Al Rosalba da Lecco (29 km – 2000 m D+)
Sentiero del Viandante da Lecco a Rongio – Zucco di Manavello (1112 m) – Zucco di Portorella (1465 m) – rifugio Rosalba (1730 m) – sentiero delle Foppe – Piani Resinelli (1200 m) – Val Calolden – Laorca – Malavedo – Lecco.
Periodo: Maggio 2021
Partenza: Lecco, via Alcide de Gasperi
Distanza: 29 km
Dislivello: 2000 m
Acqua: fontane a Rongio, Piani Resinelli, Laorca
GPX (clic dx, salva link con nome)
Non è fantastico avere gambe forti da trail runner e raggiungere la Grignetta direttamente da Lecco, contribuendo così a ridurre il traffico ai frequentatissimi Piani Resinelli? Con il nuovo tratto di sentiero del Viandante, poi, ne esce proprio un anello perfetto! (Chi volesse optare per una versione più breve del giro può seguire questo percorso da Abbadia Lariana).
In un’umida mattina di fine maggio, con le ore contate per un’irrinunciabile festa pomeridiana, parto di buon’ora con l’inseparabile coach Meme da via Alcide de Gasperi, dove si parcheggia comodamente ai piedi del Medale e vicino all’imbocco del Viandante. L’idea è di seguire fino al Rosalba il percorso della UTLAC, per poi decidere se salire in Grignetta dal sentiero Cecilia o più semplicemente scendere ai Piani Resinelli dal sentiero delle Foppe. Alla fine i tempi stretti e qualche nuvolone minaccioso ci convinceranno a evitare la vetta e optare per il giro più breve.
Per andare a prendere il sentiero del Viandante seguiamo via Santo Stefano, che subito diventa via Stelvio, per poche centinaia di metri; superiamo, senza attraversarla, la sbarra dove comincia il sentiero per i Pizzetti e successivamente imbocchiamo il sentiero non indicato che si stacca a destra della strada, rimanendole parallelo. Occhio alle radici, ce n’è una particolarmente subdola! Le indicazioni per Abbadia Lariana cominceranno più avanti, ma in ogni caso il percorso da seguire è piuttosto evidente.
Stretto tra le ripide pareti del San Martino e il lago di Como, il sentiero in questo punto è un capolavoro di ingegneria e sembra reclamare a gran voce un sia pur piccolo spazio per il viandante che, evitando la trafficata SS36, decide di muoversi a piedi da Lecco verso la Valtellina. Dopo circa 6 km di saliscendi si arriva ad Abbadia Lariana e si prosegue lungo il “vecchio” sentiero del Viandante, seguendo i cartelli arancione e (ve lo consiglio, perché non c’è una volta che io riesca a non cadere in errore lungo questo percorso) anche la traccia gpx.
Superato il ponte sulla SS36, abbiamo abbandonato il Viandante per salire a Crebbio, con l’intenzione di raggiungere da lì lo Zucco di Manavello come da percorso della UTLAC. Tratti in inganno da un anziano signore – che lo Zucco di Manavello lo conosceva benissimo, ma con ogni probabilità non c’era mai salito – ci siamo però ritrovati a Maggiana. Di nuovo sul sentiero del Viandante, lo abbiamo a questo punto seguito fino a Rongio e siamo saliti da lì allo Zucco di Manavello dal più noto sentiero n. 13.
Si trovano in questo tratto due fontane: la prima nel paese di Rongio, prima di prendere la mulattiera in salita verso destra; la seconda nella parte iniziale del sentiero. Consiglio di fare un bel rifornimento d’acqua, soprattutto se vi avventurate da queste parti in settimana e il rifugio Rosalba è chiuso, perché la fontana successiva sarà ai Piani Resinelli. Con le borracce piene, si affronta dunque la faticosa salita che in breve ci fa guadagnare oltre 600 m di quota e raggiungere il grazioso Baitello di Manavello (al momento chiuso causa pandemia).
