La via dei terrazzamenti (69 km – 2925 m D+)
Da Tirano a Morbegno per i caratteristici terrazzamenti valtellinesi, tra vigneti, campi di mele, chiesette e castelli.
Tirano – Villa di Tirano – Teglio – Chiuro – Tresivio – Montagna in Valtellina – Sondrio – Castione Andevenno – Postalesio – Berbenno di Valtellina – Buglio in Monte – Ardenno – Dazio – Santa Croce – Morbegno
Periodo: Settembre 2021
Partenza: Tirano
Arrivo: Morbegno
Distanza: 69 km
Dislivello: 2925 m
Acqua: fontane ogni pochi km
GPX (clic dx, salva link con nome)
È passato quasi un anno dalla prima volta che ho fotografato uno dei cartelli gialli della via dei terrazzamenti, ripromettendomi di cercare poi maggiori informazioni a riguardo. Ho così scoperto questa lunga traversata valtellinese da Tirano a Morbegno, adatta proprio a tutti, che permette di scoprire gli angoli più caratteristici della Valtellina. Se anziché ammazzarvi di corsa preferite passeggiare con calma, il giro può essere diviso in più tappe, diventando un vero tour culturale nonché eno-gastronomico: dopo avere visitato chiesette e castelli, potete provare i pizzoccheri di Teglio, le cantine della Strada del Vino da Chiuro a Sondrio a Berbenno, le mele, la bresaola e il bitto valtellinesi, il miele autoprodotto praticamente in ogni paesino, i piccoli agriturismi a conduzione familiare.
Il percorso coincide per metà con quello del Valtellina Wine Trail, da Tirano a Sondrio, e prosegue poi da qui a Morbegno passando per i meno noti paesi di Berbenno di Valtellina, Buglio in Monte, Ardenno e Dazio. Il periodo ideale è l’autunno, tra ottobre e novembre: in questi mesi i vigneti si tingono di rosso e la temperatura è generalmente più gradevole, considerando che si rimane sempre a bassa quota. Svolgendosi sul lato solivo della Valtellina, la via dei terrazzamenti è in realtà perfetta anche per l’inverno e sconsigliabile in piena estate. A me però serviva un “lungo” di inizio settembre e così, con la super socia Marta che a queste cose non dice mai di no, ho sfidato il caldo e sono andata in esplorazione fuori stagione, con il sole a picco, i campi carichi di mele e l’uva ancora acerba prima della vendemmia. Le mille fontane sparse lungo il percorso rendono comunque il caldo più tollerabile e permettono di correre senza preoccupazioni con una sola flask.
La logistica normalmente è semplice: si lascia l’auto a Morbegno, nel comodo parcheggio di via Martinelli vicino alla stazione, si prende il treno fino a Tirano e si torna a piedi. Ma vuoi non trovare uno sciopero ferroviario proprio la domenica in cui hai in programma il tuo lungo? Abbiamo dunque optato per la poco ecologica soluzione delle due auto: la prima resta a Morbegno, e a questo punto tanto vale lasciarla lungo l’Adda all’altezza del ponte romano, il posto più comodo per il ritorno; la seconda a Tirano, e anche lì se ne può approfittare per “tagliare” qualche centinaio di metri di asfalto parcheggiando in via Italia angolo via Giussani.
Si parte dunque seguendo i cartelli gialli e il segnavia bianco-rosso in direzione della chiesa. Dalla piazza della chiesa bisogna cercare il piccolo segnavia bianco-rosso su un palo poco visibile, che indica il cammino da seguire oltre una porta ad arco, lungo una stradina lastricata. Si prosegue poi fino al ponte pedonale che attraversa il torrente Poschiavino e, da qui, le indicazioni si vedono meglio.
Si tenga conto che, nonostante i cartelli, è facile perdere di vista il sentiero tra incroci, tratti su strada e vigneti, per cui la traccia gpx è molto utile. La via dei terrazzamenti può inoltre risultare “dispettosa”, con deviazioni che fanno inutilmente perdere e riguadagnare dislivello: dato che 70 km sono già parecchi, abbiamo cercato di evitare queste deviazioni, per cui risulterà che la traccia gpx si discosta in alcuni punti dal percorso indicato dai cartelli.
La prima salita porta al complesso di Santa Perpetua, che domina dall’alto i vigneti e la città di Tirano. Da qui prendiamo la strada in discesa verso sinistra e ci dirigiamo verso Villa di Tirano. Dopo qualche saliscendi, affrontiamo la prima salitona (si fa per dire, essendo un percorso collinare) da Campagna a Teglio, circa 400 m di dislivello.
