Periplo della Valle Imagna (50 km – 3000 m D+)
Un “lungo” spettacolare, che ogni trail runner dovrebbe provare almeno una volta.
Villa d’Almè – Roncola – Linzone (1392 m) – Tesoro (1432 m) – Pertus – La Pasada – Rifugio Resegone – Sorgente Forbesette – Bocca del Palio – Porta della Valle Imagna (1415 m) – Zuc de Valmana (1546 m) – I Canti (1563 m) – Tre Faggi – Piazzacava – Colle San Pietro (933 m) – Monte Ubione (895 m) – Clanezzo – Villa d’Almè
Periodo: Aprile 2021
Partenza: Villa d’Almè
Distanza: 50 km
Dislivello: 3000 m
Acqua: Roncola, Forbesette, Berbenno
GPX (clic dx, salva link con nome)
Il Periplo della Valle Imagna è un anello lunghissimo e davvero appagante, consigliato non solo come “lungo” in preparazione di gare ultratrail, ma anche per scoprire fino ai suoi angoli più remoti questa valle stupenda tra lecchese e bergamasca.
Il team delle Martas, che sta cominciando a mettere chilometri e dislivello nelle gambe in vista degli ambiziosi progetti estivi, ha optato per la variante che passa lungo l’anello del Resegone senza salirvi in vetta: l’alternativa esteticamente più bella, ma che aumenta esponenzialmente le difficoltà, soprattutto con la neve che ancora ricopre tutto il versante nord del Resegone, è passare per le creste. (Chi fosse interessato può vedere qui il percorso delle creste, provato in condizioni estive e in un giro molto più breve lo scorso anno). Si tenga presente che, anche così, il periplo richiede parecchio tempo e può risultare impegnativo per la mancanza d’acqua: in base alle temperature, conviene portare una scorta adeguata (tre flask) e segnarsi bene i punti di rifornimento da non perdere.
Il sentiero, non sempre segnato in modo chiarissimo, è il numero 571 e comincia ad Almenno San Salvatore; noi abbiamo deciso di partire da Villa d’Almè, dal comodo parcheggio in via Fratelli Calvi, vicino alla ciclabile della Val Brembana da cui torneremo alla fine di questo lungo viaggio. Pronti, via! Si parte svoltando a destra in via Gotti e seguendo la strada che attraversa il fiume Brembo; si prende poi a sinistra la mulattiera in salita che taglia due tornanti, portandoci ad Almenno. Si segue la strada fino a incontrare le prime indicazioni per il sentiero 571, che ci fanno svolare a sinistra e proseguire lungo una stradina in salita fino al punto in cui comincia il sentiero vero e proprio.
La salita è lunga e si può suddividere in due parti, entrambe con circa 500 m di dislivello: da Almenno alla Roncola e da qui alla cima del Linzone. Le indicazioni, in questa prima parte, sono chiare e intuitive e ci permettono di procedere chiacchierando senza fare troppo caso al percorso.
Se non siete mai stati alla Roncola, la riconoscerete facilmente dal traffico di escursionisti e ciclisti di passaggio. Consiglio vivamente di fare tappa alla fontana dietro la chiesa, unico punto acqua per parecchio tempo. Bisogna poi attraversare la strada e salire verso il cimitero, dove comincia il sentiero per il Linzone. Questo tratto sarà probabilmente molto affollato, ma non vi preoccupate: proseguendo lungo il periplo si incontreranno sempre meno persone!
La cima del Linzone (1392 m) è un panettone erboso, con vista a trecentosessanta gradi, che piace proprio a tutti: runner, escursionisti, mountain-biker, famiglie con bambini, cani, amanti del parapendio. Per fortuna i suoi prati hanno abbastanza spazio per ospitare tutti con tanto di distanziamento sociale. Da qui comincia la lunga dorsale, divertente e corribile, che seguiremo sempre in cresta fino alla Pasada (o Passata), passando per le antenne di Valcava, il monte Tesoro (1432 m) e il Pertus.
Al passo di Valcava, punto di passaggio obbligato per ciclisti e motociclisti, si trova di solito un chioschetto dove si può acquistare dell’acqua. Noi, avendo riempito le borracce alla Roncola, abbiamo deciso di passare oltre, salvo poi pentircene più avanti!
Ci fermiamo in cima al Tesoro giusto il tempo di una foto, non senza un po’ di invidia per tutti gli escursionisti che hanno terminato qui le loro fatiche e stanno tirando fuori i panini, mentre noi siamo appena a un quinto del percorso! Ci consoliamo con la bella e lunga discesa fino al laghetto del Pertus, altra meta di facili gitarelle.
