Bivacco Kima e bocchetta Roma (33 km – 2100 m D+)
Con gli imprevisti tipici del sentiero Roma, è uscito un giro diverso da quello che avevo in mente, ma comunque un gran bel giro!
Periodo: Agosto 2022
Partenza: Filorera (841 m)
Distanza: 33 km
Dislivello: 2100 m
Acqua: fontane solo in discesa, ma ci sono tanti ruscelli!
GPX (clic dx, salva link con nome)
“Mi raccomando, non perdetevi” (cit. signora Luisella, h 7:00).
Detto, fatto: h 9:00, perse. Ecco il racconto di un’ordinaria giornata sul sentiero Roma con Lucia.
Attenzione: percorso adatto solo a escursionisti/runner più che esperti, e occhio al meteo!
L’idea era quella di risalire la val di Mello, andare a intercettare il sentiero Roma nell’austera val Cameraccio, seguire il percorso del Kima (per chi fosse interessato, ecco il link dell’epico giro provato nel 2020) giù per il passo Cameraccio, superare il passo Torrone, raggiungere il rifugio Allievi e da lì scendere per la val di Zocca fino a San Martino. Per aumentare il chilometraggio ed evitare il caos di San Martino Beach, dove orde di bagnanti rendono ormai invivibile la bella val di Mello, abbiamo deciso di partire da Filorera, dove i parcheggi sono gratuiti e le pozze meno affollate.
A Filorera lasciamo l’auto lungo il torrente e prendiamo la pista ciclo-pedonale che in 2 km ci porta a San Martino. Percorriamo così a ritroso gli ultimi 2 km del Kima, nota skyrace a cui Lucia è iscritta per l’ennesima volta e che si svolgerà tra poco, nell’ultimo weekend di agosto. Il sentiero Roma in queste settimane è affollatissimo di atleti che si preparano appunto a questa gara, forse la più selettiva nel panorama dello skyrunning italiano.
Da San Martino prendiamo il sentiero che risale la val di Mello a destra del torrente: dall’altra parte c’è la strada, molto più affollata. Sono le 7 e mezza del mattino e la valle è ancora quieta, complice probabilmente il cielo nuvoloso. Meteo non ideale per il sentiero Roma, ma di sicuro perfetto per la val di Mello!
Sono circa 5 km di sentiero morbido e corribile, prima del vertical che ci aspetta da Rasica al sentiero Roma. Il bosco qua e là si apre lasciando intravedere le famose pozze del torrente Mello, dove si riflettono le imponenti pareti di granito che racchiudono la valle.
Attraversiamo infine il torrente e seguiamo le indicazioni per Rasica, senza prendere il sentiero che sale verso la val di Zocca e il rifugio Allievi. Tra le valli laterali della val di Mello, da cui si può accedere al sentiero Roma, la val di Zocca è l’unica un po’ battuta, con un sentiero degno di questo nome. Tutte le altre, inclusa la val Cameraccio dove ci accingiamo a salire, sono ripide e selvagge, frequentate quasi esclusivamente dagli animali. Il telefono non prende quasi mai e i “sentieri” non sono altro che sequenze di bolli tra l’erba alta, spesso poco visibili. Insomma, un ambiente impervio e ostile, ma proprio per questo estremamente affascinante.
Raggiungiamo Rasica e siamo ormai alla fine della val di Mello. Abbiamo fatto solo 500 m di dislivello in 7 km e non vediamo l’ora che il sentiero si impenni un po’, in modo da avere una buona scusa per smettere di correre. Il bivacco Kima da qui è indicato a 7 ore di cammino, forse un po’ eccessivo anche per i tempi CAI… ci ho messo 7 ore a fare tutto il giro, comprese le ricerche di Lucia!
Ci inoltriamo nel bosco dove incontriamo due signori in cerca della val Torrone: con una certa convinzione li rimando indietro, per poi ricordarmi – troppo tardi – che per la selvaggia val Torrone si segue per un tratto lo stesso nostro sentiero e si prende poi un sentierino secondario verso sinistra. Spero che non mi abbiano odiato troppo!
Fino alla casera di Pioda il sentiero è in ottime condizioni. Oltre la casera, ringraziamo solo che prima di noi siano passate delle mucche, altrimenti non vedremmo neanche la traccia nell’erba alta. La salita è ripida e faticosa, tra zolle di terra che si staccano, rigagnoli da attraversare, erbacce e arbusti che ci graffiano le gambe. Lucia è parecchio avanti, mi fermo un paio di volte per foto e spuntino e tanto basta per perderla completamente di vista.
Man mano che guadagno quota la valle si apre e, nonostante la nebbia, mi perdo nella contemplazione di questo ambiente unico, delle aspre pareti di granito che svettano tutto intorno, della solitudine e del silenzio interrotto solo dai fischi delle marmotte. Arrivo a un bivio: a destra si va per la Ponti (indicata da una scritta sulla pietra), a sinistra per il passo Cameraccio (non indicato, ma è qui che dobbiamo dirigerci). Ora, da che parte sarà andata Lucia? Provo a chiamarla, aspetto un po’, riprovo, ma niente.