A Teglio raggiungiamo il punto più alto del percorso, piazza Santa Eufemia (851 m). Varrebbe la pena di fare una sosta in questo paese e scoprirne i monumenti, che sembrano molto bene indicati, ma siamo solo al dodicesimo di 70 km e non possiamo permettercelo! Ci limitiamo dunque a riempire le borracce a una fontana e tiriamo dritto in direzione Chiuro.
Una comoda e facile discesa, che purtroppo ci tocca interrompere qua e là per motivi di orientamento, ci porta a Chiuro. Qui di nuovo facciamo rifornimento d’acqua – sull’asfalto il caldo è davvero fastidioso – e attraversiamo il torrente Fontana, preparandoci per una nuova salita.
Ricominciamo a guadagnare quota, passando sopra Ponte in Valtellina, che vediamo poco più in basso, e mettiamo insieme qualche altro centinaio di metri di dislivello tra mulattiere, strade e sentieri. Il paesaggio agricolo alla lunga è un po’ monotono, ma dalla noia ci distraggono ogni volta una bella chiesetta, un paesino, una fontana d’acqua fresca.
Adesso, più che l’uva, sono le mele a farla da padrone: non avevo ne avevo mai viste così tante tutte insieme! Corriamo tra file di meli dai frutti ora gialli, ora rosso chiaro, ora rosso scuro, dall’aspetto davvero invitante.
Scendiamo verso Tresivio e torniamo tra le vigne, mentre sullo sfondo compare il pittoresco Castel Grumello. Noi lo abbiamo evitato per non allungare ulteriormente, ma nulla vieta di fare tappa anche qui! Dopo Tresivio passiamo da Poggiridenti – siamo a circa 28 km dalla partenza – e qui incontriamo un simpatico runner con l’inconfondibile maglia del Valtellina Wine Trail.
Andrea da Sondrio conosce questi sentieri come le sue tasche e ci affidiamo volentieri alla sua guida per qualche chilometro. Superata Montagna in Valtellina, scendiamo fino a incontrare il corso del torrente Mallero, dove inizia la Valmalenco, lo attraversiamo e risaliamo al grazioso borgo di Maioni.
Continuiamo a seguire la via dei terrazzamenti per sentieri e mulattiere, salutando Andrea che deve rientrare a Sondrio. Noi non passiamo dalla città, ma ci manteniamo alte nei vigneti che la sovrastano. Siamo circa a metà percorso e ci aspettano circa 15 km di saliscendi da qui a Berbenno di Valtellina.
Superiamo Castione Andevenno, anche qui senza entrare in paese, e attraversiamo la pittoresca frazione di Vendolo prima di inoltrarci nei boschi che ancora ci separano da Postalesio e Berbenno. Per chi fosse interessato a un giro di più giorni, a Postalesio si possono visitare le caratteristiche piramidi di terra, facilmente raggiungibili dalla via dei terrazzamenti.
Purtroppo a questo punto il ginocchio di Marta ci abbandona definitivamente e la mia socia è costretta ad abbandonare l’impresa: si ritira a Berbenno, con 50 km e oltre 2000 m di dislivello all’attivo. Per fortuna qui la aspetta Lucia, local legend nonché mia vicina di casa, che è appena tornata carica di premi (come al solito) dalla Rosetta Skyrace e le darà un passaggio fino a Morbegno. Io pure mi ritirerei volentieri, ma questo lungo mi serve e ho intenzione di finirlo! Proseguo dunque per Regoledo seguendo la via dei terrazzamenti, che però abbandono prima della salita per Monastero: so infatti che qui il sentiero è franato di recente e risulta di difficile percorrenza.
Per fortuna da queste parti sono di casa e ho un piano di riserva: prendo il sentiero della volpe in discesa fino a Ere e, da qui, risalgo verso Maroggia intercettando di nuovo la via dei terrazzamenti. Proseguo a colpo sicuro per i miei sentieri fino a Buglio in Monte – attenzione, ci sono diversi punti in cui le indicazioni mancano e senza la traccia gpx è difficile cavarsela – passando per l’agriturismo Luloc, che consiglio a chi si voglia fermare da queste parti. Da Buglio in Monte si continua a guadagnare quota prima su strada e poi su sentiero, ora con indicazioni più chiare, fino a incrociare una strada con galleria a quota 700 m circa. Finisce qui la penultima salitona del percorso: si svolta a sinistra e comincia la discesa.
