Val Grande – into the wild! (32,7 km – 2075 m D+)
Da Caprezzo al Pian Cavallone passando per la valle Intrasca, sentiero Bove lungo la cresta tra il monte Marona (2.051 m) e il monte Zeda (2.156 m), discesa dal Pian Vadà (1.711 m) e ritorno via Piaggia, Scareno e Aurano.
Periodo: Agosto 2019
Partenza: Caprezzo (530 m)
Distanza: 32,7 km
Dislivello: 2.075 m
Acqua: si incontra qualche fontana sia prima sia dopo l’alta via.
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Il parco nazionale della Val Grande, interamente compreso nella provincia del Verbano Cusio Ossola, è definito come “l’area wilderness più estesa d’Italia”. Pensate che dal 1971 a oggi nessuno è mai più entrato nel cuore del parco, la riserva naturale Val Grande. Nell’isolamento più totale, al riparo da qualunque intervento umano, flora e fauna si sono potute sviluppare indisturbate, creando al centro del parco una zona incontaminata in cui madre natura regna sovrana. Il territorio circostante la riserva è accessibile, ma estremamente selvaggio: richiede pertanto attenzione, conoscenza della sentieristica e soprattutto il massimo rispetto per il prezioso ecosistema della zona.
Per chi, come me, ama i lunghi percorsi ad anello, l’attrattiva principale della Val Grande è senza dubbio il sentiero Bove, un’alta via dalla storia antica e purtroppo dimenticata: a chi fosse incuriosito, consiglio il libro “La via incantata” di Marco Albino Ferrari, che ne ricostruisce in modo molto interessante l’origine e le vicissitudini. Il sentiero comincia e finisce a Cicogna, antico borgo a lungo abbandonato e recentemente riportato in vita, che già di per sé meriterebbe una visita. Si svolge tutto a quote relativamente basse, superando di poco i 2000 m, ed è ben segnalato. Tuttavia l’ambiente selvaggio e impervio, il totale isolamento e la mancanza d’acqua lungo il percorso lo rendono ostico e potenzialmente pericoloso. Non di rado gli escursionisti si perdono da queste parti, per cui è d’obbligo prestare attenzione e pianificare bene l’itinerario.
Il giro qui descritto, provato in una piovosa giornata di agosto con visibilità zero (da cui l’infima qualità delle foto… purtroppo questa volta è andata così!) non parte da Cicogna ma dalla Valle Intrasca – dove nel mese di giugno si svolge, tra l’altro, una bella e storica gara a coppie – e percorre l’alta via solo nel tratto dal rifugio Pian Cavallone al monte Marone e di qui lungo la cresta fino al monte Zeda; abbandona poi il sentiero Bove e ridiscende passando per il rifugio Pian Vadà, Piaggia, Scareno e Aurano.
Si parcheggia a Caprezzo, minuscolo e pittoresco borgo in cui il numero delle madonne supera probabilmente quello degli abitanti. Lungo via Umberto I troveremo un piccolo parcheggio sulla destra, e subito dopo una fontanella che può tornare utile alla fine del giro. Lasciamo qui l’auto e proseguiamo di corsa per un centinaio di metri, fino a incontrare sulla destra il sentiero per Intragna/Aurano. Percorriamolo in discesa – il dislivello che perdiamo qui, ahimé, andrà riguadagnato alla fine del giro – e ben presto arriveremo a incrociare la strada asfaltata in corrispondenza di un ponte – che dobbiamo attraversare – e di un bivio – dove svolteremo a sinistra (alla fine del giro arriveremo invece da destra).
Seguiamo le indicazioni per Intragna, dapprima lungo la strada asfaltata e poi imboccando il sentiero – che poi è un km verticale – grazie al quale tagliamo i tornanti guadagnando rapidamente quota. Attraversiamo paesini d’altri tempi, dall’aspetto un po’ malinconico e trasandato, ma tutto sommato ancora in vita. Dopo Intragna incontriamo Gabbio e poi il carinissimo alpeggio di Sunfai, tutti ben indicati dai cartelli e con diverse fontane per il rifornimento d’acqua.
Seguiamo le indicazioni per il rifugio Pian Cavallone, che raggiungiamo dopo un bel tratto di sentiero con vista sul lago Maggiore – l’ultima vista di cui ho potuto godere prima di immergermi nelle nubi, ma dicono che il panorama dall’alto sia ancora più bello! Dal Pian Cavallone raggiungiamo la vicina cappelletta dedicata a un misterioso martire della Val Grande e seguiamo poi le indicazioni – piuttosto allarmiste circa la difficoltà – per il monte Marona e il monte Zeda.
