Magnodeno e cresta della Giumenta (11,5 km – 925 m D+)
Erve – Monte Magnodeno (1241 m) – cresta della Giumenta (EEA) – discesa dal sentiero 11, lungo il torrente Gallavesa
Periodo: Giugno 2020
Partenza: Erve (559 m)
Distanza: 11,5 km
Dislivello: 925 m
Acqua: fontana all’inizio della Cresta della Giumenta e sorgente San Carlo sulla via del ritorno
percorso in formato GPX (clic dx, salva con nome)
Approfittando di una bella e lunga serata estiva, siamo saliti a Erve in settimana – evitando le folle di gitanti che nel weekend risalgono il torrente e si accalcano alle pozze – e da qui siamo partiti per un giretto panoramico e relativamente veloce: salita al Magnodeno, sentiero attrezzato lungo la cresta della Giumenta in direzione passo del Foo, discesa dal sentiero 11, passando per la sorgente San Carlo e seguendo fino in paese il corso del torrente Gallavesa, le cui acque cristalline si sono rivelate anche utili per una doccetta rinfrescante all’arrivo.
A Erve si segue la strada principale, lungo la quale si trovano diversi parcheggi, tutti ugualmente validi: prima si parcheggia, più lungo sarà il tratto di asfalto alla fine del giro; viceversa, se si lascia l’auto più avanti, il tratto su asfalto sarà un po’ più lungo all’inizio e un po’ più breve alla fine.
Noi, sapendo che avremmo finito con il buio, abbiamo deciso di lasciare l’asfalto alla fine e siamo partiti dal primo parcheggio utile, nella piazzetta Giorgio La Pira, davanti alla chiesa – dove è recentemente arrivato il segnale telefonico e Samuel ha potuto concludere felicemente la confcall con cui ci ha allietato il viaggio.
Da qui per cominciare il nostro percorso basta attraversare il vicino ponticello e prendere la strada in salita dall’altra parte del torrente. Si segue questa strada per meno di un chilometro, fino a trovare sulla sinistra, subito dopo un tornante, il sentiero per il monte Magnodeno. Le indicazioni sono un po’ sbiadite, ma sempre visibili. Si prosegue ora in ripida salita nel bosco: dall’inizio del sentiero alla croce sono circa due chilometri e mezzo con 600 m di dislivello.
A un bivio con indicazioni per un capanno di caccia teniamo la destra. Man mano che si guadagna quota, la vegetazione si dirada e cominciamo a intravedere la cima del Magnodeno, verso sinistra, e sulla destra le creste del Resegone.
Una volta in vetta (1241 m) troveremo un bivacco e, poco più in basso, la croce: da qui si domina tutta Lecco e la vista può spaziare dalla Brianza fin quasi alla Valtellina.
Per imboccare la cresta della Giumenta dobbiamo tornare brevemente sui nostri passi e ripassare dal bivacco. Teniamo la sinistra e scendiamo brevemente lungo un ripido sentiero attrezzato con una catena. A un primo bivio teniamo la sinistra e al secondo prendiamo il sentiero in leggera discesa verso destra. Perdiamo un po’ di quota attraversando il bosco fino ad arrivare a una fontanella.
In questo punto si dividono il sentiero 23 (indicato come EEA) e il 24 (escursionistico): entrambi portano al passo del Foo e si ricongiungono un chilometro e mezzo più avanti.
Si tenga presente che il sentiero 23, stando ai cartelli, richiederebbe l’attrezzatura da ferrata, ma per quanto ne so viene comunemente percorso senza – per quanto impegnativo, mi sento di definirlo quantomeno equivalente, se non più semplice, rispetto a tanti sentieri classificati come EE sulle Grigne. In ogni caso, chi vuole evitare di arrampicarsi per vertiginose roccette in cresta può sempre optare per la variante bassa, il sentiero 24 appunto.
Il passo del Foo è dato a 1 ora dall’attacco del sentiero. Senza arrivare al passo, noi in circa mezz’ora abbiamo superato la cresta e preso il ripido sentiero in discesa verso destra. A un secondo bivio, ritrovando il sentiero 24, lo abbiamo imboccato verso sinistra, arrivando ben presto a incontrare il sentiero 11 poco più in basso rispetto a Capanna Monza.
A questo punto si prende l’11 verso destra (a meno che siate particolarmente assetati: in questo caso andando a sinistra verso Capanna Monza si arriva in pochi minuti a una fonte) seguendo le indicazioni per Erve. Abbiamo due opzioni: il sentiero classificato come impegnativo che passa più in alto e quello, più semplice e corribile, che si prende tenendo la sinistra al crocefisso e seguendo le indicazioni per la fonte San Carlo.
