Anello panoramico in alta Val Formazza (34 km – 1790 m D+)
Cascata del Toce – Lago di Morasco (1.815 m) – Lago dei Sabbioni (2.460 m) – Piano dei Camosci e Rifugio Città di Busto – Passo del Gries (2.469 m) – Capanna Corno Gries (2.338 m) – Laghi del Boden (2.348 m) – Lago Kastel (2.216 m) – Cascata del Toce
Periodo: Ottobre 2019
Partenza: Frua, cascata del Toce (1.675 m)
Distanza: 34 km
Dislivello: 1790 m
Acqua: non ci sono fontane, si può prendere dai torrenti
GPX (clic dx, salva link con nome)
La Val Formazza non è proprio a due passi da Milano, ma nemmeno così lontana da non consentire una gita in giornata. Estrema propaggine settentrionale del Piemonte, al confine con la Svizzera, la valle ospita le sorgenti e la famosa cascata del fiume Toce – che con i suoi 143 m è la cascata più alta d’Europa e viene considerata una delle più spettacolari nelle Alpi, benché non sia visibile in tutta la sua portata se non in rari periodi dell’anno.
Proprio dalla cascata parte il nostro giro: parcheggiamo a località Frua, nell’ampio spiazzo davanti al ristorante Cascata del Toce. Qui troveremo una mappa che illustra il percorso dell’antica strada del Gries lungo la val Formazza; poco oltre comincia il sentiero. Dopo un breve tratto pianeggiante tra i prati, uno strappetto ci porta a un bivio: a destra i laghi di Boden e il lago Kastel, da cui arriveremo al ritorno, a sinistra il lago di Morasco.
Seguiamo le indicazioni per il lago di Morasco, proseguendo in piano per un paio di chilometri e attraversando il piccolo centro abitato di Riale. Arrivati ai piedi della diga di Morasco, prendiamo la strada che sale verso sinistra fino alla diga e seguiamo poi il facile sentiero pianeggiante girando tutto intorno al lago, che rimarrà alla nostra destra. In alternativa si può prendere la strada che sale verso destra e aggirare il lago dal lato opposto, risparmiando forse un chilometro. Le due strade, in ogni caso, alla fine si ricongiungono.
Verso il km 6 raggiungiamo un bivio con indicazioni accurate per tutte le possibili destinazioni della zona. Bisogna seguire quelle per il lago dei Sabbioni (2.460 m), dato verso sinistra a 1 h 50′ lungo il sentiero G39. Il sentiero a destra, G41, porta sempre al lago dei Sabbioni ma con un giro più lungo, che prenderemo al contrario dal lago verso il Piano dei Camosci e il rifugio Città di Busto.
Dopo un breve tratto semi-pianeggiante, il sentiero si impenna e comincia la prima e più dura salita del giro – oltre 600 m senza mai tirare il fiato. Ma il paesaggio dalla diga dei Sabbioni merita tutta la fatica: nello specchio d’acqua si riflettono cime innevate di una bellezza unica.
Attraversiamo la diga e torniamo indietro dall’altro lato della valle, seguendo le indicazioni per il Piano dei Camosci. Il sentiero non è tecnicamente difficile, ma in alcuni tratti risulta esposto e vi ho trovato ghiaccio nonostante le temperature relativamente miti: consigliati ramponcini e bastoncini!
Dopo una serie di saliscendi arriviamo al Piano dei Camosci e da qui un bel falsopiano in discesa ci porta al rifugio Città di Busto. Imbocchiamo ora il sentiero G41 in discesa verso sinistra. In appena un chilometro e mezzo perdiamo 400 metri di dislivello, atterrando infine in un ampio pianoro verdeggiante percorso da ruscelli, con cascatelle che scendono tutto intorno dalle ripide vette circostanti; in basso, dal lato opposto, si intravede di nuovo il lago di Morasco.