Bon, la direzione giusta è a sinistra, ci sono i bolli e per di più l’erba è calpestata. Decido di andare a sinistra. (Se rifate il giro, naturalmente vi conviene prendere il sentiero per la Ponti che vi fa tagliare un po’ di strada rispetto alla mia variante).
Non è stata Lucia a calpestare l’erba lungo il mio percorso e me ne rendo conto quando mi trovo muso a muso con una mucca, sbucata come un fantasma dalla nebbia che ormai pervade completamente la valle. Il nebbione non è anomalo da queste parti, è anzi una costante e rappresenta il primo fattore di rischio sul sentiero Roma.
I bolli e gli ometti qua e là si perdono, o quantomeno io li perdo di vista, ma riesco sempre a individuarne uno in lontananza per capire almeno indicativamente in che direzione muovermi. Un po’ per volta i pascoli cedono il posto alla pietraia: ormai non deve mancare molto al sentiero Roma, intorno ai 2500 m di quota.
Intercetto l’alta via e mi trovo davanti le indicazioni per il bivacco Kima, verso destra. Per il passo Cameraccio bisognerebbe prendere il sentiero Roma verso sinistra, ma so per certo che Lucia non ci sarebbe andata senza aspettarmi. La mia speranza è di trovarla al bivacco Kima e, a quel punto, mi viene l’idea di proseguire poi insieme verso la bocchetta Roma e il rifugio Ponti.
Al bivacco incontro diverse persone che stanno provando il giro del Kima, ma nessuna traccia di Lucia. Che fare? Rimanere qui è inutile, perché è evidente che ormai ci siamo mancate: al bivio deve avere preso l’altro sentiero, che non ho idea di dove porti (porta direttamente al bivacco Kima, come mi spiegherà poi Lucia). Se è scesa a cercarmi, con il ritmo che tiene in discesa difficilmente potrei raggiungerla. Senza contare che piuttosto che tornare da dove sono salita preferirei fare tutto il sentiero Roma fino alla Omio!
Lascio detto a tutti quelli che incontro di riferire a Lucia, nel caso la vedano, che sto bene e che ci rivedremo alla macchina. Non sono troppo preoccupata, Lucia in montagna si muove meglio degli stambecchi! Spero per lei che possa ancora unirsi a qualcuno per provare il passo Cameraccio, uno dei punti più tosti della gara. Da parte mia, so che il modo più veloce per tornare a Filorera è superare la bocchetta Roma, che ogni tanto si intravede tra le nuvole, e scendere al rifugio Ponti. Si tratta del rifugio più vicino e, avendo perso la socia, preferisco tornare il prima possibile nella civiltà e recuperare l’uso del telefono.
Nel 2020 aveva nevicato parecchio e, quando nel mese di luglio provai il giro del Kima, la neve arrivava praticamente all’altezza delle catene più basse: ricordo che appena scesa dalla bocchetta calzai i ramponcini e mi incamminai – con attenzione, ma senza grandi problemi – seguendo le tracce di chi ci aveva preceduto sul nevaio. Oggi scopro che la parte più brutta della bocchetta Roma è quella che allora era coperta dalla neve: un pendio ripido e scosceso con sassi di ogni dimensione che si muovono a ogni passo. Con delicatezza, cercando di non provocare frane, raggiungo le prime catene e da qui è tutto facile: questo tratto è molto più simpatico percorso in salita!
Scollino e mi trovo nell’enorme pietraia dell’alta valle di Predarossa. La bocchetta si trova a poco meno di 2900 m e l’ambiente, anche qui, è severo. Bisogna fare attenzione a non perdere di vista i bolli, che rimangono sempre alti poco sotto le creste. Il telefono risorge (tipo per mezzo minuto) e mi arrivano dei messaggi, tra cui una chiamata persa di Lucia. Provo a richiamarla ma ora è lei ad avere il telefono spento. Niente, scendo alla Ponti e chiedo consiglio a Eleonora, l’esperta rifugista. Secondo lei la cosa più probabile è che Lucia sia scesa a cercarmi e sia rimasta in mezzo alla val di Mello, dove non c’è campo. Rassicurata, continuo la discesa, ora su facile sentiero, e mi trovo nella bucolica valle di Predarossa.
Seguo il corso del torrente e raggiungo il parcheggio, da dove mi limito a seguire la lunga, noiosa ma rassicurante strada asfaltata in discesa. Nella parte alta ci sono dei tagli su sentiero, che evito perché ho le gambe distrutte e preferisco una corsa tranquilla senza colpi, mentre nella parte più bassa il sentiero è fuori uso da anni e bisogna per forza seguire la strada. Ogni pochi minuti provo a far partire una chiamata e finalmente il telefono di Lucia prende: sta scendendo da San Martino, per fortuna sana e salva! Percorro per inerzia gli ultimi chilometri di strada e finalmente la raggiungo, con le gambe a mollo nella pozza accanto a cui abbiamo parcheggiato.
