Giro invernale in Val Grande (22,5 km – 1450 m D+)
Da Cambiasca a Miazzina, sentiero per Rugno, km verticale fino al monte Todum (1.298 m), lungo la dorsale fino alla Colma di Cossogno, Pizzo Pernice (1.506 m), croce del Pian Cavallone (1.564 m), discesa verso Alpe Pont e Caprezzo.
Periodo: Marzo 2020
Partenza: Cambiasca
Distanza: 22,5 km
Dislivello: 1.450 m
Acqua: fontanella dopo Pian Cavallone e a Caprezzo
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Non sapevamo che il 7 marzo 2020 sarebbe stato l’ultimo giorno utile per una gita fuori Milano, prima delle restrizioni per combattere l’emergenza del Coronavirus. Sapevamo, invece, che era necessario evitare gli assembramenti e i luoghi affollati, anche in montagna. Quale meta migliore, dunque, del parco nazionale della Val Grande, dove l’uomo è stato così saggio da fare un passo indietro e permettere alla natura di svilupparsi indisturbata?
Il parco, che si sviluppa tutto intorno alla riserva integrale della Val Grande, definita come “l’area wilderness più estesa in Europa”, offre una sentieristica impeccabile, percorsi da facili a impegnativi, alpeggi bucolici e scorci meravigliosi sul lago Maggiore. Ai rari visitatori è richiesto, naturalmente, il massimo rispetto per il prezioso ecosistema del parco e della riserva, dove da decenni regna sovrana madre natura.
La partenza è da Cambiasca, dove possiamo lasciare l’auto nel parcheggio tra la posta e il circolo sportivo. Per cominciare il giro ci dirigiamo verso l’ufficio postale, scendiamo gli scalini in fondo a sinistra e ci inoltriamo nel paese superando il piccolo municipio. Seguiamo la strada che svolta a sinistra e, poco dopo, prendiamo sulla destra una mulattiera dapprima leggermente in discesa, poi in salita, non segnata. Percorriamo questo sentiero risalendo fino a Miazzina, dopo avere incrociato più volte i tornanti della strada.
Da Miazzina non bisogna seguire le indicazioni in salita a destra per l’alpe Pala, ma proseguire dritto e in piano lungo una strada secondaria fino a trovare, sulla sinistra al primo tornante, il sentiero pianeggiante per Runchio/Rugno. Lo seguiamo, attraversando il Rio Aurelio e risalendo fino a incontrare le indicazioni per km verticale, Monte Todum.
Da qui in avanti l’orientamento risulterà facilissimo: basta seguire per Monte Todum e, poi, per il Pizzo Pernice. Risaliamo il km verticale superando l’alpe Aurelio, mentre la vista si apre sul lago e sui monti. La pendenza aumenta man mano che ci avviciniamo alla vetta del Todum – che poi, più che una vetta, è un belvedere con tavolini da picnic e un panorama a dir poco spettacolare.
Percorriamo ora una lunga, panoramica dorsale che ci porterà ad addentrarci sempre più nel cuore della Val Grande, con il lago sulla destra e, a sinistra, le montagne selvagge della riserva. Per quanto a bassa quota, intorno ai 1.200 m, abbiamo trovato da qui in poi parecchia neve; il percorso, molto semplice e corribile in estate, risulta comunque sicuro, sia pure più faticoso, anche in versione invernale.
Proseguiamo dunque, seguendo le indicazioni per la Colma di Cossogno e il Pizzo Pernice, a 1.506 m di altezza. In cima troveremo una croce, mentre l’antecima è indicata da una fotogenica banderuola.
Dal Pizzo Pernice si scende, seguendo le indicazioni per Pian Cavallone. Alla fine della discesa, incontreremo un bivio: proseguiamo dritto, mantenendoci ancora sulla linea della dorsale e affrontando un’ultima faticosa salita per raggiungere la croce del Pian Cavallone, che con i suoi 1.564 m rappresenta il punto più alto del giro.
Ora è tutto in discesa! Alla cappella Valgrande Martire imbocchiamo il sentiero a destra per il rifugio Pian Cavallone, e da qui di nuovo a destra seguendo le indicazioni per Caprezzo. In un bosco fiabesco, percorriamo il facile sentiero in discesa fino alla cappella Fina, dove comincia la strada. Alternando asfalto e sentiero, seguendo le indicazioni sempre presenti, arriviamo all’alpe Pont e poi a Caprezzo.
Possiamo seguire la strada in discesa o tagliare un paio di tornanti con un comodo sentierino, poi imbocchiamo la mulattiera che scorre a sinistra della strada fino a sbucare al cimitero di Cambiasca. Qui svoltiamo a destra, alla rotonda a sinistra e in un attimo siamo al parcheggio.
Val Grande wild trail (21 km – 1800 m D+)
7 Ottobre 2023 by marta • Altro Tags: area wilderness, lago maggiore, monte zeda, parco nazionale della val grande, pizzo marona, sentiero bove, utlm, val grande, VCO • 0 Comments
Nell’area wilderness più estesa d’Italia, tra alpeggi immersi in un’atmosfera di altri tempi, sentieri semi abbandonati e cime incredibilmente panoramiche.