Si segue ora la stradina pianeggiante a sinistra del laghetto. Il sentiero 571 è sempre indicato chiaramente: seguiamo i cartelli in direzione Passata. Attenzione a un bivio, dove il sentiero sembrerebbe proseguire verso destra, mentre prestando attenzione si nota un 571 in vernice gialla che ci manda verso sinistra:
Da qui in poi il numero 571 scompare per un po’ e i cartelli da seguire sono quelli della DOL (Dorsale Orobico Lecchese). Il sentiero, senza mai diventare difficile, presenta qualche tratto esposto e con roccette, che rende questo giro sconsigliabile in pieno inverno, in presenza di neve o ghiaccio.
Dopo un tempo apparentemente infinito raggiungiamo La Pasada, crocevia di sentieri. Da qui si potrebbe salire verso il rifugio Alpinisti Monzesi per prendere le creste, ma noi, come già detto, abbiamo optato per il giro più veloce e con meno dislivello. Proseguiamo dunque verso destra lungo la DOL, seguendo le indicazioni per l’anello del Resegone e il passo La Porta.
Il sentiero qui risulta piuttosto facile e corribile, con qualche saliscendi. Intorno al ventesimo chilometro, superato il passo La Porta, abbiamo sbagliato strada, prendendo il sentiero in discesa verso destra anziché quello che rimane alto a sinistra. Non so quante volte ho già fatto questo errore, ma non c’è niente da fare, il sentiero a sinistra proprio non si vede. In ogni caso l’errore è stato provvidenziale perché, nel tornare sulla retta via seguendo il sentiero 589, siamo passate per una baita dove una famiglia gentilissima ci ha offerto dell’acqua – GRAZIE!
Tornate sull’anello del Resegone e superato l’omonimo rifugio (chiuso), abbiamo cominciato a calpestare neve. Dove non batte il sole ne è rimasta parecchia, nonostante siamo a fine aprile. Dopo un tratto in salita il bosco si apre – siamo alla Bocca del Palio – e ricompaiono le indicazioni per il sentiero 571 verso destra. Siamo però costrette a deviare verso la sorgente delle Forbesette, a meno di un chilometro lungo l’anello del Resegone, per fare rifornimento d’acqua prima di proseguire nel nostro percorso: non troveremo altre fontane per i prossimi 13-14 km, per cui le Forbesette sono un punto obbligato.
Dopo avere bevuto in abbondanza e riempito bene le borracce, torniamo sui nostri passi e alle indicazioni per il sentiero 571, che continua su un’ampia dorsale erbosa a cavallo con la Val Taleggio. Un continuo e faticoso, per quanto panoramico, saliscendi ci porta prima alla cosiddetta Porta della Valle Imagna, che pare sia stata collocata lungo il periplo per un progetto artistico, poi oltre i 1500 m di altezza allo Zuc de Valmana e ai Canti.
I Canti, nonostante il nome al plurale, sono in realtà una montagna sola e, raggiunta la madonnina di vetta, possiamo finalmente tirare un po’ il fiato. A parte un breve tratto in salita, molto panoramico a dire il vero, il sentiero 571 prosegue ora in discesa per diversi chilometri.
Perdiamo via via dislivello, seguendo il sentiero che ora è piuttosto intuitivo e che ci porta alle località Tre Faggi e Piazzacava. Da qui abbiamo perso il 571 e seguito per un tratto il 592E in direzione Blello.
Proseguiamo in discesa lungo una mulattiera piuttosto scomoda e sconnessa, per poi finalmente ritrovare le indicazioni del sentiero 571, che qui torna a chiamarsi Giro della Valle Imagna.
Una breve salita ci porta a Colle San Pietro, da dove si prosegue seguendo le indicazioni per Berbenno. Senza entrare in paese, alla chiesetta con il tetto in legno prendiamo il sentiero che si inoltra nel bosco. Arriviamo finalmente a un punto acqua poco invitante – è un rigagnolo che esce da un tubo pieno di muschio – ma a questo punto indispensabile. In realtà c’è una fontana dall’aspetto più salubre poco più avanti, intorno al km 39, ma non sapendolo abbiamo attinto a man bassa dal rigagnolo (per fortuna senza conseguenze a breve termine).
