maschio.
La salita si fa sempre più ripida man mano che ci avviciniamo alla cima. Per l’ultimo tratto abbiamo svoltato a destra e seguito poi la dorsale verso sinistra fino alla croce di vetta.
Ultimo tratto di salita
Dallo Zucco Sileggio la vista è spaziale: da una parte il lago, dall’altra le Grigne ancora innevate, tutto intorno a noi il bosco verde e rigoglioso di inizio maggio.
La Grignetta incorniciata da bandierine tibetane
Si prosegue ora in piano e poi in discesa lungo il sentiero 17. Se fino adesso abbiamo incontrato pochi escursionisti, da qui in avanti ci troveremo completamente soli in un ambiente davvero selvaggio, inoltrandoci sempre di più verso le Grigne.
Il sentiero 17 prosegue in piano e poi in discesa
Si segue la dorsale, con qualche saliscendi, in direzione Alpe di Lierna e Calivazzo, e si prosegue poi lungo un sentierino stretto e a tratti un po’ esposto – il livello è sempre escursionistico, ma correndo bisogna fare attenzione. Se vi chiedete che cosa siano i piccoli cartelli blu con scritto TGS che si incontrano qua e là, si tratta del percorso permanente di una gara fantastica, il Trail delle Grigne Sud. Solo per veri intenditori e per camosci! Si arriva infine a un bivio, dove prendiamo il sentiero 17A in discesa verso destra seguendo le indicazioni per Calivazzo, Somana e Mandello. Comincia ora una lunga e divertente discesa nel bosco.
Tony scalda i motori per la discesa
Dopo qualche chilometro sbuchiamo in un’ampia radura e attraversiamo il prato per andare a prendere il sentiero che ricomincia dall’altra parte, verso destra, sempre in direzione Somana e Mandello.
Seguiamo questo sentiero, più o meno pianeggiante, fino a trovare sulla sinistra un cartello di legno con indicazioni per Era. Scendiamo ora nel bosco, lungo un sentiero poco battuto ma evidente, fino ad arrivare a fondovalle dove appunto si trova l’alpeggio Era bassa. Passare di qui è fondamentale perché è l’unico punto acqua del giro. Si supera il torrentello e, proseguendo per un breve tratto lungo il sentiero, si trova una fontana.
La preziosissima fontana a Era bassa
Si continua in direzione Somana e Mandello, ma il sentiero adesso è il numero 15. Vedremo le indicazioni per il 15B, Sentiero del Fiume, che passa a fondovalle, mentre noi ci manteniamo alti su questo canyon scavato dal torrente Meria, lo stesso che arriva fino a Mandello.
Sentiero n. 15
Al bivio abbiamo seguito le indicazioni in discesa per Rongio (ma si sarebbe anche potuto proseguire per Somana) e abbiamo perso quota fino a fondovalle. Qui si trova un altro bivio non segnalato dove bisogna svoltare a destra, tirando dritto per questo sentiero in direzione Somana e svoltando infine a sinistra verso Rongio. Ci sono molti modi di tornare a Mandello e le indicazioni non sono il massimo, per cui conviene seguire la traccia. Alla fine incrociamo il percorso dell’andata e, in leggera discesa, percorriamo le poche centinaia di metri che ancora ci separano dalla macchina.
Percorso difficile: richiede esperienza e attrezzatura adeguata
Questo percorso non è certo un “trail”, dato che include una ferrata di difficoltà medio-alta, ma è un bel “ring” e voglio condividerlo con voi. Chi decida di ripeterlo deve tenere presente che la ferrata del Centenario CAO richiede un equipaggiamento adeguato – casco, imbrago, kit ferrata con dissipatore e due moschettoni – e che tra le ferrate non è certo una delle più banali: se non avete esperienza, cominciate da qualcosa di più semplice. D’altra parte, il giro si può fare anche evitando la ferrata e salendo in vetta al Grona o dalla direttissima, o dal sentiero panoramico, entrambi bene indicati lungo questo stesso percorso.
Per chi invece si muove bene per roccette e ama l’arrampicata, il Grona è un fantastico parco giochi: messa perfettamente in sicurezza con catena, cavo e qualche staffa nei punti più duri, la ferrata del Centenario alterna tratti fisici e faticosi a placche appoggiate, dove si arrampica piacevolmente con le sole prese naturali della roccia, oltre a qualche tratto in piano che permette di tirare il fiato e godersi questo ambiente spettacolare di guglie rocciose con lo sfondo del lago di Como. A meno che, come noi, si percorra la ferrata immersi nella nebbia: in questo caso ci sono le guglie, ma manca la vista lago! Dato che la parete è esposta a sud e prende il sole per tutta la mattina, si riesce a salire anche in autunno inoltrato; per lo stesso motivo, consiglio di evitarla quando fa molto caldo.