Da qui si apre una vista meravigliosa sul lago, mentre proseguendo verso le Grigne l’ambiente diventa sempre più selvaggio. Superato il Baitello, difficilmente si trovano escursionisti in giro: la traversata da qui al Rosalba è infatti lunga, faticosa e anche un po’ accidentata, con qualche tratto di sentiero classificabile come EE.
Proseguiamo dunque in direzione Grignetta. A un breve tratto pianeggiante segue subito un’altra salita, ancora più faticosa della prima, e chi ha portato i bastoncini può a questo punto metterli via: il sentiero si inerpica e diventa poco più che una serie di bolli tra una roccetta e l’altra.
Un breve tratto attrezzato con catene ci porta alla bocchetta e allo Zucco di Portorella (1465 m).
Fate attenzione ora a non abbandonare il sentiero degli umani per seguire le tracce dei camosci. I bolli sono un po’ sbiaditi ma ci sono, non perdeteli di vista!
Superate le ultime roccette, sbuchiamo finalmente sul lato delle Grigne, le cui cime purtroppo risultano coperte dalle nubi. La vista sulle caratteristiche guglie di calcare è comunque sempre uno spettacolo. Si vede già il rifugio in lontananza, ma non bisogna farsi ingannare – come ha osservato giustamente Meme, il Rosalba qui somiglia alla Giannetti lungo il Kima: si vede sempre ma non ci si arriva mai!
La pendenza si è ridotta notevolmente, ma il sentiero adesso risulta un po’ antipatico: in leggera salita, ricoperto da un’erbetta scivolosa, stretto tra lo Zucco Pertusio e un ripidissimo prato in discesa, richiede molta concentrazione e non permette di procedere troppo spediti. Superato lo Zucco Pertusio, ci inoltriamo nel bosco e finalmente un’ultima salita ci porta al sospirato rifugio Rosalba (1730 m).
Dopo una breve sosta al rifugio, affollatissimo come sempre, decidiamo di evitare sentiero Cecilia e vetta, che porterebbero via troppo tempo: sono già le 11 e devo essere alla macchina non oltre le 13. Scendiamo dunque il più in fretta possibile dal sentiero delle Foppe, zigzagando tra gruppi di escursionisti più o meno collaborativi, e arriviamo alla strada che porta ai Piani Resinelli. Qui ci aspetta un chilometro di salita, e posso garantire che anche sapendolo in anticipo ha fatto male! Segue un altro chilometro di strada in piano e finalmente, superato il rifugio SEL, svoltiamo tutto a sinistra seguendo le indicazioni per la Val Calolden.
Da qui è praticamente tutta discesa. Attenzione solo a un bivio, poco dopo l’inizio del sentiero, in cui bisogna svoltare a destra seguendo la traccia gpx, anche se non ci sono bolli né indicazioni. Poi si prosegue per questo lungo ma facile sentiero fino ad arrivare, dopo circa 4 km, a Laorca; da qui a Lecco sono “solo” altri 3 km su strada. Per un pelo siamo stati nel tempo limite: per le 12,55 eravamo alla macchina!
Croce di Muggio da Bellano (22,7 km – 1700 m D+)
18 Ottobre 2021 by marta • Lario, Valsassina Tags: anello, bellano, croce di muggio, lago, lago di como, lago di lecco, percorso, sentiero del viandante, valsassina • 2 Comments
Panoramico percorso ad anello da Bellano al monte Croce di Muggio (1799 m), tra il lago di Como e la Valsassina.
Periodo: Ottobre 2021
Partenza: Bellano
Distanza: 22,7 km
Dislivello: 1700 m
Acqua: fontane agli alpeggi
GPX (clic dx, salva link con nome)
Il monte Croce di Muggio, ben noto a escursionisti e famiglie per i suoi sentieri semplici ma panoramici, i ristorantini all’alpe Giumello e i pendii innevati dove i bambini possono divertirsi in inverno, è meno frequentato da chi pratica la corsa in montagna. A torto: dal lago alla vetta si mette insieme un bel dislivello, alternando tratti verticali a tratti veloci e corribili. Insomma, un ottimo terreno d’allenamento!