Dal pianoro seguiamo le indicazioni per il passo del Gries (2.469 m) e ci inerpichiamo per la seconda faticosa salita di questo giro. Si guadagna velocemente quota, 400 m in poco più di 2 km, mentre intorno a noi la vista si allarga, sempre più spettacolare, man mano che ci avviciniamo al passo. Alle nostre spalle svetta la Punta dei Camosci o Battelmatthorn, che supera i 3000 m di altezza; di fronte sulla destra vediamo il Corno Gries e in basso a sinistra l’omonimo lago. Al passo, una targa ricorda il passaggio di Wagner nel 1852. Siamo ora in territorio svizzero!
Seguiamo adesso il sentiero, parte del GTA (Grande Traversata delle Alpi), costeggiando il lago di Gries in un ambiente fantastico, di cui le pale eoliche non riescono nemmeno a scalfire la bellezza.
Al bivio manteniamo la destra e, dopo un’ultima salitella, finalmente possiamo goderci la cavalcata in discesa lungo il GTA fino a Capanna Corno Gries (2.338 m). Anche qui ho trovato parecchia neve e tratti con ghiaccio.
Arrivati a Capanna Corno Gries, abbandoniamo il GTA, che scende dritto verso la Svizzera, e imbocchiamo invece il sentiero a destra, in direzione San Giacomo, che ci riporta verso l’Italia.
Ci aspetta ora un bel tratto di saliscendi, molto corribile e con una vista spettacolare sulla strada a tornanti per il Nufenenpass, o passo della Novena, che collega la Valle di Goms nell’alto Vallese con la Val Bedretto nell’alto Ticino.
Il sentiero svolta poi verso destra, riportandoci verso l’Italia. Teniamo sempre la destra seguendo le indicazioni per il passo San Giacomo e proseguiamo in salita fino a raggiungere una piccola pozza d’acqua. Qui, volendo accorciare il giro, si può prendere la strada carrozzabile seguendo le indicazioni per Riale.
Proseguendo invece verso sinistra, in leggera salita e in direzione Laghi di Boden – Capanna Maria Luisa, aggiungeremo ancora qualche chilometro e un centinaio di metri di dislivello, ampiamente ripagati dalla vista dall’alto su questi pittoreschi laghetti alpini. Il sentiero qui è sufficientemente segnalato da bolli sbiaditi, ma non sempre evidentissimo: potrebbe risultare difficile orientarsi in caso di nebbia, per cui consiglio comunque di seguire la traccia gpx.
Il primo lago comparirà all’improvviso superando una bocchetta: scendiamo fino alle sue sponde e lo aggiriamo a sinistra.
Si segue poi il sentiero, tenendo la destra al bivio, fino al secondo lago, che vedremo alla nostra sinistra, e si prosegue arrivando in vista della possente diga del lago Kastel (2.216 m). In caso di dubbio, seguiamo sempre le indicazioni per Riale.
Alla diga, imbocchiamo la carrozzabile verso sinistra in direzione Cascata del Toce. La seguiamo per circa 2 km, dopodiché troveremo sulla destra il sentiero per la cascata del Toce. Seguiamo questo sentiero, una discesa piuttosto ripida e faticosa, fino al bivio da cui siamo passati all’andata. Poche centinaia di metri e siamo al parcheggio.
Giro delle tre Madonnine (29 km – 2080 m D+)
12 Ottobre 2020 by marta • Orobie, Valsassina Tags: anello, aralalta, artavaggio, baciamorti, carrozzabile, cima di piazzo, corsa in montagna, gherardi, moggio, nicola, passo, piani di artavaggio, rifugio, sentiero 724, sentiero 726, sodadura, torrente, trail running • 4 Comments
Moggio (Loc. Torrente) – sentiero 726 – Piani di Artavaggio (1650 m) – Rifugio Gherardi (1647 m) – Passo Baciamorti (1540 m) – Pizzo Baciamorti (2009 m) – Monte Aralalta – Monte Sodadura (2010 m) – Cima di Piazzo (2059 m) – sentiero 724 – Moggio (Loc. Torrente)
Periodo: Ottobre 2020
Partenza: Moggio Loc. Torrente (890 m)
Distanza: 29 km
Dislivello: 2080 m
Acqua: fontanelle all’inizio del sentiero, ai piani di Artavaggio e sul sentiero 724 al ritorno.