Dovremmo già trovarci, a questo punto, sul sentiero Bove, che pure non viene mai nominato dai cartelli. I bolli bianco-rossi riverniciati di recente, i tratti attrezzati con catene nuove di zecca, le indicazioni precise dei cartelli non lasciano spazio a dubbi circa la via da seguire, anche nella nebbia: ciò che ha reso ostico il tratto dalla cappelletta alla cima del monte Marona, in realtà, è stata la vegetazione fittissima che impediva di vedere dove si mettevano i piedi. Probabilmente in inverno l’erba è più bassa e il sentiero più semplice da percorrere. Circa i tratti attrezzati posso invece rassicurare: la difficoltà viene esagerata dai cartelli – certo, non è un percorso escursionistico, ma nemmeno un sentiero Roma, per intenderci.
In vetta al monte Marona (2.051 m) si trova una cappella adibita a bivacco per chi decide di percorrere il sentiero Bove in più tappe. Da qui in poi il percorso diventa più tecnico, ma finalmente fuori dalla vegetazione ci si muove più rapidamente. Percorriamo la cresta fino al monte Zeda (2.156 m), punto più alto del percorso, e cominciamo poi la discesa verso Pian Vadà.
A un primo tratto di sentiero piuttosto ripido segue una comoda e corribilissima stradina, che in breve permette di recuperare il tempo perso a ravanare tra l’erba alta e gli arbusti sul sentiero Bove. Superato il rifugio, seguiamo le indicazioni per il passo Folungo – possiamo scegliere tra un sentiero, più breve, e una lunga ma comoda strada sterrata, che per via delle condizioni meteo particolarmente avverse è stata la mia scelta. Lungo la strada si trovano tra l’altro un paio di fontane, utili a questo punto del giro.
Dal passo Folungo (1.369 m) si svolta tutto a destra seguendo le indicazioni per i paesini Piaggia e Scareno. Questo sentiero, a differenza dell’alta via, era completamente pulito al mio passaggio (agosto 2019). Si prosegue in discesa sempre seguendo i cartelli, e arrivati a Scareno si svolta a sinistra sulla strada asfaltata, in leggera salita, per poi incontrare a destra il sentiero di nuovo in discesa per Aurano.
L’ultimo tratto del giro si svolge in un bel bosco di castagni, lungo un sentiero facile e gradevole; incontreremo ancora qualche tratto in salita e attraverseremo graziosi alpeggi fino a raggiungere la strada asfaltata all’altezza di Aurano. Si prosegue sempre in discesa, tagliando i tornanti dove possibile, fino ad arrivare al bivio Intragna-Aurano da cui siamo passati all’andata.
Svoltiamo qui a sinistra, riattraversando il ponte, e andiamo a riprendere il sentierino in salita che in poco più di mezzo chilometro ci condurrà a Caprezzo.
Val Grande wild trail (21 km – 1800 m D+)
7 Ottobre 2023 by marta • Altro Tags: area wilderness, lago maggiore, monte zeda, parco nazionale della val grande, pizzo marona, sentiero bove, utlm, val grande, VCO • 0 Comments
Nell’area wilderness più estesa d’Italia, tra alpeggi immersi in un’atmosfera di altri tempi, sentieri semi abbandonati e cime incredibilmente panoramiche.
Periodo: Settembre 2023
Partenza: Scareno (VCO)
Distanza: 21 km
Dislivello: 1800 m
Acqua: fontane agli alpeggi e al bivacco Pian Vadà
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Ogni tanto torno a fare un saluto ai miei posti del cuore – tra i quali rientrano a pieno titolo la Marona e la Zeda, tra le cime più alte della Val Grande. La cresta con le due vette costituisce la parte relativamente facile e “addomesticata” del sentiero Bove, una delle alte vie più selvagge e impegnative delle Alpi, che non ho ancora avuto il coraggio di percorrere per intero.
Un giro simile, un po’ più lungo, risale a qualche anno fa: lo trovate a questo link. Oggi come allora, per arrivare a percorrere quel breve, magico tratto di sentiero Bove ho affrontato un disagio dietro l’altro ma, per passare qualche minuto a godermi il silenzio della Val Grande dalle due croci della Marona e della Zeda, ne è valsa assolutamente la pena.