A Gaggio, altro grazioso borgo che meriterebbe una sosta, si lascia la strada e si prosegue su mulattiera, sempre seguendo il segnavia bianco-rosso e i cartelli gialli dei terrazzamenti. Anche qui, può darsi che l’orientamento non sia proprio facilissimo per chi venga per la prima volta. Io per fortuna conosco questa discesa a memoria e non devo perdere tempo a cercare la strada.
Perdo quota, sempre seguendo la ripida mulattiera che taglia i tornanti della strada, e ben presto arrivo in vista di Ardenno. La montagnetta di neanche 1000 m che si vede sullo sfondo è la Culmine di Dazio, Colmen per gli amici, ed è l’ultimo ostacolo che ancora mi separa da Morbegno. Senza salire in vetta (per fortuna!) la via dei terrazzamenti passa a destra di questa montagnetta, per il paese di Dazio, seguendo per un tratto il percorso del Colmen trail. Ad Ardenno, finita la discesa, mi aspetta non la salita, ma un chilometro e mezzo in falsopiano, che è anche peggio! Mi impongo di correre, anche se a passo di bradipo, per tutta la strada che attraversa Ardenno fino al ponte sospeso sul torrente Masino.
Eh sì, qui comincia la Val Masino! Attraversato il torrente, prendo la mulattiera in salita verso destra e comincio l’ultimo tratto del percorso: in tutto mi mancano circa 300 m di dislivello, ma almeno qui la strada è abbastanza ripida da camminare con la coscienza a posto. Molto peggio sarà la strada di Dazio, di nuovo un falsopiano corribile – dopo 60 km il concetto di “corribile” si rimette in discussione!
Nel bosco mi oriento facilmente con i cartelli gialli e raggiungo Dazio; da qui proseguo verso Cerido prima in salita, poi finalmente con una lunga discesa su mulattiera. È quasi con commozione che vedo infine la chiesa di Santa Croce comparirmi davanti!
Da qui si prende il sentiero in discesa e, tagliando i tornanti della strada, si perde quota fino all’Adda, arrivando al ponte romano a cui accennavo all’inizio del post. Nel mio caso, la fortuna ha voluto che Marta recuperasse l’auto e mi venisse incontro, risparmiandomi un paio di antipatici chilometri su asfalto! Bilancio della giornata: una gran faticaccia, soprattutto per il caldo, ma tutto sommato uscita produttiva come chilometraggio. Tempi di percorrenza: 10 ore in tutto, di cui circa 9 ore e mezza effettive. Consigliatissimo, meglio se tra un mesetto.
Anello del Culmine (11,3 km – 1030 m D+)
30 Settembre 2021 by marta • Valtellina Tags: bassa valtellina, bures, corsa in montagna, culmine, forcola, giro facile, percorso ad anello, sirta, somvalle, sostila, trail running, val fabiolo, valtellina • 0 Comments
Un giretto facile e veloce nella selvaggia val Fabiolo, in bassa Valtellina, adatto a tutti e per tutte le stagioni.
Periodo: Settembre 2021
Partenza: Forcola – Sirta (SO)
Distanza: 11,3 km
Dislivello: 1030 m
Acqua: fontanelle agli alpeggi
GPX (clic dx, salva link con nome)
Conclusa una bella stagione di allenamenti e gare, torno a dedicarmi a quella che in fondo è la mia specialità: l’esplorazione! Era da un po’ che non andavo a caccia di sentieri e finalmente ho avuto l’occasione di provare un nuovo anello vicino a casa. La partenza è da Sirta, sul versante orobico della Valtellina, all’altezza del fiume Adda e del sentiero Valtellina (per trovarlo su Google maps, il paese da cercare è Forcola). Più di una volta, passando di qui per le mie “recovery run” in piano, ho buttato l’occhio a questo bel paesino incastonato tra ripide pareti rocciose, chiedendomi come fossero i sentieri lassù.
La risposta è che sono fantastici! Una rete di mulattiere in ottime condizioni unisce infatti gli alpeggi di Bures, Sostila e Somvalle e permette di fare un bel giro ad anello passando per la selvaggia val Fabiolo e per la cima poco fantasiosamente nominata Culmine (1302 m), con scorci prima sulla bassa Valtellina con lo sfondo del Legnone, poi sulle cime della Val Masino e infine sulla Val Tartano.
Dopo avere dunque parcheggiato lungo l’Adda, si entra in paese raggiungendo la chiesa, la cui cupola svetta tra le case. Proprio dietro la chiesa comincia la mulattiera. Impossibile sbagliare: trovo subito chiare indicazioni per la val Fabiolo e poi per Bures. Sono le 17,30 passate quando parto e so che mi toccherà scendere al buio, per cui trovo particolarmente rassicuranti i puntuali cartelli e il buono stato dei sentieri.