A Bellano si può arrivare comodamente in treno; per chi invece si muove in auto, l’ideale è trovare posto, con un po’ di fortuna, in via Roma, da dove partono i sentieri. In alternativa si può usare il parcheggio dietro la stazione, a pagamento nei giorni feriali, o approfittare degli spazi un po’ abusivi (ma senza divieti) che si trovano all’ultimo tornante della strada in discesa per Bellano, subito prima del passaggio a livello. Io come al solito mi sono fermata in uno di questi spazi, senza entrare in paese. A piedi, poi, ho attraversato i binari, superato il supermercato e svoltato a destra nella strada principale; dopo il ponte sul il torrente Pioverna, la prima via sulla destra è appunto via Roma, da cui si imbocca la mulattiera in salita verso l’orrido di Bellano.
La salita mi porta alla frazione Ombriaco e a un bivio, dove svolto a sinistra; al ritorno arriverò in questo stesso punto, ma dalla parte opposta. Mi trovo su un terreno molto familiare, il Sentiero del Viandante, e comincio a seguire i noti cartelli arancione in direzione Varenna. Ben presto, come spesso accade quando penso di conoscere a memoria la strada, mi distraggo, perdo di vista i cartelli e mi ritrovo su un sentiero sconosciuto, poco più in alto rispetto al Viandante. Supero una chiesetta e arrivo a un belvedere, da dove la vista spazia fino a Varenna.
Il tempo, come potete vedere dalle foto, non è meraviglioso, ma questo giro è abbastanza semplice da potersi fare pressoché in qualsiasi condizione meteo. L’alpe Giumello e il monte Croce di Muggio, del resto, con il bel tempo sono troppo affollati per i miei gusti: una grigia giornata di inizio autunno è proprio quello che ci vuole per un allenamento da queste parti! I boschi, in ogni caso, non sono deserti, perché molti sono in giro a raccogliere le castagne, che in questo periodo si trovano a quintali.
Trovo sulla sinistra un sentiero in discesa con indicazioni per il Viandante, che vorrei andare a riprendere. Il sentiero mi porta a una strada asfaltata, che in assenza di altri cartelli imbocco verso destra. Il Viandante, ahimé, si trova da qualche parte ancora più in basso, ma ora che me ne rendo conto ho già percorso qualche centinaio di metri lungo la strada e decido di perseverare nell’errore: la direzione, infatti, è corretta, e lungo la strada trovo indicazioni per l’alpe Giumello. Dopo due tornanti in salita, lascio la strada e prendo il sentiero tutto a sinistra, letteralmente ricoperto di castagne.
Proseguo lungo questo sentiero, molto grazioso e in buone condizioni, con la speranza che mi porti da qualche parte. Supero un alpeggio e il bosco si apre, lasciando spazio a prati e campi coltivati.
A un crocevia di sentieri trovo finalmente delle indicazioni, tra cui quelle per Noceno: stranamente sono già riuscita a rimettermi sulla retta via senza passare per rovi, torrenti o burroni come mio solito! Seguo dunque senza possibilità d’errore la mulattiera in salita, a tratti bella ripida, che tra cappellette e castagni mi farà guadagnare i circa 3-400 m di dislivello che mi separano da Noceno.
Questo piccolo alpeggio, tutto arroccato su un ripido pendio, va letteralmente scalato per proseguire, sempre in salita, verso Camaggiore. Una fontana permette qui di fare un primo rifornimento d’acqua.
Alla fine del paese, piuttosto che seguire la mia traccia, vi conviene tirare dritto cercando di riprendere subito la mulattiera verso Camaggiore. Io invece ho di nuovo sbagliato strada, attratta dai belati di alcune simpatiche pecorelle, e pur di non tornare indietro mi sono trovata a risalire più o meno a caso nel bosco fino a rimettermi sulla retta via.
Finalmente a Camaggiore, ormai oltre i 1200 m di quota, prendo verso sinistra la strada per S. Ulderico, che ben presto mi porta a un altro fantastico belvedere.
