Valle Sanguigno e laghi di Valgoglio (19 km – 1230 m D+)
Valgoglio – Aviasco – Val Sanguigno – Lago Nero (2.014 m) – Lago di Aviasco (2.070 m) – Lago Campelli Alto (2.050 m) e Campelli Basso (2.020 m) – Lago Cernello (1.958 m) – Lago Sucotto (1.854 m) – Valgoglio
Periodo: Settembre 2019
Partenza: Valgoglio (930 m)
Distanza: 19 km
Dislivello: 1230 m
Acqua: la prima fontana si trova alla baita Cernello, dopo avere attraversato la diga dell’omonimo lago; successivamente durante la discesa se ne trovano altre.
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Vi propongo un giretto semplice e relativamente breve a partire da Valgoglio, grazioso paesino a poco meno di 1000 m in alta Val Seriana. I sentieri CAI da queste parti sono tutti ben segnati, ma si incontrano anche tante tracce e sentieri secondari, per cui raccomando, soprattutto in caso di scarsa visibilità, di utilizzare anche la traccia gpx.
Si trova facilmente (e gratuitamente) parcheggio poco prima della piazza del municipio di Valgoglio (all’ombra) o qualche centinaio di metri dopo (al sole). Da questo secondo parcheggio si imbocca la stradina asfaltata pianeggiante sulla sinistra, che porta a Aviasco.
Attraversiamo il torrente Valle del Goglio e prendiamo il sentiero CAI 232, cominciando ad addentrarci nella bella Val Sanguigno lungo il corso dell’omonimo torrente. Il sentiero alterna brevi strappetti a tratti quasi pianeggianti e risulta piuttosto corribile.
A un primo bivio, dove vedremo indicato verso sinistra il rifugio Gianpace, proseguiamo dritto seguendo i segnavia 265 e 267. A un secondo bivio abbandoneremo il 265, che prosegue lungo la Val Sanguigno, e prenderemo il 267 in salita verso destra, seguendo le indicazioni per il Rifugio Lago Nero.
Si sale ora con decisione, guadagnando in breve 200 m di dislivello; si passa per la Baita de Mes e si arriva infine in cima a un pianoro, dove svetta una madonnina e da cui la vista si apre a trecentosessanta gradi sulle valli e sulle montagne circostanti.
Qui il sentiero curva decisamente verso sinistra e prosegue per un tratto quasi in piano, con piccoli saliscendi, ai piedi di pareti scoscese e in un ambiente davvero selvaggio. Seguiamo sempre i bolli, evitando le tracce secondarie.
Questa parte del giro, dove non ho incontrato anima viva nonostante la giornata spettacolare, contrasta singolarmente con il giro dei laghi che ci aspetta poco più avanti, un percorso popolare e sempre affollato. Godiamoci dunque la bellezza selvaggia di questo traverso, dimenticato da tutti, prima di tuffarci tra la folla dal lago Nero in avanti.
Il sentiero che dobbiamo seguire è sempre il 267, e la direzione R. L. Nero. In alcuni punti il percorso può risultare impegnativo, a tratti esposto. Nei tratti più difficili troveremo delle catene con cui aiutarci. Non sono difficoltà insormontabili, ma in questi punti il sentiero non può definirsi escursionistico.
Dopo un’ultima salita e un nuovo tratto pianeggiante, piuttosto panoramico, arriviamo finalmente al lago Nero e imbocchiamo il sentiero che svolta a sinistra, aggirando il lago che rimarrà sempre alla nostra destra.
Si prosegue più o meno in piano, con un’unica breve salita, fino al lago di Aviasco, forse il più bello tra i tanti laghetti di questo giro. Se avete in programma una pausa, vi consiglio di farla qui!
Si attraversa ora la piccola diga del lago di Aviasco per andare a prendere il sentiero 229, anche questo ben segnalato, verso destra, in direzione baita Cernello.
Seguiremo questo sentiero, che offre scorci davvero spettacolari, passando per i due laghi di Campello e fino al lago Cernello. Qui attraversiamo la diga e arriviamo all’omonima baita, davanti alla quale finalmente troveremo una fontana.
Si prende ora il sentiero 228 in discesa verso Valgoglio. Incontreremo un ultimo lago, il lago Sucotto, dove dovremo proseguire sempre lungo il sentiero 228 senza attraversare la diga.
Dopo una ripida discesa, piuttosto tecnica, raggiungeremo una strada sterrata lungo la quale si prosegue molto più comodamente, percorrendo in fretta gli ultimi chilometri di discesa. Seguiamo le indicazioni e l’ultimo tratto di sentiero in discesa fino a trovarci al parcheggio di Valgoglio.