Con Stefano, impareggiabile compagno di scalate e chiacchierate, siamo partiti di buon’ora da Breglia: il comodo parcheggio gratuito dopo la chiesa di San Gregorio era, alle sette e mezza del mattino, completamente deserto; quando abbiamo recuperato l’auto, quattro ore più tardi, il nostro posto è andato letteralmente a ruba tra orde di escursionisti. E, come ci ha detto un signore del posto alzando gli occhi al cielo, “dovreste vedere cosa diventa questo parcheggio quando c’è bel tempo”! Volendo si può proseguire in auto lungo la strada, recentemente asfaltata, previo pagamento di un ticket. Ma il sentiero, che parte da Breglia e sale tagliando i tornanti della strada, è talmente comodo e veloce che davvero non ne vale la pena.
Seguiamo senza possibilità d’errore le indicazioni e i bolli bianco-rossi per il rifugio Menaggio (1383 m): un rifugio davvero grazioso, con vista spaziale e ottimo cibo, ma di facile accesso e, dunque, così affollato che fermarsi qui a pranzo nel weekend è impensabile, soprattutto in questo pazzo 2020. Da Breglia al Menaggio si guadagnano circa 500 m di dislivello con una bella salita nel bosco: al bivio per San’Amate – Bregagno, si svolta a sinistra – il sentiero che prosegue dritto è quello da cui torneremo – e con un facile tratto in piano si arriva al rifugio. Da qui, si prosegue lungo un bel traverso seguendo le indicazioni per la ferrata CAO.
Avvicinandoci all’attacco, possiamo osservare sempre più da vicino la cresta SE, con i cosiddetti “Denti del Grona”, lungo cui si articola la ferrata. Chi non si sentisse o non avesse il materiale per affrontare la ferrata può proseguire per il sentiero panoramico, che porta comunque in vetta risalendo in modo meno impegnativo lo stesso versante della montagna.
L’attacco della ferrata è molto verticale e difficilmente lo si supera senza tirare la catena. Non preoccupatevi: non è tutta così! Proseguendo, infatti, si troverà una parete molto più appoggiata e una bella roccia piena di buchi e lame, dove i cavi si usano solo per assicurarsi.
I Denti del Grona, il cui profilo abbiamo ammirato durante l’avvicinamento, si rivelano tre imponenti torrioni da risalire uno dopo l’altro, sempre con un inizio “tosto” e uno sviluppo più semplice e divertente.
L’ultimo torrione è il più lungo e faticoso: comincia con un piccolo strapiombo, che si supera con l’aiuto della catena e di qualche staffa per i piedi, per poi proseguire, meno verticale, fino alla croce di vetta. In tutto lo sviluppo della ferrata è di meno di un chilometro, per circa 400 m di dislivello.
Dalla cima del monte Grona (1736 m), se il tempo è bello, la vista è davvero impagabile; anche avvolta nelle nuvole, però, questa montagna ha un suo fascino. Nel nostro caso la vista non c’era, per cui ci siamo presi giusto il tempo di togliere l’imbrago e siamo subito ripartiti. Il sentiero in discesa porta subito a un bivio: a destra si scende direttamente al rifugio Menaggio, mentre noi abbiamo proseguito dritto in direzione Sant’Amate – Bregagno.
Questo sentiero è molto più semplice e panoramico rispetto alla ripida discesa per il Menaggio; se non avessimo avuto sulle spalle l’attrezzatura da ferrata, lo avremmo fatto tutto di corsa. Si percorre l’ampia dorsale, con qualche saliscendi, fino ad arrivare alla chiesetta di Sant’Amate (1623 m).
Da qui si svolta tutto a destra e si prende il sentiero in discesa verso il rifugio Menaggio, da cui comunque non passeremo più: arrivati al bivio che abbiamo già incontrato all’andata, infatti, proseguiremo dritto per Breglia – facendoci largo tra la folla in processione verso il rifugio e ripercorrendo il sentiero dell’andata fino alla macchina.
Una giornata spettacolare, quasi primaverile, combinata con montagne ancora innevate e un elevato rischio ghiaccio: dove andare per fare un po’ di chilometri e dislivello, senza correre rischi inutili? Abbiamo optato per il lato comasco dei monti lariani, più dolce e meno “alpinistico” rispetto a quello lecchese, costruendo un percorso sì lungo, ma anche abbastanza veloce, corribile.