GPX (clic dx, salva link con nome)
Questo giro ad anello, adatto alle mezze stagioni e alle giornate dal meteo incerto, è tanto semplice quanto panoramico. Percorre lunghe creste erbose e passa per ben tre cime – con relative madonnine – a cavallo tra la Valsassina e le Orobie, in enormi spazi aperti dove la vista può spaziare a trecentosessanta gradi. Lo sconsiglio in piena estate e suggerisco di evitare questa zona nelle ore di punta delle belle giornate, dato che ai piani di Artavaggio arrivano frotte di turisti in funivia; può invece andare bene, con la dovuta attenzione e l’attrezzatura necessaria, quando c’è neve. In autunno le condizioni sono quasi ideali: il solo problema sono i cacciatori – ne ho incontrati a dozzine e per tutta la mattina gli spari hanno riecheggiato nei boschi. (Piccola riflessione: per mesi i runner sono stati messi alla gogna come pericolo pubblico, mentre il fatto che uomini armati di fucile vadano in giro a sparare agli uccelli negli stessi posti in cui la gente va a passeggiare sembra non infastidire nessuno).
Si parcheggia nel punto indicato come Località Torrente: seguendo la strada in discesa che da Moggio va verso la Culmine di San Pietro, a un tornante della strada si trova un grande parcheggio sterrato che può essere completamente pieno o deserto a seconda dell’ora del giorno e del meteo. Io, per sicurezza, cerco sempre di arrivare alle prime luci dell’alba. Il sentiero comincia proprio qui e segue il corso del torrente; ben presto sbuca sulla stradina sterrata che arriva da Moggio paese. Dobbiamo sempre seguire le inequivocabili indicazioni per i Piani di Artavaggio, sentieri n. 726 e 724, che dapprima procedono uniti e poi, a un bivio chiaramente segnalato, si separano.
All’andata ho preso verso destra il 726, dove ai bolli bianco-rossi si aggiungono dei curiosi segnavia fallici che fanno sempre sorridere chi si avventura da queste parti per la prima volta. Si prende quota velocemente, mentre la vista si apre sulle Grigne dietro di noi. Il sentiero è sempre ben segnalato: attenzione a un bivio, dove bisogna mantenere la destra in leggera discesa proseguendo lungo il corso del torrente, mentre un’altra traccia porta verso sinistra. Dopo avere guadagnato 700 metri di dislivello in meno di 4 km, il sentiero finalmente spiana: siamo arrivati ai piani di Artavaggio (1650 m).
Sbuchiamo su una strada sterrata, da imboccare verso sinistra in leggera salita. Finalmente si può correre un po’! Per chi volesse fare a meno della traccia gpx (che comunque consiglio di utilizzare per questo giro), bisogna continuare in direzione dell’albergo degli sciatori e della chiesetta in legno dal tetto spiovente, alle cui spalle si erge l’inconfondibile piramide del monte Sodadura. Qui troveremo anche una fontana che nelle giornate calde può rivelarsi preziosa. Superata la chiesa, abbandoniamo la strada che sale verso il rifugio Nicola e prendiamo il sentiero/mulattiera in salita verso destra, senza indicazioni di alcun tipo, che passa a destra del Sodadura.
Si tratta di un sentiero generalmente poco battuto (se non dai cacciatori) che a me piace molto: quasi pianeggiante, con qualche saliscendi, è corribile e panoramico. Dopo un paio di chilometri ci troviamo a un bivio: prendiamo la mulattiera in discesa verso destra. Si risale per un pezzo e si sbuca in un bel pianoro con piccoli laghetti e lo sfondo delle Orobie: bisogna proseguire dritto fino al rifugio Gherardi. Non ci sono indicazioni e il sentiero si perde nell’erba, ma aguzzando un po’ la vista si intravede la bandiera del rifugio, che si trova poco più in basso.