Per il ritorno in Val Grande scelgo una domenica di inizio ottobre, casualmente all’indomani dell’UTLM. Il clima è incredibilmente umido e soffocante e, sul lago Maggiore, aleggia una cappa di foschia che toglie ogni visibilità. Deve essere destino che io non veda mai il lago dall’alto di queste montagne!
Lascio l’auto nel minuscolo borgo di Scareno, dove non c’è un vero parcheggio ma, arrivando di buon mattino, si può trovare un buco lungo la strada. Dall’interno del borgo comincia il sentiero: le indicazioni da seguire sono quelle per il ponte del Dragone e per l’alpe Piaggia.
I primi chilometri sono quasi pianeggianti. Si costeggia il torrente, che poco prima del ponte del Dragone forma una bella cascata; dal ponte in avanti si comincia a guadagnare quota e si raggiunge l’alpe Piaggia. Qui il sentiero si divide: verso destra è indicato il passo Folungo, da cui arriverò al ritorno; a sinistra gli alpeggi Occhio e Onunchio. Il colle della Forcola, da dove prenderò il sentiero Bove, non è indicato, ma dovrebbe trovarsi dopo l’alpe Onunchio.
Mi sorprende trovare qui le balise dell’UTLM: il sentiero (orribile) che mi accingo a percorrere da Piaggia al colle della Forcola sarebbe la variante della gara in caso di maltempo – quella che toccò a me, con la fortuna che mi contraddistingue, quando partecipai due anni or sono. Forse gli organizzatori hanno tracciato entrambi i percorsi, nonostante il tempo stabilissimo dell’ultima settimana? Quale che sia la ragione, sono ben contenta delle balise che mi aiutano a orientarmi.
Ho già detto che questo sentiero è tremendo? A tratti stretto e sconnesso, evidentemente poco battuto, in un bosco soffocante pieno di rigagnoli e pozzanghere fangose, dove è difficile non dico tenere i piedi asciutti, ma a volte anche rimanere in piedi. Lo ribadisco perché non me ne vogliate, poi, nel caso decidiate di rifare questo giro. Mente fissa sull’obiettivo, esco finalmente dal bosco e raggiungo il colle della Forcola (1518 m).
Il sentiero Bove, da qui al monte Zeda, è relativamente facile (per essere un EE) e ben segnato. I bolli sono evidenti anche con la nebbia, che da queste parti scende di frequente e senza troppo preavviso, e tutti i punti potenzialmente scivolosi o esposti sono stati messi in sicurezza con catene. Non si può dire lo stesso per il resto dell’alta via, che va affrontata dopo attenta valutazione, con qualcosa in più di uno zainetto da cinque litri, due flask mezze vuote e un Garmin scarico.
La cima del pizzo Marona (2051) e la sua cappella sconsacrata, che funge anche da bivacco, si trovano al disopra della cappa di umidità che ricopre il lago: da qui, la vista sulla val Grande con il Monte Rosa alle spalle è semplicemente spaziale. Mi fermo qualche minuto alla piccola croce di vetta, godendomi la solitudine e il silenzio, e mi incammino poi verso la Zeda.
Dalla croce di vetta del monte Zeda butto un occhio verso la val Grande, dove si inoltra il sentiero Bove; ripromettendomi, prima o poi, di percorrerlo tutto, mi accingo a tornare alla civiltà, prendendo il più comodo sentiero che scende verso il passo Folungo passando per il bivacco Pian Vadà.
Il bivacco, dove si trova anche un’utilissima fontanella, è immerso nella nebbia. Da qui al passo Folungo si può seguire la strada sterrata in discesa o il sentiero che ne taglia i tornanti – io prendo il sentiero e ben presto arrivo in vista del passo.
Si trova, qui, un crocevia di sentieri e stradine. I pochi escursionisti che incontro sono arrivati quassù in auto, che mi pare più faticoso che salire a piedi. Studio i cartelli, visto che la batteria del mio Garmin è morta in cima alla Zeda, e vedo che l’alpe Piaggia è indicata tutto a destra, lungo una strada sterrata chiusa da una sbarra.
Sperando che il divieto di accesso sia rivolto alle auto e non vedendo sentieri alternativi, supero la sbarra e mi avvio lungo la strada in discesa. Ben presto mi rassicuro: sono ricomparse le balise dell’UTLM e riconosco la salita che, a suo tempo, mi ero sparata sotto il sole verso il cinquantesimo chilometro di gara. Ripercorrendola in senso contrario, so che arriverò al facile sentiero per Piaggia.
Le balise mi accompagnano fino alle prime, antiche baite di Piaggia. Da qui, non mi resta che tornare sui miei passi fino a Scareno.