Pizzo del Becco e Cabianca (29 km – 2000 m D+)
8 Ottobre 2019 by marta • Orobie Tags: cabianca, carona, corsa in montagna, creste, ferrata, laghi gemelli, lago colombo, lago marcio, orobie, passo d'aviasco, pizzo del becco, rifugio calvi, trail running • 2 Comments
Carona – Lago Marcio (1.841 m) – Laghi Gemelli (1.968 m) – Lago Colombo (2.046 m) – Pizzo del Becco (2.507 m) – Passo d’Aviasco (2.289 m) – Monte Cabianca (2.601 m) – Rifugio Calvi (2.015 m) – Carona
Periodo: Ottobre 2019
Partenza: Carona (1.110 m)
Distanza: 29 km
Dislivello: 2000 m
Acqua: fontana al rifugio Laghi Gemelli
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Un giro divertente e molto vario, dove tratti corribili si alternano a ferrate e creste vertiginose. Si attraversano paesaggi selvaggi e lunari, si corre con gli stambecchi tra ghiaioni e rocce multicolore, ci si arrampica per sentieri tecnicissimi e poco battuti, godendo di panorami semplicemente spettacolari. Percorso consigliato solo a escursionisti più che esperti e in condizioni di perfetta visibilità.
La partenza è dal lungolago di Carona: si può lasciare l’auto in paese per evitare il parcheggio a pagamento alla diga. Scendiamo a questo punto verso la diga seguendo il lungolago e, superato il bar Pineta, imbocchiamo il noto e frequentatissimo sentiero CAI 211 in salita verso sinistra. In circa 4 km guadagneremo 700 m, arrivando al primo dei vari laghetti che incontreremo in questo giro, il lago Marcio (1.841 m). Qui si prende a destra il sentiero semi-pianeggiante che costeggia il lago e che ci condurrà ai laghi Gemelli (1.968 m). Conviene rabboccare le borracce alla fontana davanti al rifugio, perché poi per parecchio tempo non troveremo altra acqua. Attraversiamo la diga e prendiamo a sinistra il facile sentiero che porta al lago successivo, il lago Colombo (2.046 m).
Attraversiamo anche questa diga e proseguiamo in salita seguendo le indicazioni per il Passo d’Aviasco e per il Pizzo del Becco, il primo raggiungibile seguendo il facile sentiero 214 che costeggia il lago Colombo, il secondo invece passando per un ripido canalone segnalato come EE – che poi potrebbe anche essere un EEA, vista la ripida ferrata che ci separa dalla vetta. In questo tratto, molto verticale, sarebbe opportuno l’uso del caschetto.
Una volta sbucati dal canalone, vedremo chiaramente la cima alla nostra sinistra. Percorriamo l’ultimo tratto, non attrezzato ma comunque impegnativo, e raggiungiamo la croce di vetta del Pizzo del Becco (2.507 m), da cui si gode di un panorama a trecentosessanta gradi su tutte le Orobie.
A questo punto si torna indietro fino al punto in cui siamo usciti dalla ferrata: qui, anziché scendere da dove siamo arrivati, proseguiamo dritto seguendo il panoramico sentiero – sufficientemente evidente e indicato da ometti – che ci permette di scendere più gradualmente fino a ricongiungerci con il sentiero 214. Da qui una breve salita porta al passo d’Aviasco (2.289 m).
Si percorre brevemente e in piano il sentiero CAI 229, che porta al lago di Aviasco, per poi abbandonarlo e imboccare la cresta che sale verso sinistra verso il monte Cabianca. Una ripida salita ci porta alla prima cima, il monte dei Frati. Dopodiché proseguiamo in cresta, seguendo gli ometti e i rari bolli e ammirando il panorama che si fa sempre più selvaggio e spettacolare.
Dopo una ripidissima discesa su ghiaione, affrontiamo lo strappetto finale e raggiungiamo la vetta del Cabianca (2.601 m), indicata da una campanella. Anche da qui il panorama è impagabile.
La salita è praticamente finita, ma adesso comincia il pezzo più critico dove occorre davvero prestare attenzione. Ancora più della ferrata per il Pizzo del Becco, questo tratto di cresta è consigliato solo a chi si sappia muovere con disinvoltura in questo tipo di ambiente, e non abbia problemi di vertigini!
Il sentiero a questo punto è solo una vaga traccia, con qualche bollo qua e là. Bisogna rimanere in cresta per circa un chilometro, procedendo con cautela nei tratti più esposti. Arrivati a un bivio, dove si potrebbe proseguire in direzione del Madonnino, si scende verso sinistra in un ghiaione sdrucciolevole ma non eccessivamente ripido. Anche qui, un minimo di traccia c’è, indicata talvolta da ometti in pietra, ma bisogna un po’ inventarsi la strada (o seguire la traccia gpx). La direzione, in ogni caso, è il rifugio Calvi, ben visibile sotto di noi! Una volta raggiunto il rifugio, si torna a Carona di corsa lungo gli 8-9 km di noiosa ma facile strada.