Periodo: Settembre 2023
Partenza: Scareno (VCO)
Distanza: 21 km
Dislivello: 1800 m
Acqua: fontane agli alpeggi e al bivacco Pian Vadà
GPX (clic dx, salva link con nome)
Ogni tanto torno a fare un saluto ai miei posti del cuore – tra i quali rientrano a pieno titolo la Marona e la Zeda, tra le cime più alte della Val Grande. La cresta con le due vette costituisce la parte relativamente facile e “addomesticata” del sentiero Bove, una delle alte vie più selvagge e impegnative delle Alpi, che non ho ancora avuto il coraggio di percorrere per intero.
Un giro simile, un po’ più lungo, risale a qualche anno fa: lo trovate a questo link. Oggi come allora, per arrivare a percorrere quel breve, magico tratto di sentiero Bove ho affrontato un disagio dietro l’altro ma, per passare qualche minuto a godermi il silenzio della Val Grande dalle due croci della Marona e della Zeda, ne è valsa assolutamente la pena.
Per il ritorno in Val Grande scelgo una domenica di inizio ottobre, casualmente all’indomani dell’UTLM. Il clima è incredibilmente umido e soffocante e, sul lago Maggiore, aleggia una cappa di foschia che toglie ogni visibilità. Deve essere destino che io non veda mai il lago dall’alto di queste montagne!
Lascio l’auto nel minuscolo borgo di Scareno, dove non c’è un vero parcheggio ma, arrivando di buon mattino, si può trovare un buco lungo la strada. Dall’interno del borgo comincia il sentiero: le indicazioni da seguire sono quelle per il ponte del Dragone e per l’alpe Piaggia.
I primi chilometri sono quasi pianeggianti. Si costeggia il torrente, che poco prima del ponte del Dragone forma una bella cascata; dal ponte in avanti si comincia a guadagnare quota e si raggiunge l’alpe Piaggia. Qui il sentiero si divide: verso destra è indicato il passo Folungo, da cui arriverò al ritorno; a sinistra gli alpeggi Occhio e Onunchio. Il colle della Forcola, da dove prenderò il sentiero Bove, non è indicato, ma dovrebbe trovarsi dopo l’alpe Onunchio.
Mi sorprende trovare qui le balise dell’UTLM: il sentiero (orribile) che mi accingo a percorrere da Piaggia al colle della Forcola sarebbe la variante della gara in caso di maltempo – quella che toccò a me, con la fortuna che mi contraddistingue, quando partecipai due anni or sono. Forse gli organizzatori hanno tracciato entrambi i percorsi, nonostante il tempo stabilissimo dell’ultima settimana? Quale che sia la ragione, sono ben contenta delle balise che mi aiutano a orientarmi.
Ho già detto che questo sentiero è tremendo? A tratti stretto e sconnesso, evidentemente poco battuto, in un bosco soffocante pieno di rigagnoli e pozzanghere fangose, dove è difficile non dico tenere i piedi asciutti, ma a volte anche rimanere in piedi. Lo ribadisco perché non me ne vogliate, poi, nel caso decidiate di rifare questo giro. Mente fissa sull’obiettivo, esco finalmente dal bosco e raggiungo il colle della Forcola (1518 m).
Il sentiero Bove, da qui al monte Zeda, è relativamente facile (per essere un EE) e ben segnato. I bolli sono evidenti anche con la nebbia, che da queste parti scende di frequente e senza troppo preavviso, e tutti i punti potenzialmente scivolosi o esposti sono stati messi in sicurezza con catene. Non si può dire lo stesso per il resto dell’alta via, che va affrontata dopo attenta valutazione, con qualcosa in più di uno zainetto da cinque litri, due flask mezze vuote e un Garmin scarico.
La cima del pizzo Marona (2051) e la sua cappella sconsacrata, che funge anche da bivacco, si trovano al disopra della cappa di umidità che ricopre il lago: da qui, la vista sulla val Grande con il Monte Rosa alle spalle è semplicemente spaziale. Mi fermo qualche minuto alla piccola croce di vetta, godendomi la solitudine e il silenzio, e mi incammino poi verso la Zeda.
Dalla croce di vetta del monte Zeda butto un occhio verso la val Grande, dove si inoltra il sentiero Bove; ripromettendomi, prima o poi, di percorrerlo tutto, mi accingo a tornare alla civiltà, prendendo il più comodo sentiero che scende verso il passo Folungo passando per il bivacco Pian Vadà.
Il bivacco, dove si trova anche un’utilissima fontanella, è immerso nella nebbia. Da qui al passo Folungo si può seguire la strada sterrata in discesa o il sentiero che ne taglia i tornanti – io prendo il sentiero e ben presto arrivo in vista del passo.
Si trova, qui, un crocevia di sentieri e stradine. I pochi escursionisti che incontro sono arrivati quassù in auto, che mi pare più faticoso che salire a piedi. Studio i cartelli, visto che la batteria del mio Garmin è morta in cima alla Zeda, e vedo che l’alpe Piaggia è indicata tutto a destra, lungo una strada sterrata chiusa da una sbarra.
Sperando che il divieto di accesso sia rivolto alle auto e non vedendo sentieri alternativi, supero la sbarra e mi avvio lungo la strada in discesa. Ben presto mi rassicuro: sono ricomparse le balise dell’UTLM e riconosco la salita che, a suo tempo, mi ero sparata sotto il sole verso il cinquantesimo chilometro di gara. Ripercorrendola in senso contrario, so che arriverò al facile sentiero per Piaggia.
Le balise mi accompagnano fino alle prime, antiche baite di Piaggia. Da qui, non mi resta che tornare sui miei passi fino a Scareno.