Riprendiamo a salire e il 571 diventa tutt’uno con il sentiero del Partigiano. Particolarmente a tema, considerando che è il 25 aprile! Superato un monumento ai caduti, ci viene naturale proseguire in salita verso sinistra, ma a ben guardare il sentiero 571 prosegue dritto oltre un cancello chiuso.
Si continua a guadagnare quota qua e là, tra un tratto in piano e una discesina, mentre il monte Ubione, ultima fatica prima della discesa finale, sembra allontanarsi anziché avvicinarsi. Troveremo diversi sentieri che portano in vetta: quello da seguire è sempre il nostro 571.
Dopo avere raggiunto la cima dell’Ubione, si prende il ripido e sdrucciolevole sentiero che scende dietro al cartello. Mancano ancora circa 5 km e la fatica si fa sentire, ma siamo determinate a non mollare! Seguiamo le indicazioni per Clanezzo e attraversiamo il paese in discesa verso il fiume Brembo, che attraverseremo su un grazioso e traballante ponte sospeso.
Imbocchiamo a questo punto la stradina sterrata verso destra e la seguiamo fino a incontrare la ciclabile della Val Brembana, che collega Bergamo a Zogno. Svoltiamo a destra in direzione Bergamo: poche centinaia di metri, una galleria, superiamo la stazione degli autobus e quasi inaspettatamente ci ritroviamo in via Fratelli Calvi, dove abbiamo parcheggiato “solo” nove ore fa!
Anello in Adamello (40,5 km – 2550 m D+)
24 Settembre 2022 by marta • Valtellina Tags: adamello, bivacco linge, bivacco s. occhi, corsa in montagna, passo di pietrarossa, rifugio valmalza, sant'apollonia, trail running, ultratrail, valtellina, vezza d'oglio, vione • 0 Comments
Vezza d’Oglio – Vione – Roncal – Castèl – Baita Somalbosco – Sant’Apollonia – rifugio Valmalza – bivacco Linge (2273 m) – passo di Pietrarossa (2958 m) – bivacco S. Occhi – malga Val Grande – Vezza d’Oglio.
Periodo: Settembre 2022
Partenza: Vezza d’Oglio (BS)
Distanza: 40,5 km
Dislivello: 2550 m
Acqua: varie fontane lungo tutto il percorso.
GPX (clic dx, salva link con nome)
Venerdì 23 settembre si è corso l’ultratrail dell’Adamello e, con la mia amica Marta iscritta alla 90 km e una giornata dal meteo semplicemente perfetto, ho colto l’occasione per prendere un giorno di ferie, staccare pc e telefono e mettermi sulle tracce della gara.
Il giro che mi sono inventata in questa occasione è un bel lungo, facile e corribile, che mi ha richiesto circa 7 ore. Sono passata principalmente per stradine sterrate e mulattiere, con appena un quarto del percorso su sentieri degni di questo nome, comunque mai impegnativi. Al passo di Pietrarossa, a quasi 3000 m di quota, si arriva con un sentiero poco più che escursionistico, che in assenza di neve non presenta alcuna difficoltà.
Parcheggio al centro eventi di Vezza d’Oglio, da dove la gara di Marta è partita stamattina alle sette. Sono ormai quasi le dieci, ma il fondovalle è ancora in ombra e la temperatura non supera i dieci gradi. Poco male, i primi chilometri sono tutti da correre e mi riscaldo in fretta. Seguo per 3 km la pista ciclo-pedonale che costeggia il fiume Oglio, fino al piccolo centro di Stadolina.
Qui abbandono la ciclabile e svolto a sinistra, per poi prendere la stradina che sale in paese. Trovo una fontana dove mi fermo a riempire la flask e togliere la giacca, visto che al sole la temperatura è decisamente più gradevole. Dopo una ripida salita imbocco verso destra via Dante Alighieri, che mi porta al paese successivo, Vione.
Seguendo le balise della gara, risalgo verso il centro del paese e arrivo alla chiesa, ma poi mi accorgo di essere salita troppo e mi tocca scendere un pezzetto: devo infatti prendere la mulattiera per Molina Lecanù e Roncal, che passa poco più in basso.
Le indicazioni da seguire fino a Roncal sono quelle per il percorso mountain bike n. 11, una stradina semipianeggiante, morbida e corribile.
A Roncal, di nuovo, attraverso il paese in salita e, superate le ultime case, raggiungo una cappelletta. Qui abbandono il percorso n. 11 e prendo la mulattiera in salita verso sinistra, che porta verso le baite di Castèl. Si tratta di un altro percorso mountain bike, il n. 58, che seguirò da qui fino Sant’Apollonia.