La sua mattinata è andata così: al bivio ha preso il sentiero per la Ponti, senza vedere che ce n’era un altro; il suo sentiero portava direttamente al bivacco Kima, che quindi ha raggiunto molto prima di me; non vedendomi arrivare, è scesa a cercarmi; tornata senza successo in val di Mello, ha pensato di salire all’Allievi (si è presa pure un paio di coroncine Strava lungo la salita) per vedere se fossi finita lì; all’Allievi non c’ero e non ha incontrato nessuna delle persone a cui avevo affidato messaggi, per cui è scesa di nuovo e si è rimessa in marcia verso Filorera. Tutto è bene quello che finisce bene, ma sempre occhio alla nebbia e ai bivi in alta montagna!
Giro della val Brevettola (20 km – 1880 m D+)
12 Ottobre 2024 by marta • Altro Tags: corsa in montagna, domodossola, GTA, piemonte, skyrace, trail running, val brevettola, valle antrona • 0 Comments
Sulle tracce della Val Brevettola Skyrace: salite spaccagambe e paesaggi mozzafiato!
Periodo: Ottobre 2024
Partenza: Montescheno
Distanza: 20,5 km
Dislivello: 2880 m
Acqua: fontane agli alpeggi, in estate si consiglia scorta abbondante.
GPX (clic dx, salva con nome)
Poco battuta e sconosciuta ai più, la val Brevettola merita decisamente una visita. I piemontesi l’avranno distrattamente incrociata salendo in auto verso i più popolari laghi della valle Antrona, mentre qualche runner potrebbe avere sentito parlare della skyrace che si corre ogni estate su questi sentieri: si tratta, in ogni caso, di un giro poco “mainstream”.
Con Michele, Irene e Martin decidiamo di approfittare di un bel sabato di ottobre per provare il giro della gara. La stagione è semplicemente perfetta: a questa quota, poco meno di duemila metri nei punti più alti, non ha ancora nevicato, ma fa abbastanza fresco da non doverci portare enormi scorte d’acqua.
Si parte dal piccolo borgo di Montescheno, a settecento metri. Ci sono una ventina di posti auto gratuiti in piazza, strategicamente vicini a un bar, a una fontana e persino a un bagno pubblico. Il giro comincia lungo la strada in leggera salita, superando la chiesa e un paio di tornanti. Cominciamo poi a salire per mulattiere che tagliano i tornanti, seguendo i bolli ancora evidenti della skyrace e i ricordi di Michele che, da bravo piemontese, questa gara l’ha già corsa più di una volta.
Il tratto su mulattiera finisce ben presto: seguiamo brevemente la strada in leggera discesa per andare a imboccare il sentiero, dove comincia la salita vera e propria. Ci sono diverse indicazioni, ma il percorso da seguire è quello segnato dai bolli di colore arancione.
Questa salitona, oltre 1300 m nei primi 7 km, si divide in tre parti: un primo strappo piuttosto lungo e ripido nel bosco fino all’alpe Ortighè, a 1400 m circa, dove si tira brevemente il fiato con un tratto pianeggiante e corribile; una seconda salita altrettanto ripida, questa volta con una bella vista su sconosciute cime svizzere, che termina in un bel traverso corribile; infine un ultimo breve strappetto, appena cento metri di dislivello, per raggiungere l’alpe Ogaggia (1977 m).
All’alpe Ogaggia il saggio Michele ci ricorda di rabboccare le flask, perché ci aspetta ora un lungo tratto in cui non incontreremo altra acqua.
Finalmente un po’ di discesa: perdiamo quasi trecento metri in una vallata ampia e completamente deserta. Le indicazioni da seguire sono quelle per il passo Arnigo.
Comincia ora la salita più ripida di tutto il giro: sono solo trecento metri di dislivello, ma la pendenza la rende davvero impegnativa.
Arriviamo così al passo Arnigo (1990 m), dove ci concediamo una pausa e una merenda prima della meritata discesa. La discesa, a dirla tutta, dura poco: solo un chilometro e mezzo, poi si sale di nuovo, mentre alle nostre spalle si apre uno scorcio spettacolare sulle montagne innevate della Svizzera.
Raggiungiamo il passo di Saudera (1890 m) e, da qui, riprendiamo a scendere lungo un sentiero relativamente semplice. Perdiamo quota fino al colle del Pianino (1620 m), da cui si dipartono due sentieri che portano ugualmente a Montescheno: noi seguiamo il C04 per cima del Moncucco, come nel percorso della skyrace. Dopo un breve falsopiano si scende a tutta nel bosco, incrociando un alpeggio e qualche baita. Nell’ultima parte ci orientiamo solo grazie ai bolli della gara, anche perché il sentiero non è in ottime condizioni e in alcuni punti si alterna alla strada. Ma ben presto siamo a Montescheno, pronti per stappare quattro birre alla salute di un altro gran bel giro in ottima compagnia!