Si parte da Tavernerio, dove possiamo comodamente parcheggiare in via 4 novembre, ai piedi della pittoresca chiesa di S. Martino. La partenza è in discesa: superiamo la chiesa e prendiamo la scalinata che scende verso la parte bassa del paese. Attraversiamo il torrentello e proseguiamo lungo via Vittorio Veneto fino a incontrare, con una rotonda, la strada statale, che imbocchiamo verso sinistra. Prendiamo la prima via a sinistra, addentrandoci nel paesino di Sirtolo e poi Cassano.
Il nostro primo obiettivo è l’Alpe del Viceré (903 m), a cui arriviamo seguendo dapprima la carinissima via ai Monti che passa per l’agriturismo Cascina Mirandola, poi aiutandoci con le indicazioni per il trofeo Jack Canali, che ci faranno passare per facili sentieri nel bosco tagliando la strada a tornanti con cui si sale all’Alpe in auto.
Dal Viceré seguiamo la strada, molto frequentata anche in inverno, verso Capanna Mara (1125 m). Attenzione, tratti di questa strada sono spesso ghiacciati: nonostante l’altezza modesta, è meglio avere con sé i ramponcini. La tappa successiva, nonché la fine di questa prima, lunga salita, è la vetta del Palanzone – che con i suoi 1436 m rappresenta il punto più alto di tutto il giro.
Da qui si gode un panorama a tutto tondo, dal Monte Rosa alle Grigne. Dopo la doverosa pausa per le foto, ripartiamo lungo la cresta, in direzione opposta a quella da cui siamo arrivati, godendoci finalmente un po’ di discesa.
Alla fine della cresta in discesa incrociamo una stradina, da imboccare tutto a sinistra con una curva a gomito. Con un brevissimo tratto in leggera salita arriviamo al Cippo Marelli, crocevia di sentieri, e proseguiamo ancora per un duecento metri lungo la stradina in discesa – fino a trovare sulla destra il sentiero in discesa per Palanzo, prossima tappa del giro. Adesso ci aspetta una discesa a rotta di collo per circa 4 km, fino al caratteristico paesino di Palanzo, dove finalmente possiamo fare rifornimento d\’acqua (seguire la traccia gpx per trovare la fontana).
Dopo avere attraversato Palanzo, è necessario passare per poco più di un chilometro su una strada statale, poco trafficata ma che richiede attenzione, per arrivare a Lemna. Intorno al km 18,5 abbandoniamo la strada principale per una via secondaria, via Bernardo Silo, che sale verso sinistra e conduce appunto al borgo di Lemna. Da qui sempre per sentieri arriviamo a Molina, dove comincia la seconda grande salita del giro.
Da via Fontana Vecchia, dove troviamo appunto una piccola fontana (una canna di gomma che esce dal muretto lungo la strada), prendiamo la stradina in salita verso Cascina del Monte e, poi, Bocchetta di Molina. Ci aspettano adesso circa 4 km di noiosa salita nel bosco fino a quota 1100 metri circa, dove incontriamo una stradina che imbocchiamo svoltando tutto a destra.
Proseguiamo verso il monte Boletto, che raggiungiamo passando dalla dorsale – abbandonando quindi la strada, che prosegue verso destra, e tralasciando il sentiero più evidente che prosegue in quota sotto la cresta: dobbiamo prendere il sentiero di mezzo, che sale appunto lungo la cresta fino a raggiungere la vetta del Boletto (1237 m). Anche da qui il panorama è bellissimo, e possiamo spaziare con lo sguardo su tutta la strada percorsa fino adesso.
Scendiamo proseguendo lungo la dorsale e andiamo a incontrare di nuovo la solita strada. La seguiamo per circa 1,5 km in discesa verso Brunate, passando per un paio di baite incredibilmente simili a Capanna Mara. Incontriamo un bivio con indicazioni per tornare al Boletto, proseguiamo per pochi metri e troviamo il sentiero che interessa a noi, quello per Montepiatto. Il sentiero è molto bello, anche se noi lo abbiamo trovato completamente ghiacciato, tanto che siamo stati costretti a percorrerlo con i ramponcini.
Arrivando a Montepiatto abbiamo fatto una deviazione verso destra in cerca d\’acqua, del tutto inutile dato che la fontana del paesino era chiusa. Bisogna in realtà seguire la strada in discesa verso sinistra e, prima della scalinata in discesa, prendere il sentiero più pianeggiante che si stacca sulla sinistra. Seguendo questo bel traverso nel bosco, con una spettacolare vista sul lago, arriveremo fino a Brunate.