Non vedo più le balise e mi convinco di avere sbagliato i calcoli: pensavo che questa salita, in cui guadagnerò circa 800 m di dislivello, coincidesse con una discesa della gara in cui intendevo incrociare Marta, ma evidentemente mi sono sbagliata. L’unica cosa che posso fare ormai è salire il più in fretta possibile, sperando di incrociare il percorso di gara alla fine della mulattiera. La fortuna è dalla mia parte e mi ritrovo effettivamente sul sentiero balisato (che poi è sempre il n. 58) da cui stanno arrivando i concorrenti della 90 km. Metto la giacca e faccio uno spuntino, in attesa di vedere arrivare la mia amica.
Marta arriva prima del previsto perché, come scoprirò più tardi, non siamo al 35° ma solo al 28° km della gara. Evidentemente non ci ho capito una mazza, ma sono stata fortunata e l’ho incrociata per puro caso dopo appena cinque minuti dal mio arrivo. In fretta e furia tolgo la giacca e mi metto a correrle dietro, ché il passo di Marta è micidiale anche in una gara così lunga.
Percorro con lei un paio di chilometri in leggera discesa e, alla baita Somalbosco, la saluto e prendo il sentiero in discesa per Sant’Apollonia (sempre il n. 58). Arrivata in paese, svolto a sinistra in direzione del passo di Gavia e prendo la mulattiera pianeggiante che passa poco sotto la strada. Sono di nuovo sul percorso di gara, ma questa volta in senso opposto.
Le indicazioni da seguire, da qui fino al passo di Pietrarossa, sono quelle del sentiero n. 158 per il rifugio Valmalza e il bivacco Linge. Da entrambi passa la gara e mi rendo conto che è lungo questa mulattiera, e non quella precedente, che avevo calcolato di incrociare Marta! La rivedo passare, in effetti, a metà tra il rifugio e il bivacco.
Superato il bivacco (2273 m), mi lascio alle spalle i volontari, i concorrenti e il clima festoso della gara e mi avvio in solitaria verso il passo di Pietrarossa, che non è indicato ma si vede in lontananza. Da qui in poi non incontro anima viva se non stambecchi, cervi e marmotte. Il sentiero non è sempre evidente, né su questo né sull’altro versante, ma i bolli ci sono e basta seguirli. La traccia gpx può aiutare a procedere più in fretta e consiglio, a chi voglia ripetere il giro, di scaricarla.
Con un ultimo strappetto su pietraia raggiungo finalmente il passo di Pietrarossa (2958 m), da dove si apre una vista spaziale sulla Valle dei Messi, da cui arrivo, e sulla Val Grande, da dove scenderò per tornare a Vezza d’Oglio.
In realtà, guardando oltre il passo, vedo solo un enorme precipizio e mi domando se non sarebbe stato opportuno prendere qualche informazione sul sentiero per la discesa. Vedo tuttavia che i cartelli indicano Vezza d’Oglio a 4 ore di cammino non in direzione del precipizio, ma verso le montagne a sinistra. Seguo dunque i bolli lungo un breve tratto di roccette in cresta, forse l’unico punto un po’ esposto del giro, e raggiungo una croce e un altro passo non meglio identificato.
Da qui il panorama è ancora più bello e, soprattutto, la discesa assume un aspetto decisamente più umano!
Seguo i bolli giù per la pietraia, accompagnata dagli stambecchi che non si fanno scrupoli a smuovere sassi, e comincio piano piano a perdere quota. A tratti riesco a corricchiare, mentre altri punti sono sdrucciolevoli e mi costringono a procedere più lentamente. La pietraia cede via via il passo a un pratone, dove i bolli sono meno visibili e il sentiero è stato danneggiato dalle piene dei torrenti. Niente di difficile, ma perdo un po’ di tempo per capire da che parte andare. Finalmente il prato finisce e raggiungo una comoda mulattiera.
Devo avere superato velocemente sia il bivacco S. Occhi, sia la malga Val Grande, ma non posso fornire dettagli a riguardo perché non mi sono mai fermata. Dall’inizio della mulattiera manca una decina di chilometri a Vezza d’Oglio, ma ormai posso procedere a passo di corsa e ben presto raggiungo il parcheggio al centro eventi. Manca ancora parecchio ai primi arrivi della 90 km, ma io il mio dovere per oggi l’ho fatto e, nell’attesa, posso concedermi una meritata birretta!