Noi siamo passati da quest’ultimo, anche per il rifornimento d’acqua alla sorgente. Questo sentiero, come si è detto, segue il corso del torrente fino a Erve. Diventa, nell’ultima parte, una facile mulattiera e prosegue poi come strada asfaltata, da seguire senza possibilità di errore fino al punto in cui abbiamo lasciato l’auto.
Grazie ai soci per avermi aspettato con l’espressione paziente che si vede nel selfie qui sopra, e un doppio grazie a Meme che ha fatto anche il servizio fotografico per Trail Rings!
Giro delle tre Madonnine (29 km – 2080 m D+)
12 Ottobre 2020 by marta • Orobie, Valsassina Tags: anello, aralalta, artavaggio, baciamorti, carrozzabile, cima di piazzo, corsa in montagna, gherardi, moggio, nicola, passo, piani di artavaggio, rifugio, sentiero 724, sentiero 726, sodadura, torrente, trail running • 4 Comments
Moggio (Loc. Torrente) – sentiero 726 – Piani di Artavaggio (1650 m) – Rifugio Gherardi (1647 m) – Passo Baciamorti (1540 m) – Pizzo Baciamorti (2009 m) – Monte Aralalta – Monte Sodadura (2010 m) – Cima di Piazzo (2059 m) – sentiero 724 – Moggio (Loc. Torrente)
Periodo: Ottobre 2020
Partenza: Moggio Loc. Torrente (890 m)
Distanza: 29 km
Dislivello: 2080 m
Acqua: fontanelle all’inizio del sentiero, ai piani di Artavaggio e sul sentiero 724 al ritorno.
GPX (clic dx, salva link con nome)
Questo giro ad anello, adatto alle mezze stagioni e alle giornate dal meteo incerto, è tanto semplice quanto panoramico. Percorre lunghe creste erbose e passa per ben tre cime – con relative madonnine – a cavallo tra la Valsassina e le Orobie, in enormi spazi aperti dove la vista può spaziare a trecentosessanta gradi. Lo sconsiglio in piena estate e suggerisco di evitare questa zona nelle ore di punta delle belle giornate, dato che ai piani di Artavaggio arrivano frotte di turisti in funivia; può invece andare bene, con la dovuta attenzione e l’attrezzatura necessaria, quando c’è neve. In autunno le condizioni sono quasi ideali: il solo problema sono i cacciatori – ne ho incontrati a dozzine e per tutta la mattina gli spari hanno riecheggiato nei boschi. (Piccola riflessione: per mesi i runner sono stati messi alla gogna come pericolo pubblico, mentre il fatto che uomini armati di fucile vadano in giro a sparare agli uccelli negli stessi posti in cui la gente va a passeggiare sembra non infastidire nessuno).
Si parcheggia nel punto indicato come Località Torrente: seguendo la strada in discesa che da Moggio va verso la Culmine di San Pietro, a un tornante della strada si trova un grande parcheggio sterrato che può essere completamente pieno o deserto a seconda dell’ora del giorno e del meteo. Io, per sicurezza, cerco sempre di arrivare alle prime luci dell’alba. Il sentiero comincia proprio qui e segue il corso del torrente; ben presto sbuca sulla stradina sterrata che arriva da Moggio paese. Dobbiamo sempre seguire le inequivocabili indicazioni per i Piani di Artavaggio, sentieri n. 726 e 724, che dapprima procedono uniti e poi, a un bivio chiaramente segnalato, si separano.
All’andata ho preso verso destra il 726, dove ai bolli bianco-rossi si aggiungono dei curiosi segnavia fallici che fanno sempre sorridere chi si avventura da queste parti per la prima volta. Si prende quota velocemente, mentre la vista si apre sulle Grigne dietro di noi. Il sentiero è sempre ben segnalato: attenzione a un bivio, dove bisogna mantenere la destra in leggera discesa proseguendo lungo il corso del torrente, mentre un’altra traccia porta verso sinistra. Dopo avere guadagnato 700 metri di dislivello in meno di 4 km, il sentiero finalmente spiana: siamo arrivati ai piani di Artavaggio (1650 m).
Sbuchiamo su una strada sterrata, da imboccare verso sinistra in leggera salita. Finalmente si può correre un po’! Per chi volesse fare a meno della traccia gpx (che comunque consiglio di utilizzare per questo giro), bisogna continuare in direzione dell’albergo degli sciatori e della chiesetta in legno dal tetto spiovente, alle cui spalle si erge l’inconfondibile piramide del monte Sodadura. Qui troveremo anche una fontana che nelle giornate calde può rivelarsi preziosa. Superata la chiesa, abbandoniamo la strada che sale verso il rifugio Nicola e prendiamo il sentiero/mulattiera in salita verso destra, senza indicazioni di alcun tipo, che passa a destra del Sodadura.