Dal Gherardi si prende la strada carrozzabile (non il sentiero!) che porta a Quindicina: proseguiamo velocemente in discesa seguendo questa strada per circa 3 km, perdendo parecchio dislivello. Prima di arrivare a Quindicina, a un tornante della strada, si prende il sentiero che si inoltra nel bosco tutto a sinistra. Utile anche qui la traccia gpx: non ci sono indicazioni. Fate attenzione, questo bosco è particolarmente infestato dai cacciatori.
Si prosegue più o meno in piano, poi in leggera salita, fino al passo Baciamorti (1540 m). In questo punto incontriamo il sentiero 101, o sentiero delle Orobie occidentali, che sale da Cassiglio e passa ai piedi delle cime che ci accingiamo a scalare. Questo sentiero è una valida alternativa alle creste, da tenere in considerazione in caso di maltempo, vento o scarsa visibilità.
Svoltiamo dunque tutto a sinistra e, ignorando il 101 che prosegue a mezzacosta, prendiamo il sentiero in cresta indicato da paletti che ci porterà, con una estenuante ma estremamente panoramica salita, in vetta al Baciamorti (2009 m) e alla prima delle nostre tre madonnine.
Possiamo adesso goderci una bella cavalcata, sempre in cresta, fino all’Aralalta, antecima del Baciamorti per chi arriva dalla parte opposta, e poi giù lungo il ripido pendio erboso fino a ricongiungerci con il sentiero 101.
Seguiamo il 101 per un paio di chilometri, passando per la bocchetta di Regadur, fino a trovarci sulla sinistra – anche qui, senza indicazioni – il ripido sentiero che ci porterà alla vetta del Sodadura (2010 m) e alla seconda madonnina del nostro giro. Da qui possiamo ammirare tutto il nostro percorso, i sentieri da cui siamo arrivati e quelli ancora davanti a noi.
Il Sodadura è generalmente più affollato rispetto al Baciamorti, perché si trova proprio sopra il rifugio Nicola e i piani di Artavaggio, che infatti vediamo ora distintamente ai nostri piedi nella direzione opposta a quella da cui siamo arrivati; la prima montagnetta (un panettone, più che altro) a destra rispetto al Nicola è invece la Cima di Piazzo, nostra prossima meta. Scendiamo dunque in questa direzione, prestando attenzione all’unico tratto un po’ ripido e sdrucciolevole (può dare problemi in caso di neve e ghiaccio), riprendiamo il sentiero 101 e, prima di arrivare al Nicola, lo abbandoniamo per imboccare la traccia che si diparte verso destra. Di nuovo, nessuna indicazione. Troveremo due sentieri: uno passa in cresta e l’altro più in basso. Ho seguito il primo in salita e il secondo in discesa, ma è la stessa cosa.
Dalla Cima di Piazzo (2059 m) si apre una vista fantastica sulle vette più alte della Valsassina, tra cui il Legnone e il Pizzo dei Tre Signori, e su tutto l’arco delle Orobie. Dopo la foto di rito alla terza e ultima madonnina, riprendiamo una delle due tracce in discesa e torniamo sul nostro buon sentiero 101, che imbocchiamo verso destra in direzione della bocca di Campelli. Prima di arrivare alla bocchetta, prendiamo il sentiero in discesa che ci riporta nella valle di Artavaggio e ci deposita ben presto su una strada carrozzabile, dove troviamo finalmente delle indicazioni per Moggio, 1h55′ verso sinistra.
Seguiamo questa strada per circa un chilometro, fino a trovare sulla destra un sentiero in discesa per Moggio, con tempi di discesa che chissà perché anziché diminuire aumentano: non fateci caso, ovviamente ci vuole molto meno. Per tornare al parcheggio, dobbiamo seguire le indicazioni per il sentiero 724 (non il 723!) e poi proseguire per Località Torrente (non Moggio paese). Il sentiero 724 ci porterà al bivio incontrato all’inizio del giro e da qui non dovremo fare altro che ripercorrere i nostri passi fino alla macchina.