Proseguo ora in piano lungo una facile e corribilissima strada sterrata, per circa due chilometri e mezzo. Poi la strada finisce bruscamente nel nulla, anche se non posso lamentarmi di non essere stata avvertita: poco prima della fine, infatti, ho visto e ignorato un sentiero in discesa per San Ulderico. Di nuovo decido di non tornare sui miei passi, ma di esplorare il bosco alla mia destra, certa di andare a incrociare l’anello di Muggio che passa da qualche parte un po’ più in alto.
Si vedono alcune tracce, ma definirlo “sentiero” è un po’ eccessivo. Ligia alle regole non scritte del buon ravanage, tiro dritto mantenendomi sempre il più in alto possibile sul crinale, che ha una pendenza dapprima accettabile, poi sempre più elevata, fin quasi al 50%. Chi non ama questo tipo di ambiente o non si sente sicuro fuori sentiero può evitare questo tratto prendendo l’anello di Muggio direttamente da Camaggiore. Io, personalmente, ho trovato questa parte nel bosco divertente e comunque priva di pericoli.
Continuando a ravanare, e seguendo qua e là le tracce di qualcuno che da queste parti deve essere passato prima di me – anche se poteva benissimo essere un branco di cinghiali – raggiungo l’anello, che potrei imboccare in una o nell’altra direzione, dato che in entrambi i modi si arriva all’alpe Giumello. Nel dubbio, ho scelto una terza via, di cui mi piaceva il nome: Sentiero dei Mirtilli.
Seguo dei bolli giallo fluo, che ricordano quelli di una gara, disegnati qua e là sugli alberi, e supero un primo tratto non proprio corribilissimo per la presenza di radici bagnate e scivolose. Il sentiero diventa poi più bellino e riesco a correre fino a un bivio privo di indicazioni. Decido di salire in cima al monte Croce di Muggio, avvolto da un innocuo nuvolone, e prendo dunque il sentiero in salita verso destra.
Dal bivio alla croce di vetta mancano forse 100 m di dislivello, che percorro rapidamente su facile sentiero, passando per gli impianti da sci che caratterizzano il monte Croce di Muggio. Dalla croce (1799 m) il panorama di solito è bello, ma oggi non si vede proprio niente!
Attraverso tutta la cima e prendo il sentiero che scende dall’altra parte. Anche questo è facile e corribile, e ben presto mi ritrovo all’alpe Giumello. Passo a bere un caffè al ristoro Genio e riparto poi lungo l’anello di Muggio in direzione Alpe Chiaro.
Proseguo fino all’omonimo belvedere, dove finalmente le nubi si diradano e torno a vedere il lago di fronte a me. Anziché proseguire lungo l’anello, si prende qui a sinistra il sentiero in discesa, poco visibile ma indicato, per Vendrogno.
Dopo una discesa piuttosto ripida arrivo a un pianoro con una fontana. Il sentiero prosegue in discesa nel bosco verso destra, anche se ci metto un attimo a individuarlo. Continuo a scendere fino a un alpeggio, dove trovo nuove indicazioni per Vendrogno.
Continuo in discesa su facile sentiero fino a sbucare su una strada carrozzabile, che imbocco verso sinistra; subito l’abbandono, prendendo il sentiero non indicato che scende verso destra. Qui si trova qualche altro bivio, sempre con poche indicazioni: nel dubbio tenete la destra e proseguite in discesa, affidandovi anche alla mia traccia gpx (no worries, qui non ci sono originali varianti fuori pista!). Sbuco infine sulla strada asfaltata e, passando per Mornico, continuo a seguire i cartelli per Vendrogno, che mi permettono qua e là di tagliare i tornanti su facile sentiero.
Da Vendrogno proseguo prima su strada, poi di nuovo su sentiero, in direzione Bellano. Ben presto raggiungo la frazione Ombriaco e da qui non mi resta che ripercorrere la strada dell’andata fino alla macchina. Tempo di percorrenza: circa 4 ore al netto delle pause.