Si tratta di un sentiero generalmente poco battuto (se non dai cacciatori) che a me piace molto: quasi pianeggiante, con qualche saliscendi, è corribile e panoramico. Dopo un paio di chilometri ci troviamo a un bivio: prendiamo la mulattiera in discesa verso destra. Si risale per un pezzo e si sbuca in un bel pianoro con piccoli laghetti e lo sfondo delle Orobie: bisogna proseguire dritto fino al rifugio Gherardi. Non ci sono indicazioni e il sentiero si perde nell’erba, ma aguzzando un po’ la vista si intravede la bandiera del rifugio, che si trova poco più in basso.
Dal Gherardi si prende la strada carrozzabile (non il sentiero!) che porta a Quindicina: proseguiamo velocemente in discesa seguendo questa strada per circa 3 km, perdendo parecchio dislivello. Prima di arrivare a Quindicina, a un tornante della strada, si prende il sentiero che si inoltra nel bosco tutto a sinistra. Utile anche qui la traccia gpx: non ci sono indicazioni. Fate attenzione, questo bosco è particolarmente infestato dai cacciatori.
Si prosegue più o meno in piano, poi in leggera salita, fino al passo Baciamorti (1540 m). In questo punto incontriamo il sentiero 101, o sentiero delle Orobie occidentali, che sale da Cassiglio e passa ai piedi delle cime che ci accingiamo a scalare. Questo sentiero è una valida alternativa alle creste, da tenere in considerazione in caso di maltempo, vento o scarsa visibilità.
Svoltiamo dunque tutto a sinistra e, ignorando il 101 che prosegue a mezzacosta, prendiamo il sentiero in cresta indicato da paletti che ci porterà, con una estenuante ma estremamente panoramica salita, in vetta al Baciamorti (2009 m) e alla prima delle nostre tre madonnine.
Possiamo adesso goderci una bella cavalcata, sempre in cresta, fino all’Aralalta, antecima del Baciamorti per chi arriva dalla parte opposta, e poi giù lungo il ripido pendio erboso fino a ricongiungerci con il sentiero 101.
Seguiamo il 101 per un paio di chilometri, passando per la bocchetta di Regadur, fino a trovarci sulla sinistra – anche qui, senza indicazioni – il ripido sentiero che ci porterà alla vetta del Sodadura (2010 m) e alla seconda madonnina del nostro giro. Da qui possiamo ammirare tutto il nostro percorso, i sentieri da cui siamo arrivati e quelli ancora davanti a noi.
Il Sodadura è generalmente più affollato rispetto al Baciamorti, perché si trova proprio sopra il rifugio Nicola e i piani di Artavaggio, che infatti vediamo ora distintamente ai nostri piedi nella direzione opposta a quella da cui siamo arrivati; la prima montagnetta (un panettone, più che altro) a destra rispetto al Nicola è invece la Cima di Piazzo, nostra prossima meta. Scendiamo dunque in questa direzione, prestando attenzione all’unico tratto un po’ ripido e sdrucciolevole (può dare problemi in caso di neve e ghiaccio), riprendiamo il sentiero 101 e, prima di arrivare al Nicola, lo abbandoniamo per imboccare la traccia che si diparte verso destra. Di nuovo, nessuna indicazione. Troveremo due sentieri: uno passa in cresta e l’altro più in basso. Ho seguito il primo in salita e il secondo in discesa, ma è la stessa cosa.
Dalla Cima di Piazzo (2059 m) si apre una vista fantastica sulle vette più alte della Valsassina, tra cui il Legnone e il Pizzo dei Tre Signori, e su tutto l’arco delle Orobie. Dopo la foto di rito alla terza e ultima madonnina, riprendiamo una delle due tracce in discesa e torniamo sul nostro buon sentiero 101, che imbocchiamo verso destra in direzione della bocca di Campelli. Prima di arrivare alla bocchetta, prendiamo il sentiero in discesa che ci riporta nella valle di Artavaggio e ci deposita ben presto su una strada carrozzabile, dove troviamo finalmente delle indicazioni per Moggio, 1h55′ verso sinistra.
Seguiamo questa strada per circa un chilometro, fino a trovare sulla destra un sentiero in discesa per Moggio, con tempi di discesa che chissà perché anziché diminuire aumentano: non fateci caso, ovviamente ci vuole molto meno. Per tornare al parcheggio, dobbiamo seguire le indicazioni per il sentiero 724 (non il 723!) e poi proseguire per Località Torrente (non Moggio paese). Il sentiero 724 ci porterà al bivio incontrato all’inizio del giro e da qui non dovremo fare altro che ripercorrere i nostri passi fino alla macchina.