Ignorate il cartello “fontana” intorno al km 33: è difficile trovarla, e comunque ce n’è un’altra poco dopo, davanti a una cappelletta che vi troverete in alto sulla sinistra. Da qui Brunate si vede già chiaramente ed è chiaramente indicata, basta seguire i cartelli. Prima di arrivare ci sono ancora un paio di chilometri di salita.
Da Brunate in poi ci aspetta l’asfalto. Attraversiamo la stazione della funicolare, dove saremo guardati come alieni dai turisti in coda, e andiamo a prendere via per Civiglio. Attenzione alle auto. Dopo Civiglio passiamo per Ponzate, seguiamo via Como fino a Solzago, via Manzoni fino a Tavernerio e via 4 novembre fino a raggiungere il punto in cui – una vita fa – abbiamo parcheggiato.
Il Monte Grona (1736 m) offre un ampio ventaglio di percorsi per passeggiare, correre, o anche arrampicare – la ferrata del Grona è una delle più belle della zona, dal mio punto di vista – sempre con una vista spettacolare sul lago di Como e sulle montagne della Valtellina.
Questo giro doveva in teoria passare per la cima e la cresta del Grona, ma il forte vento e il ghiaccio ci hanno spinto a optare per un percorso più basso e meno esposto. Anche così, il percorso è molto bello e vale la pena di essere ripetuto.
Si comincia a Menaggio, dove possiamo lasciare l’auto in zona lungo lago – si trova facilmente posto in bassa stagione, probabilmente sarà necessario cercare altrove se si viene in estate. Noi abbiamo parcheggiato in via Mylius e cominciato a correre proprio nel centro di Menaggio, in salita verso via Monte Grappa. Si continua a salire lungo la strada asfaltata fino a incontrare le indicazioni per la via ciclo-pedonale, nuova e molto ben fatta, che percorreremo per un chilometro e mezzo fino al paesino di Cardano.
Attraversiamo il minuscolo centro abitato e troviamo un sentiero sulla sinistra, che imbocchiamo inoltrandoci in un sorprendente palmeto. Continuiamo in discesa fino a un torrente, che attraversiamo con un bel ponte in pietra, e risaliamo dall’altra parte. Dobbiamo seguire le indicazioni per il sentiero 4 (Piamuro – Mulino della Valle – M. Nogara), e continuare poi verso sinistra per il Mulino della Valle (393 m). Da qui seguiamo invece il segnavia P.T.P. (Percorso Trail Permanente), lungo un sentiero davvero ideale per il trail running!
Superiamo un allevamento ittico e troveremo sulla destra le indicazioni per il sentiero n. 3, Via dei Monti Lariani. Seguiremo questo sentiero, ben indicato, per circa 6 km e quasi 1000 metri di salita, passando per Barna e La Piazza, fino al Rifugio Menaggio (1383 m).
Dal rifugio la vista è semplicemente spettacolare. Anziché proseguire verso la cima del Grona, abbiamo preso il Sentiero Alto, poco sopra il rifugio, che scende verso l’Alpe Breglia. Al bivio abbiamo preso il sentiero che sale a sinistra verso la chiesetta di Sant’Amate (1623 m, il punto più alto del giro).
Dalla chiesa si torna indietro per pochi metri seguendo il sentiero da cui siamo arrivati e si prende il sentiero in discesa verso sinistra, indicato di nuovo come P.T.P. Ben presto ci si trova su una strada sterrata che permette di perdere velocemente un po’ di quota. Continuiamo a seguire la strada anche quando diventa asfaltata, prestando attenzione alle poche auto in circolazione. Dopo qualche tornante di asfalto, troviamo sulla destra le indicazioni per Alpe Breglia – sentiero n. 3.
Seguendo questo sentiero attraversiamo boschi e graziosi alpeggi, affrontiamo un’ultima salita e ben presto arriviamo all’Alpe Breglia. Da qui seguiamo la strada asfaltata in discesa verso Plesio – si può tagliare qualche tornante via sentiero – e da Plesio cominceremo a vedere le indicazioni per Menaggio. Anche le frecce gialle dipinte per terra, indicazioni del Marathon Trail Lago di Como, possono essere seguite a ritroso per tornare sul lago. L’ultimo tratto è un misto di asfalto e mulattiere, riattraversiamo il piccolo centro del paese e recuperiamo l’auto.