Se avessi uno zaino, mi verrebbe probabilmente la tentazione di fermarmi a far castagne, tante se ne trovano in questa prima parte di bosco. Ma sono uscita in pantaloncini e maglietta, giusto con il telefono e la frontale, e due o tre chili di castagne non saprei proprio dove metterli. Proseguo allora con la mia passeggiata, sempre seguendo le indicazioni per Bures.
Il percorso è molto grazioso, con tre ponticelli in pietra e diverse cappellette affrescate. La pendenza non è eccessiva e mi permette in alcuni tratti anche di corricchiare. Supero, senza attraversarlo, un primo ponte e una cappelletta. Seguo il corso del torrente Fabiola, che attraverso in due punti, con il secondo e il terzo ponte, e ben presto arrivo a Bures (630 m).
L’anello vero e proprio comincia da qui: prendo infatti il sentiero 170 a destra, in direzione Sostila, mentre tornerò da quello a sinistra, sempre numerato come 170. La pendenza aumenta un po’ e in poco tempo percorro i 200 m di dislivello che mi separano da Sostila (821 m). Più grande di Bures, questo paesino è davvero graziosissimo!
Il sentiero prosegue in piano tra le baite; supero una chiesetta e arrivo a un bivio, dove si trova anche una fontana: qui prendo il sentiero in salita verso sinistra. La pendenza aumenta ancora e la vegetazione comincia a cambiare: verso i 1000 m di quota cominciano infatti le betulle. Arrivo in vista del Crap del Mezzodì, altra cimetta sui mille metri, e alla Pciöda Granda, un balcone panoramico con vista sul Legnone.
Il sentiero continua a salire con decisione e guadagno rapidamente altri 200 m di dislivello, prima di arrivare a un punto pianeggiante dove posso tirare il fiato. Corricchio in piano per poche centinaia di metri, fino a raggiungere un nuovo bivio. Bisogna prendere qui il sentiero in salita verso sinistra per raggiungere il Culmine, seguendo le indicazioni per una croce che, in realtà, alla fine non ho trovato.
Percorro dunque questo sentiero in leggera salita, passando per un’area pic-nic con tavoli in legno e persino un chiosco (ovviamente chiuso), e arrivo alla piatta cima del Culmine aspettandomi di vedere la famosa croce come da indicazioni.
La vista sulle cime della Val Masino, con la luce calda del tramonto e il primo foliage d’autunno, è davvero fantastica, ma della croce neanche l’ombra. La cerco un po’, proseguendo nel bosco di felci e betulle, ma niente da fare. Mistero.
Torno sui miei passi fino al bivio. Da qui si può scendere per la stessa via di salita, ma naturalmente non è questa una soluzione accettabile per un blog che si chiama “Trail Rings”. Prendo dunque il sentiero verso sinistra che, dopo una discesa abbastanza ripida in un bosco sempre più buio, mi porta in vista di Campo Tartano.
Continuo a seguire il sentiero, ora in leggera discesa, fino a Somvalle, paesino che si trova poco più in basso rispetto a Campo Tartano. Questo è l’unico punto in cui non ho trovato indicazioni utili: basta comunque prendere la strada più a sinistra, che diventa poi una carrozzabile in leggera discesa e si trasforma infine in quel sentiero 170 che porta a Bures dalla direzione opposta a quella dell’andata.
Una cascata è praticamente l’ultima cosa che vedo prima di riaddentrarmi nel bosco e, a questo punto, accendere la frontale: sono le 19,30 e ormai è quasi del tutto buio. Con il crepuscolo, il bosco brulica di animali: una volpe, sorpresa dalla mia presenza, mi sfreccia davanti lungo il sentiero, mentre un gruppo di cerbiatti corre a nascondersi tra gli alberi al mio passaggio.
Seguo senza difficoltà le indicazioni per Bures e, da qui, non mi resta che ripercorrere la mulattiera dell’andata fino a Sirta. Sbucando dal bosco, mi accolgono le luci del paese e lo spettacolo della chiesa illuminata.
Sono le 20 quando arrivo alla macchina, felice di questo nuovo percorso che di sicuro ripeterò nel corso dell’autunno. Chi volesse farlo in pieno inverno farà bene a portarsi i ramponcini, dato che ci troviamo sul versante orobico che per mesi non riceve un raggio di sole.